È una reazione naturale: non ci posso fare niente. Vi è qualcosa che mi spinge spontaneamente a non prestare la dovuta attenzione a chi difende un affare nel quale è fortemente implicato. Sorvolo quindi, senza mai leggerli fino in fondo, gli articoli di giornale in cui l’esponente di un’associazione delle imprese di costruzione si indigna di fronte ad eventuali tagli di « Berna » alla costruzione delle nuove infrastrutture ferroviarie; anche perché ho un leggero sospetto che, in realtà, non gliene importa un fico secco della promozione del trasporto pubblico. Ma non leggo nemmeno gli articoli in cui un luterano difende il pensiero di Lutero oppure quelli in cui un trotzkista scrive di Trotzki. E anche in questa campagna referendaria ho per lo più ignorato i numerosi articoli e lettere scritti da docenti per opporsi alle misure di risparmio che li concernono direttamente, in particolare l’aumento di un’ora d’insegnamento settimanale. Ma pochi giorni fa ho voluto capire meglio cosa significa quell’ora in più alla settimana. Ho così appreso che per la maggioranza dei docenti ciò vuol dire avere una classe supplementare, e quindi una ventina di allievi in più cui badare, ed esserne responsabili, incontrare regolarmente i loro genitori. E poi un docente deve venire in classe preparato, aggiornato, avere qualche testo da distribuire agli allievi. Ci sono anche le verifiche e gli esami, che vanno dapprima preparati e poi corretti e poi magari ricorretti. E ancora riunioni varie con altri docenti, con i superiori ecc. Si stima quindi che un docente lavora in media 42 ore la settimana e che come tutti i lavoratori ha 4- 5 settimane di vacanza all’anno.
Ecco perché ora, quando sento politici autorevoli parlare – con un tono leggermente prepotente e beffante – di « docenti inviperiti per l’ora in più con salari che vanno sino a 128.000 franchi per 23 o 24 ore di insegnamento alla settimana distribuite su 36,5 settimane all’anno » ( vedi articolo del deputato Plr Nello Croce su La Regione dell’ 11 maggio), mi dico: questa è pura demagogia. Sanno benissimo che è falso dire che un insegnante lavora 23 o 24 ore la settimana. Ma lo dicono ugualmente. Ci si aspetta forse che tutto il lavoro svolto prima e dopo quell’ora di lezione venga considerato come tempo libero? Con un minimo di onestà intellettuale non possiamo affermare una cosa del genere. Oppure introduciamo il sistema che è in vigore nelle grandi aziende e nell’amministrazione pubblica: l’orario fisso giornaliero per ogni docente, si timbra la mattina all’entrata nella scuola, si timbra nel tardo pomeriggio all’uscita. Ma a quel punto bisognerà offrire loro anche gli uffici attrezzati e non pretendere più che correggano i compiti sul tavolo di cucina, una volta terminata la cena.
La prima volta che ho sentito allarmi secondo cui il nostro cantone rischiava di precipitare nell’abisso se non risparmiava nella spesa pubblica, mi è apparso chiaro che, se fosse davvero così, tutti fossimo chiamati a far prova di responsabilità civica e quindi a tirare la cinghia. In quest’ottica la proposta di « un’ora in più per gli insegnanti » mi pareva di primo acchito un sacrificio ragionevole. Ma ora sappiamo che se siamo in questa situazione è anche perché c’è chi crede che un cantone periferico come il nostro possa offrirsi il lusso di avere il fisco più leggero della Svizzera ( dopo Zugo e Svitto, che però approfittano di servizi del vicino Canton Zurigo). E non è giusto che la fattura per tale lusso venga pagata da chi non ne porta la responsabilità.