Aumentano gli allievi, gli insegnanti invecchiano e vanno in pensione. La penuria di docenti nelle scuole dell’obbligo è un fenomeno ormai considerato strutturale nella Svizzera tedesca, dove i cantoni si ingegnano per evitare che le cattedre restino sguarnite
All’inizio dell’estate, diversi cantoni della Svizzera tedesca hanno lanciato l’allarme per la mancanza di insegnanti nella scuola dell’obbligo (elementare e media inferiore). Tra le misure immediate proposte, l’assunzione di personale ausiliario (assistenti di classe) e il ricorso a personale privo del diploma di docente nel rispettivo livello, o a studenti delle Alte scuole pedagogiche, o ad insegnanti già pensionati. Poco prima della riapertura delle scuole dopo la pausa estiva, si temeva che molte classi sarebbero rimaste prive di insegnante, ma la situazione sembra essere stata provvisoriamente tamponata.
Provvisoriamente, perché in realtà la crisi dovuta alla penuria di docenti è stata da più parti indicata – per ultimo, dalla ministra dell’Istruzione del canton Zurigo, Regine Aeppli – come «un problema che non è più congiunturale, ma strutturale» . All’origine di questa crisi ci sono, da un lato, l’inatteso aumento (che ha smentito le previsioni) della popolazione scolastica e, dall’altro, l’invecchiamento del personale docente che in misura sempre più significativa si avvicina all’età della pensione. La crescita del numero degli scolari nei cantoni più grandi di lingua tedesca (in quelli più piccoli si registra invece una diminuzione, anche se meno contenuta del previsto) viene spiegata solo in parte con l’aumento della popolazione straniera.
Un peso significativo è invece quello attribuito all’immigrazione interna, cioè all’incremento degli spostamenti di popolazione dalla campagna verso le città o le regioni suburbane (i cosiddetti “agglomerati urbani”). In ogni caso, secondo i ministri dell’Educazione dei cantoni di Zurigo (Regine Aeppli), di Berna (Bernhard Pulver) e di Soletta (Klaus Fischer), nel 2009 si sono dovuti cercare in Svizzera 3’400 nuovi insegnanti per le classi della scuola dell’obbligo, ed entro il 2016 la cifra è destinata a salire fino a 5 mila nuovi insegnanti.
Finora il problema è stato forse un tantino sottovalutato. Bernhard Pulver ha riconosciuto che ancora quattro anni fa nel canton Berna ci si preoccupava per i numerosi docenti disoccupati. Ma adesso, i suddetti tre cantoni, più Argovia, Basilea Campagna e Basilea Città, hanno deciso di realizzare insieme un programma per far crescere l’attrattività della professione dell’insegnante. E la prima condizione – che potrebbe però scontrarsi in alcuni cantoni con limiti di bilancio – è quella di migliorare le condizioni di lavoro del personale docente.
Le altre misure che i sei cantoni vogliono prendere, concernono essenzialmente la formazione. Si tratta in particolare di proporre un ciclo di formazione abbreviato a chi ha già un’altra professione e vuole dedicarsi all’insegnamento, o a maestri elementari che intendono passare alle scuole medie inferiori. Sono corsi speciali, basati essenzialmente sulla pedagogia e la didattica, ma strutturati per moduli a seconda della formazione precedente dello studente. Potrebbero iniziare già il prossimo anno e dovrebbero durare da 9 a 18 mesi.
I corsi sono aperti anche a chi ha solo una maturità ed è sprovvisto di un titolo universitario. I candidati dovranno però superare un esame di ammissione. Inoltre, per meglio tener conto delle esigenze di queste persone, i corsi si terranno di sera e nei fine settimana. I tal modo si vorrebbero anche favorire gli uomini, proprio per far fronte all’altra esigenza, che è quella di “defemminilizzare” la professione di insegnante. Il consigliere di Stato solettese Klaus Fischer ha raccontato che l’ultima volta che ha consegnato diplomi di abilitazione all’insegnamento, su 50 diplomati 49 erano donne.
I sei cantoni che partecipano al progetto possono farlo anche perché dispongono delle maggiori Alte scuole pedagogiche della Svizzera. In più Zurigo ha già fatto un’esperienza simile, con un programma attuato nel 2003 per far fronte all’analoga carenza di insegnanti che si era allora verificata. Non fu un grande successo: molti aspiranti vennero infatti scoraggiati perché durante il primo anno occorreva seguire i corsi a tempo pieno.
Ma ci sono anche altre misure che i sei cantoni intendono prendere indipendentemente gli uni dagli altri. Per esempio, Zurigo sta prendendo in esame l’introduzione di stipendi iniziali più alti per chi comincia e migliori stimoli finanziari per le possibilità di avanzamento in carriera. Anche il canton Berna sta valutando soluzioni del genere. Per quest’anno comunque si è corsi ai ripari appena in tempo. A Zurigo, ancora a metà agosto c’erano 44 posti scoperti. Alla fine, i vuoti sono stati coperti con un certo affanno, grazie all’ingaggio a tempo parziale di 47 studenti dell’ultimo anno dell’Alta scuola pedagogica, a qualche insegnante di liceo che si è gentilmente prestato, ad alcuni pensionati ed a pochi docenti stranieri.
La carenza di docenti è diventata un problema strutturale
L’analisi di Franziska Peterhans della Federazione svizzera degli insegnanti
La situazione «si acuirà drammaticamente» . Così Franziska Peterhans , segretaria centrale della Federazione svizzera degli insegnanti, vede il futuro della disponibilità di insegnanti nelle scuole del Paese.
Quanto estesa è la carenza di personale docente in Svizzera?
«Dei circa 100 mila insegnanti nelle scuole pubbliche svizzere, circa un terzo andrà in pensione nei prossimi 15 anni. Le scuole superiori di pedagogia ne formeranno circa la metà di quanti ne servirebbero per compensare il crescente numero di partenze nei prossimi anni. La situazione, che si acuirà drammaticamente, già oggi è particolarmente grave nel campo della pedagogia speciale, nonché nell’insegnamento della matematica e delle scienze naturali nel livello secondario II. Ci sono inoltre molti docenti di scuola elementare che insegnano nella “Realschule” (la fascia inferiore del livello secondario I), il che significa che molti insegnanti lavorano senza il diploma corrispondente al livello in cui operano. Ed in parte non dispongono neppure di un diploma di docente».
Quali sono le cause di questa situazione?
«Ci troviamo confrontati con una vera e propria ondata di pensionamenti. Un esempio: gli insegnanti elementari ultracinquantenni, che nel 1988 erano il 20 per cento, nel 2010 sono già il 35 per cento, cioè più di un terzo. Nello stesso tempo, troppo pochi giovani scelgono la formazione di insegnante. Questa professione richiede oggi una formazione universitaria, che è in concorrenza con molte altre formazioni accademiche. Remunerazione e condizioni d’impiego non possono alla lunga reggere il confronto con quelle di professioni paragonabili a questa, che è diventata di un bel po’ più esigente. Nel frattempo si è mancato di adeguarne le condizioni di assunzione e di lavoro e negli ultimi 20 anni gli stipendi sono diminuiti. La carenza di insegnanti è ormai non più congiunturale, ma strutturale».
Come valuta il tentativo di colmare questa lacuna con personale senza diploma d’insegnamento o persino con studenti?
«La Federazione svizzera degli insegnanti respinge l’impiego di personale senza diploma di docente. L’impegnativo lavoro dell’insegnante richiede una seria formazione specialistica, didattica e pedagogica. Sosteniamo invece l’iniziativa delle Alte scuole pedagogiche di progettare uno specifico corso per chi proviene da altre professioni. Tuttavia, non basterà la progettazione di tali corsi di studi a superare la mancanza di insegnanti».
Infatti si fa ricorso anche a personale ausiliario. Ma ha senso impiegarlo solo per sbrigare semplici compiti amministrativi?
«A determinate condizioni, e se le competenze sono chiare, l’impiego di personale ausiliario secondo me è ragionevole. La Federazione svizzera degli insegnanti prenderà prossimamente posizione su questo tema molto controverso. In ogni caso, la mancanza di insegnanti non si risolve col personale ausiliario (o assistenti di classe), che non fa lezione al posto del docente, ma viene chiamato in funzione integrativa per esempio con classi particolarmente difficili. Del resto, semplici compiti ripetitivi o amministrativi, che possono essere ceduti senza problemi, si trovano molto sporadicamente nell’ambito della scuola».
Come vede il futuro di questa professione in Svizzera? Si dovranno cercare insegnanti sempre di più all’estero?
«Il problema è che i nostri vicini di lingua tedesca sono confrontati con le stesse difficoltà: anche in Germania e in Austria gli insegnanti sono diventati “merce rara”. Ne abbiamo avuto una chiara conferma dai vertici delle organizzazioni di docenti tedesche ed austriache al nostro ultimo incontro trinazionale del 31 maggio a Zurigo. Lottiamo affinché la professione del docente torni ad essere attrattiva. Nessuno crede più alla favola del “tecnico delle ferie ben pagato”. Le nostre rivendicazioni di più salario e di un compito professionale eseguibile dovrebbero convertire i Cantoni e i Comuni quali datori di lavoro. Se riusciranno a prolungare la durata di permanenza nella professione mediante condizioni di lavoro attrattive, a far diminuire l’esodo nel primo anno di attività professionale e ad attirare più persone, in particolare più uomini, verso la formazione per docenti, allora saremo su una buona strada. L’alternativa dei corsi per chi viene da altre professioni può essere complementare. Il problema è sufficientemente noto alla politica; ma manca la convinzione che solo con misure incisive si consegue una maggiore attrattività della professione di docente».
In Ticino "situazione sotto controllo"
Diego Erba: difficile trovare persone abilitate solo per alcune materie nelle scuole medie
Qual è la situazione in Ticino?
«Nella scuola elementare, nessun problema: abbiamo un numero più che sufficiente di docenti e i Comuni non hanno nessuna difficoltà a trovare il personale insegnante. A livello di scuola media non abbiamo grossi problemi; non sempre però riusciamo a trovare per il momento persone abilitate all’insegnamento di alcune materie, quali la matematica, le scienze e, poco, il francese».
Come rimediate a queste difficoltà?
«In questi casi prendiamo persone con una sufficiente preparazione accademica (che per insegnare matematica, per esempio, abbiano fatto ingegneria o informatica), le assumiamo e così riusciamo a coprire le ore senza difficoltà. Ovviamente questi sono degli incarichi che noi definiamo “limitati”, perché l’anno dopo, se ci sono disponibili persone con l’abilitazione corrispondente, queste prendono il posto».
Tra le cause della mancanza di insegnanti, nella Svizzera tedesca è stato indicato anche l’aumento degli scolari. Succede anche in Ticino?
«No. Noi abbiamo in pratica una stabilità degli effettivi, con forse un centinaio di allievi in meno nella scuola media e altrettanti in meno nella scuola elementare. L’aspetto demografico non è un problema».
E l’età degli insegnanti è un problema?
«In effetti siamo negli anni di un forte ricambio del personale insegnante, perché ce ne sono tanti che arrivano all’età di sessant’anni e vanno in pensione».
Nel resto della Svizzera oltre un terzo dei docenti andrà in pensione entro 10-15 anni. La proporzione è uguale anche in Ticino?
«Diciamo che potrebbe anche starci in termini generali, anche se poi è molto settorializzata secondo le discipline d’insegnamento. Per esempio, se parte degli insegnanti di educazione fisica vanno in pensione, non ho nessuna difficoltà a trovare i sostituti. Lo stesso dicasi per l’italiano. Ma per discipline come la matematica, qualche problema in più c’è. Per noi è più facile affrontare questa situazione, dato che l’organizzazione della nostra scuola è un po’ diversa dalla scuola svizzero-tedesca. I nostri docenti generalmente insegnano una o due discipline; nella Svizzera tedesca capita invece, soprattutto nella loro scuola media, che i docenti insegnino quattro o cinque materie. Quindi, nonostante qualche piccola difficoltà (la femminilizzazione della professione, l’esigenza del lavoro a metà tempo) la situazione è sotto controllo».