Fra le misure dette di contenimento della spesa previste nel preventivo del Consiglio di Stato sta, come è noto, un aggravio dell’onere settimanale dei docenti: un’ora in più. Il consigliere di Stato direttore della pubblica educazione va ripetendo che il suo dipartimento ha scelto questa misura piuttosto che altre perché « fa meno male » , perché « dopo tutto si tratta di un’ora di quarantacinque minuti » ; tale è il tenore delle sue parole, e a prima vista si potrebbe essere d’accordo. Da una parte, in effetti, capisco che abbia dovuto far fronte a un’emergenza finanziaria di cui non è il principale responsabile; per esempio, non lo si può certo accusare di essere un paladino degli sgravi fiscali. Peraltro, è pur vero che l’università assorbe risorse cospicue, sottratte alla scuola pubblica, e che poche settimane fa, in tempi di già conclamata magra finanziaria, non si è esitato a dilatarne l’attività; eppure si tratta di una istituzione poco attrattiva per gli studenti ticinesi. E non parlo del sistema parauniversitario, dall’Asp alla Supsi, che comunque non dovrebbe espandersi a danno della scuola di base e dei licei.
Non intendo dilungarmi oltre su questo argomento. Mi preme invece attirare l’attenzione su quello che per me è il problema centrale, lasciando da parte le pur legittime rivendicazioni sindacali della classe insegnante, cui appartengo; dico “ legittime” perché si tende troppo spesso a dimenticare che il lavoro di noi docenti non si esaurisce nelle ore di lezione, ma si svolge in misura almeno altrettanto rilevante fra le pareti domestiche, nello studiolo di casa, dove ciascuno di noi tiene la propria biblioteca e i propri strumenti informatici, acquistati a proprie spese.
Il problema centrale è questo: se la proposta di aumentare di un’ora l’orario settimanale andasse in porto, a partire dal prossimo anno scolastico un centinaio di persone, pari al 4% dei docenti attualmente in carica nelle scuole cantonali, perderebbe il posto di lavoro; fra queste persone ci sarebbero soprattutto i giovani appena assunti, ma anche alcuni quarantenni che insegnano latino o francese, materie già pesantemente colpite dalle riforme di questi ultimi anni e da quelle che si annunciano; costoro dovrebbero cercarsi le ore di insegnamento, magari di italiano o di storia, nella scuola media, a loro volta scalzando colleghi più giovani.
È giusto tutto questo? Evidentemente no, ma non è neppure utile allo Stato. Già da qualche anno, da quando sono stati istituiti i corsi d’abilitazione presso la Scuola magistrale ( ora Asp), non sempre chi vince i concorsi di materie come la matematica o la fisica per i licei accetta di insegnare; la prospettiva di un anno di lavoro a metà tempo e a metà stipendio, senza nessuna garanzia di conferma per il futuro, basta a dissuadere chi è in grado di trovare alternative appetibili nell’economia privata. Insomma, già ora una certa fuga dei talenti rende difficile il rinnovamento del corpo insegnante del liceo; il preventivo del governo, se approvato, ingigantirà il problema; del resto, i giovani assunti quest’anno sono consapevoli che per loro il rischio di non essere confermati, indipendentemente dai meriti e dai demeriti di ciascuno, è altissimo. Non è tutto. Per legge, aumentare di un’ora l’orario settimanale dei docenti equivale ad aumentare di 2,1 ore l’orario dei funzionari. Perciò le 23 ore attuali equivalgono a circa 48 ore amministrative; le 24 ore previste equivarrebbero a circa 50 ore. In pratica l’operazione è ben più complessa. Per esempio, oggi un insegnante liceale di italiano con una prima ( 5 ore settimanali), una seconda ( 5 ore), una terza ( 4 ore) e una quarta ( 4 ore) assomma ventidue ore; con una docenza di classe in prima o in seconda ( 1 ora) completa l’orario. Invece, per arrivare alle 24 ore previste dal preventivo, dovrebbe assumere una seconda docenza di classe; se questo non fosse possibile, alle ventidue ore di base dovrebbe aggiungere, un anno sì e uno no, una quinta classe, portando il proprio orario a ventisei o ventisette ore, cioè, approssimativamente, a 55- 57 ore amministrative. In queste condizioni un docente liceale di italiano dovrebbe necessariamente limare le ore di lavoro a casa; soprattutto, sarebbe costretto ad esercitare meno i suoi allievi nello scritto, per non accumulare ritardi nelle correzioni; da questo punto di vista, infatti, l’insegnamento dell’italiano è quello più oneroso per un docente di liceo. Però un accresciuto onere di lavoro comporterebbe conseguenze simili anche per le altre discipline.
Insomma, se questo preventivo sarà approvato, le sofferenze sociali saranno inevitabili e la qualità della scuola peggiorerà. Perciò la protesta sindacale e civica che si va organizzando è sacrosanta.