I sostenitori del sussidio indiretto alle scuole private sono abili pubblicitari. Fra l'altro, inducono a credere che il ticket scolastico sia pensato per venire incontro ai meno abbienti, se non proprio ai poveri.
No. Le scuole private non sono e non vogliono essere per tutti. Basti quale esempio la scuola media del Collegio Papio, finanziata dal comune e dal patriziato di Ascona; una scuola cattolica, ma non particolarmente integralista; insomma, la meno lontana possibile dallo spirito della scuola pubblica. Però neppure essa è scuola per tutti, né vuole esserlo. In un bollettino annuario del collegio, in mezzo a molti proclami, il rettore mons. Grampa scrive: "... Per il liceo dunque è dimostrato, cifre alla mano, quanto sia falso il pregiudizio delle classi numerose. Diverso è il discorso per la scuola media, dove 30 allievi sono abituali e certamente sono molti. Vorrei che non si dimenticasse però che di regola non si conoscono nelle nostre classi casi di allievi di ricupero o di disadattamento sociale, che nemmeno bussano alla nostra scuola. Non si dimentichi che esiste pur sempre un test di ammissione, che seleziona gli allievi più deboli " (Riflessioni ad alta voce del Rettore, "Virtutis palaestra", 1991-1992, pp. 63-67, part. p. 66). Analogo il senso di una lettera del medesimo a 'LaRegione Ticino " di sabato 20 agosto 1994 (p. 11): "Il numero degli allievi comunque non toglie niente alla qualità della scuola e dell'insegnamento, perché resta possibile evitare di prendere i casi deboli intellettualmente".
Questo per il passato recente. E per il futuro? Sia l'iniziativa, sia il controprogetto su cui dovremo votare prevedono per le scuole private l'obbligo di accettare chiunque, ma, si badi, nei limiti delle proprie capacità ricettive: ecco il grimaldello che Collegio Papio, Istituto Elvetico, scuole di 'Comunione e Liberazione' useranno per scegliersi gli allievi. Insomma, il cosiddetto 'sussidio alle famiglie è un cavallo di Troia usato per indebolire la scuola pubblica, che è scuola aperta, rafforzando istituzioni che invece sono e intendono rimanere chiuse. I meno abbienti di norma saranno discriminati.
Eppure una scuola dell'obbligo aperta comporta assai più vantaggi che svantaggi, lo affermo con l'esperienza del padre di famiglia. Innanzi tutto per i ragazzi ticinesi, e per i più fortunati fra essi, costituisce un'importante scuola di vita trovarsi accanto a compagni che incontrano o hanno incontrato difficoltà intellettuali, economiche, sociali, politiche. Ai ragazzi iugoslavi e albanesi coetanei delle mie figlie il ritrovarsi insieme come compagni, come amici, ha insegnato l'assurdità dell'odio etnico; ai ragazzi ticinesi ha insegnato il rispetto per le altre culture e la solidarietà di fronte alla sofferenza di coloro che temevano per i propri nonni o per i propri zii esposti ai bombardamenti. La scuola pubblica fa il possibile per integrare le differenze e in qualche misura ci riesce; quella privata fa delle differenze un presupposto del proprio esistere. E allora, perché sussidiarla?
Oltre tutto la scuola media pubblica pur fra difficoltà che non si possono negare e aspetti criticabili è più valida anche dal punto di vista culturale. Non che tutto vada bene. In particolare l'insegnamento dell'italiano è stato troppo abbandonato a sé stesso; talvolta per i ragazzi studiare il latino costituisce non un approfondimento, come dovrebbe essere, bensì l'unico mezzo per acquisire le basi indispensabili di grammatica e d'analisi logica. Nonostante questo, tuttavia, la scuola media pubblica si fa pur sempre preferire: posso testimoniarlo con una lunga esperienza di professore di liceo. Il corpo insegnante della scuola media pubblica è globalmente migliore perché il precariato vi rappresenta un'anomalia, non la regola; per l'insegnamento nella scuola pubblica la legge prevede limiti di età invalicabili; per la scuola pubblica lo Stato assume gli insegnanti prescindendo da considerazioni religiose o ideologiche; gli insegnanti di scuola pubblica sono pagati meglio e possono contare su maggiori garanzie sociali: per questo chi può evita di insegnare nelle scuole private. Il sussidio statale 'alle famiglie', qualora venisse concesso, non cambierebbe quasi nulla per i docenti di scuola privata, a meno di un aumento delle rette, che vanificherebbe li preteso valore sociale del contributo. In cambio la qualità della scuola pubblica, costretta a ulteriori risparmi, peggiorerebbe.
Per tutte queste ragioni mi sono sempre battuto e continuerò a battermi affinché rimanga fermo un principio: lo Stato deve pensare in primo luogo ai bisogni di chi non ha alternative alla scuola pubblica. Deve pensare ai poco capaci, che hanno diritto a un'istruzione di base, che non li discrimini né nella vita sociale né sul mercato del lavoro; deve pensare ai capaci e meritevoli privi di mezzi economici, che hanno diritto di accedere ai gradi più alti degli studi e della formazione professionale. Questo è l'interesse del paese: Non un solo franco vada disperso.
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