ASSOCIAZIONE PER LA SCUOLA PUBBLICA DEL CANTONE E DEI COMUNI IN TICINO


Perché respingere l’ora in più


Il cittadino, che non conosce il mestiere dell’insegnante, deve essere oggi assai imbarazzato dall’essere chiamato a decidere – con scarsa conoscenza di causa – se aggiungere o no un’ora all’orario di lavoro degli insegnanti.
Ho quindi scritto un promemoria in cui tento di riassumere le ragioni della scuola per votare un secco NO.

Chi ha deciso quanto tempo deve lavorare un insegnante?
Lo hanno deciso persone di scuola, parecchi anni or sono, stabilendo che l’insegnante, per ogni ora di lezione svolta in classe, ha bisogno circa di un’altra ora per prepararsi, correggere e partecipare alle riunioni.

Se l’ora di un insegnante è calcolata in questo modo, e se il tempo pieno è di 24 ore, allora si può affermare che il suo orario di lavoro tocca o supera le 48 ore per settimana. È possibile?
È così. Sono ore che l’insegnante svolge a casa sua, perché a scuola non c’è l’ufficio e le aule sono spesso occupate. Parte di queste ore si riversa in modo costante la sera e nei fine- settimana.

In termini di tempo, che differenza c’è tra il lavoro di un impiegato e quello di un insegnante?
Nessuna. Se le ore di lavoro effettivo di un insegnante si distribuiscono sulle settimane lavorative, come per gli altri impiegati, ne risulta una media di 41 ore per settimana. È solo la distribuzione nel tempo che è diversa.

È davvero necessario dedicare tanto tempo alla preparazione?
È fondamentale. Una buona preparazione non annulla ma riduce gli insuccessi scolastici degli allievi. Inoltre consente di interessarli e coinvolgerli nel processo di apprendimento che consente loro di leggere il mondo e di interagire con la realtà. A loro vantaggio.

È proprio così importante suscitare l’interesse degli allievi?
È importantissimo. Gli allievi disinteressati non seguono, perdono occasioni di apprendimento e di esercizio e spesso disturbano poiché si annoiano. Infatti, avvicinare i ragazzi di oggi a temi di spessore culturale significa combattere contro la concorrenza sleale della TV e dei giochi elettronici.

Concretamente, come si prepara un insegnante, e in quanto tempo?
Il programma è vasto e le competenze a cui mira sono, secondo me, irrinunciabili, ma le ore per svolgerlo in classe sono poche. Un docente quindi deve entrare in classe sapendo bene cosa fare. Ciò implica la programmazione precisa di un percorso, la scelta di materiali, l’elaborazione di domande, in funzione anche degli interessi e dei bisogni della classe. Il discorso sulla preparazione si estende molto oltre quanto detto, poiché ovviamente dipende anche dalla formazione culturale permanente del docente. Non si riesce a quantificare la preparazione.

Quanto è lunga la correzione dei lavori scritti, per esempio, di italiano?
Il tempo trascorso a correggere, la gente non lo può vedere, è ovvio. Comunque, in termini di ore, la correzione di temi di italiano, in III e IV media, richiede da quattro a sei ore per classe. Un insegnante di italiano a tempo pieno ha mediamente cinque classi. La correzione è lunga, ma inevitabile e fondamentale per l’apprendimento. Spesso assume il carattere di un colloquio diretto con l’allievo.

Gli insegnanti hanno proposto misure di risparmio?
Sì. Gli insegnanti hanno chiesto che l’aggiunta di un’ora fosse introdotta a titolo transitorio, ma non scritta nella legge. Il Governo respinge. Giovanni Merlini aggiunge, in un’intervista: “ Sono contento che siano state trovate misure strutturali”.

Come si spiega il fatto che in altri Cantoni gli insegnanti lavorano di più?
Si spiega con il fatto che la scuola ticinese è strutturata in modo diverso, ossia ha classi eterogenee e mira contemporaneamente a dare una buona formazione culturale e a costruire un’integrazione sociale fra persone molto diverse. La scuola speciale è ridotta al minimo e questa scelta arricchisce allievi e docenti, ma certo non è semplice da realizzare. Inoltre, in altri Cantoni, gli insegnanti sono anche pagati di più.

Sono ormai moltissimi gli insegnanti, uomini e donne, che chiedono un tempo ridotto. Perché?
Perché la gestione delle classi, anche se dà grandi soddisfazioni quando riesce bene, è stremante. Far bene lezione implica un coinvolgimento totale di se stessi dentro e fuori scuola. Molti chiedono il tempo ridotto, accontentandosi di una paga proporzionalmente inferiore, per poter lavorare meglio.

Dunque, perché respingere questa misura di “ contenimento”?
– Perché è ingiusta, in quanto si fonda su un dato falso, e cioè che un insegnante lavori molto meno degli altri impiegati, mentre i calcoli dimostrano che non è così.
– Perché una sola categoria, quella degli insegnanti, non deve pagare per gli errori in campo finanziario causati da scelte che si sono rivelate controproducenti.
– Perché rende difficile trovare persone qualificate che vogliano lavorare nella scuola.
– Perché gli insegnanti vogliono continuare a lavorare bene, a curare la loro preparazione, a realizzare progetti didattici e di approfondimento.
– Perché questo significa “ grattare il fondo della padella”, cioè cercare di recuperare denaro ( e poco) laddove non bisognerebbe attingere (come ha affermato efficacemente il sig. Rondi su queste pagine).
– Perché si ripercuoterà sugli allievi, anche senza volerlo. Ne risulteranno un insegnamento un poco più spersonalizzato ( più allievi, meno tempo per conoscerli), una preparazione non sempre adeguata alle reali necessità degli studenti. Come aggiungere altre ore al carico attuale?

Quali effetti ha provocato questo “ dibattito” sugli insegnanti?
Devastanti. Ma, per fortuna, le attestazioni di stima non sono mancate. Purtroppo, invece, le prese di posizione dei promotori dei tagli ci hanno riempiti di amarezza, soprattutto per aver sentito propalare ogni sorta di giudizi calunniosi, per giunta da chi non ha mai messo piede in un’aula, se non da studente, come se bastasse il proprio passato di allievo a giudicare un insegnante, anzi, tutti. Insomma, la totalità degli insegnanti ha protestato, le direzioni delle scuole, i collegi dei docenti, le associazioni dei genitori, eppure non sono stati ascoltati. Possibile che tutti quanti si sono espressi contro i provvedimenti siano una banda di lazzaroni privilegiati? È questa la considerazione in cui ci tiene l’autorità politica?
Con un’arroganza senza limiti ci siamo sentiti dire che lavoriamo solo un migliaio di ore all’anno (sig. ra Masoni), che stiamo “ tirando la corda” ( vedi manifesti), che “ basterebbero nove minuti in più al giorno” ( sig. Gendotti), che gli altri lavoratori – operai edili e venditori dei grandi magazzini – lavorano in piedi tutto il giorno o sotto il sole ma non si lamentano. Detto per inciso, io mi auguro davvero che i lavoratori appena nominati comincino a chiedersi come mai i nostri governanti, che se ne stanno seduti in comode poltrone, che si attaccano ( alcuni) al telefono durante le sedute del Gran Consiglio, che dispongono di facilitazioni economiche di ogni tipo, compresi il parcheggio gratuito e una bella pensioncina, siano pagati tanto più di loro.
L’ultima diffamazione è di lunedì sera, alla Tsi, uscita dalla bocca del sig. Wicht, che contrappone gli insegnanti a “ coloro che lavorano veramente”. Vergogna! Il sig. Wicht, come altri, sta parlando a persone che hanno lavorato trent’anni nella scuola, che l’hanno costruita con le proprie mani, che hanno messo, in questo, tempo e passione ben oltre le ore richieste, poiché noi, insegnanti, guardiamo negli occhi quotidianamente altri esseri umani e lo specchio del nostro lavoro è quello.

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