ASSOCIAZIONE PER LA SCUOLA PUBBLICA DEL CANTONE E DEI COMUNI IN TICINO


Libertà e vil denaro


Siamo dunque finalmente in dirittura d’arrivo: il Gran Consiglio affronterà a giorni la discussione attorno ai documenti elaborati dalla commissione speciale scolastica in risposta all’iniziativa popolare sul sussidio dello Stato alle famiglie con figli nelle scuole private.
La discussione non sembra partire con il piede giusto: non solo perché, con decisione non felice, la trattanda è fissata alla fine del lunghissimo ordine del giorno (con il rischio che venga addirittura rinviata ad altra sessione, il che farebbe il gioco degli iniziativisti, poco desiderosi di affrontare l’eventuale voto popolare in tempi rapidi), ma anche perché nelle ultime settimane coloro che appoggiano l’iniziativa sono ricaduti in vistosi distorcimenti della realtà. È invece bene che la popolazione, che ha a cuore la sua scuola, la scuola pubblica, possa valutare i termini della questione con spirito critico sulla base di dati reali.
Iniziativisti e deputati favorevoli all’iniziativa e/o al controprogetto insistono sul concetto di “libertà” nella scelta della scuola, a loro avviso non sufficientemente garantita dalla strutturazione del sistema scolastico attuale. Ma la libertà di scelta esiste già, da più di un secolo: ogni cittadino è libero di mandare i propri figli alla scuola che vuole; l’esistenza delle scuole private, e la garanzia offerta loro dalle leggi, è evidente segno di questa libertà. I privatisti militanti spingono in realtà molto oltre il loro concetto di libertà: lo Stato dovrebbe finanziare scelte facoltative, derivanti da opzioni e motivazioni individuali. Guardiamo più da vicino le scuole chiamate in causa, le scuole la cui frequentazione sarebbe sussidiata se passasse l’iniziativa o il controprogetto: si tratta di 7 istituti elementari (per 8 sedi); 8 scuole medie; 3 licei (esclusi dal controprogetto: per il momento). Con l’eccezione della scuola Steiner (2 sedi di scuola elementare, 1 sede di scuola media), sono tutti istituti cattolici. Allo stato attuale, l’iniziativa si traduce dunque nel finanziare persone che scelgono in alternativa alla scuola pubblica la scuola cattolica.
La domanda va allora posta nei seguenti termini: lo Stato deve finanziare, attraverso i suoi allievi, la scuola cattolica? La mia risposta è no: la scuola cattolica ha scopi e finalità propri, con caratteri peculiari rispetto a quelli delle scuole dello Stato laico (e cioè la formazione del cristiano, oltre che del cittadino). Si tratta di scopi legittimi (e riconosciuti dall’ordinamento dello Stato), ma che non devono implicare la presenza attiva (finanziaria) dello Stato: che è laico, appunto, e che deve provvedere alla scuola di tutti, e per tutti: a prescindere dalle ‘particolarità’, di religione, di nazionalità, di possibilità economica, di ognuno.
Quanto alla scuola Steiner, vorrei ricordare un dato, che peraltro la chiama in causa solo indirettamente. In Italia, tre figli di Silvio Berlusconi frequentano una scuola Steiner. Bene, se Berlusconi fosse cittadino ticinese, avrebbe diritto - secondo il controprogetto - a un sussidio annuo di 4'500 franchi. Tutt’altro, quindi, che un aiuto e sussidio alle famiglie in difficoltà, come controprogetto e iniziativisti vorrebbero far credere.
Il nostro no a sussidiare istituti privati che chiunque, per sua libera scelta, decide di frequentare, non riguarda evidentemente le sole scuole cattoliche, ma è un no che riguarda qualsiasi altro tipo di scuola che abbia obiettivi e finalità particolari. La legge non vale solo per l’oggi: la legge, ogni legge, deve saper prevedere e valutare i possibili sviluppi futuri. Se dovesse passare l’iniziativa o il controprogetto, non si vede poi perché lo Stato dovrebbe o potrebbe negare il proprio sostegno finanziario ad altre scuole  che dovessero in futuro farne richiesta: con incognite gravi almeno circa le possibilità effettive di finanziamento.
“Il finanziamento della scuola privata parallela a quella pubblica è (...) in chiara contraddizione con i più elementari principi del metodo liberale: i sussidi ai clienti di attività private in contrapposizione con un compito prioritario dello Stato costituiscono un controsenso” (Gabriele Gendotti). Ci pensino su, quegli esponenti del mondo cattolico (politico)  locale, che si sono scoperti all’improvviso entusiasti sostenitori del principio della competizione; ci pensino su, i neoliberisti di ogni parte: forse non è davvero superfluo ricordare che per il liberalismo autentico esistono valori che stanno al di là delle competizioni di parte. Se uno di questi valori è il senso di appartenenza alla comunità tutta, allora forse davvero la scuola pubblica, che deve educare a questi valori, merita tutto l’appoggio e sostegno, e non una pericolosa diversione delle sue risorse.

 

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