ASSOCIAZIONE PER LA SCUOLA PUBBLICA DEL CANTONE E DEI COMUNI IN TICINO


Riapertura delle scuole: non facciamone un derby


Noi in Ticino siamo davvero specialisti nel fare polemiche. Sull’apertura delle scuole siamo tutti esperti, si chiedono dibattiti, assemblee, consultazioni a tappeto, dimissioni e si invocano le gogne. Forse dovremmo renderci conto molto pragmaticamente che si tratta di una decisione di strategie e di organizzazione e non di disquisizioni politiche (o partitiche) che difficilmente può essere demandata alle assemblee del popolo e alle sensazioni epidermiche. I miei nipotini vanno a scuola a Zurigo e Berna, riprendono la scuola l’11 maggio e sembra proprio che nessuno si stia sgolando per bloccare o ostacolare il tutto.

Cito il caso di Zurigo. Mercoledì 29 aprile il Consiglio federale decide che la scuola può ripartire dall’11 maggio, ai Cantoni sono demandate le modalità di applicazione della decisione. Il Consiglio di Stato del Canton Zurigo, il giorno dopo, giovedì 30 aprile comunica a tutte le direzioni scolastiche e ai Comuni che l’11 si riapre, con una serie di indicazioni quali la riduzione del numero di allievi presenti in ogni classe, la formazione di gruppi possibilmente omogenei, l’insegnamento a distanza per i bambini costretti in quarantena, il mantenimento dei corsi speciali quali quelli per i bambini di lingua straniera o con difficoltà di apprendimento.

Lo stesso giorno giovedì 30 aprile nel tardo pomeriggio il direttore del Dicastero della scuola della Città di Zurigo Filippo Leutenegger informa via mail tutti i genitori (avevano chiesto i contatti all’inizio della chiusura delle scuole e inviato una news letter ogni settimana) della riapertura, fornisce informazioni su varie modalità di applicazione che seguono la linea indicata dal Consiglio di Stato. Conferma anche che le mense scolastiche resteranno aperte, che ci sarà la possibilità per chi lo richiede di lasciare i bambini nel doposcuola (si raccomanda di farlo solo in caso di vera necessità e pagando 10 franchi al giorno) e che si cercherà di organizzare in modo che i bambini della stessa famiglia abbiano gli stessi orari, il tutto accompagnato con tabelle colorate su come vengono suddivisi gli orari. Stiamo parlando di circa 34.000 bambini e bambine compresi quelli che frequentano le scuole dell’infanzia.

Ma penso che il meglio sia quanto è avvenuto lunedì 4 maggio. La mia nipotina di quinta elementare e il mio nipotino di quarta hanno ricevuto ognuno un’informazione dalla loro rispettiva maestra di classe nella quale si dice per esempio che faranno due gruppi costanti fra chi ha più o meno difficoltà e che ci sarà la possibilità di avere delle ore di recupero per chi ha perso molto durante il periodo di insegnamento a distanza. Nelle classi dei miei nipotini ci sono bambini con sei o sette lingue materne diverse e il tedesco non è in maggioranza. Tutto così positivo che ho voluto verificare. Filippo Leutenegger mi ha così risposto: è chiaro che anche da noi ci sono delle lacune che fanno saltare i nervi a certi (pochi) genitori. Però tutto sommato stiamo navigando nella scuola obbligatoria in acque poco mosse. Il corpo insegnante è esemplare. Mi sembra di poterne dedurre che a Zurigo tutti abbiano lavorato 24 ore su 24, ognuno assumendosi le rispettive responsabilità, scendendo fino alla maestra che gestirà l’incontro con i bambini e che sarà il tassello fondamentale per il funzionamento della riapertura.

Mi è davvero difficile capire come delle realtà scolastiche ticinesi, anche quelle cittadine, con numeri di allievi decisamente inferiori a quelli della Città di Zurigo, non siano in grado di fare altrettanto. Chiedono che le direttive vengano calate dall’alto, per poi quasi certamente affermare che non vanno bene e innescare polemiche, un esercizio davvero poco costruttivo e certamente non nello spirito del tanto decantato «assieme ce la facciamo».