Il capo del DECS, onorevole Gendotti, afferma sovente che per la scuola negli ultimi tre anni il Cantone spende 100 milioni in più. I dati sull’evoluzione delle spese e ricavi correnti per dipartimento in realtà confermano come questo aumento per una parte è puramente contabile e per un’altra parte va all’esterno della scuola sotto forma di contributi. Confrontando il consuntivo 2000 e il preventivo 2004 del Cantone risulta un aumento netto di 114 milioni. Concentrandoci solo sulle voci che aumentano, abbiamo + 43 milioni di addebiti interni ( da 28 milioni nel consuntivo 2000 a 71 milioni nel preventivo 2004), + 30 milioni di contributi che vanno ad enti esterni o persone, + 37 milioni di crescita di spese per il personale e + 5 milioni di spese per beni e servizi. Solamente queste ultime due voci vanno a finire nella scuola: esse finanziano l’aumento delle sezioni dovuto alla regolare crescita degli allievi (+ 368 allievi nel solo anno scolastico 2003/ 2004), la progressione degli aumenti annuali e il rincaro sui salari dei dipendenti e docenti del DECS, e l’avvio dell’Alta scuola pedagogica. A parte alcuni puntuali miglioramenti e recuperi di misure di risparmio ( monte- ore ad es.) varati dopo la votazione del 18 febbraio 2001, la scuola ticinese dell’obbligo, medio- superiore e professionale non ha visto altri miglioramenti ( la scuola comunale ne ha visti ancora meno). La scuola pubblica ha conosciuto importanti misure di risparmio alla fine degli anni ’ 90 e un continuo e crescente aumento degli oneri e dei compiti dei docenti: riforma della maturità liceale, riforme del settore professionale, i problemi delle droghe leggere e dei comportamenti a rischio nelle scuole medie e professionali, le sempre maggiori difficoltà degli allievi nelle scuole comunali. Se vogliamo che la scuola pubblica continui a svolgere bene i suoi compiti non sono accettabili i peggioramenti proposti dal preventivo 2004 e occorrono riforme di ampio respiro in tutti i settori. Inutile negarlo. Purtroppo paghiamo il costo degli sgravi fiscali di 250 milioni annui. I dati 2001 confermano che l’indice globale della pressione fiscale in Ticino è all’84% della media svizzera, mentre le uscite correnti di Cantone e Comuni sono un po’ sotto la media svizzera ( 93%: fr. 10’ 541 TI contro fr. 11’ 278 CH).
È chiaro che una simile bassa fiscalità (l’indice della pressione fiscale è ancora sceso all’83% nel 2002) non può reggere nemmeno aumenti di spesa prevedibili e normali quali quelli determinati dalla crescita del numero degli allievi, dall’aumento degli invalidi e degli anziani, dai travasi di oneri dalla Confederazioni ai Cantoni (vedi sussidi cassa malati, prestazioni complementari, camere private e semiprivate degli ospedali), dalla politica di sicurezza e dalle fusioni comunali. Nel febbraio 2000, al momento della votazione popolare sull’iniziativa defiscalizzatrice della Lega (costo 119 milioni annui), la maggioranza di centro- destra non aveva detto al popolo che a pagare la fattura sarebbero stati la scuola e il settore sociosanitario, e pertanto le fasce più deboli della popolazione. Il popolo è stato ingannato e lo Stato è in brache di tela. Se qualcuno della maggioranza di centro- destra lo ammettesse sarebbe già un passo avanti notevole nel superamento della crisi del Cantone: invece i vari Pontiggia, Morisoli, Masoni e Bignasca vanno avanti imperterriti nella difesa a spada tratta della loro politica reaganiana e nella negazione dell’intervento pubblico per bisogni sociali e formativi fondamentali del Paese, trovando purtroppo l’appoggio insperato del capo del DECS, che, a differenza dell’on. Pesenti, non ha saputo ancora smarcarsi in modo chiaro dalla politica dei tagli del centro- destra.