ASSOCIAZIONE PER LA SCUOLA PUBBLICA DEL CANTONE E DEI COMUNI IN TICINO


Buoni-scuola, libertà, progresso


Sui sussidi statali per le scuole private abbiamo letto, a pochi giorni l’una dall’altra, la posizione del Vescovo (G.d.P. del 30 dicembre) e quella di S. Morisoli (C.d.T. del 5 gennaio), come a dire quella dei ‘cattolici del  SI’’ (ci sono anche cattolici del NO, ma il Vescovo ha ignorato i loro timori per i danni che il SI’ potrebbe recare alla scuola di tutti) e quella dei liberisti (da non confondere con i liberali). Se aggiungiamo il SI’ del Gran Consiglio, l’evidente simpatia della TSI (servizio pubblico!?) e il sostegno dei vertici leghisti sempre pronti a tirare sassi a tutto ciò che nel paese non è (ancora) sgangherato come loro, abbiamo un’autentica coalizione di potenti in favore della sottomissione dello Stato (ossia della società nel suo insieme) agli interessi dei privati che vogliono distinguersi e separarsi dai comuni mortali.

Dal Vescovo ci saremmo aspettati qualcosa di più: se, come lui dice, ‘le strutture  (scuole) gestite dall’ente pubblico sono scelte dalla gran parte dei genitori (quindi anche da cattolici) e offrono un servizio riconosciuto di qualità e sempre teso al miglioramento’, un Vescovo che voglia essere di tutti dovrebbe per lo meno mostrare di preoccuparsi che a tali ‘strutture’ non vengano a mancare le risorse vitali, nel momento in cui fosse modificata la chiave di riparto in favore dei privati. Poteva almeno lasciare, il Vescovo, libertà di voto…

S. Morisoli ci offre invece, appena annacquata per esigenze di tattica, la posizione dei liberisti. Con sue più morbide parole afferma (giustamente) che la votazione del 16-18 febbraio servirà a verificare se il paese vuole che la scuola pubblica resti lo strumento principe, mediante il quale lo Stato ‘provvede affinché ognuno possa beneficiare di un’istruzione e di una formazione adeguata…’ (Costituzione art. 14, lett. f), o se è disposto a ridurre il potere decisionale dello Stato (in materia scolastica, ma non solo), per passarlo in mani private. Lui se lo augura, come traspare dal seguito dell’articolo. Noi molto meno per un paio di motivi evidenti.

1. La libertà fa paura?
Dipende: se, in un mondo fatto di gatti e di topi, lo domandi ai gatti, loro rispondono di no, la libertà gli va benissimo; ma, se lo domandi ai topi, questi rispondono di sì, hanno paura della libertà dei gatti e sono ben contenti che qualcuno (lo Stato) gliela limiti un po’. Ma meglio che con questa domanda, il vice-sindaco liberista di Monte Carasso, nonché braccio destro della ministra Masoni, avrebbe potuto aprire il millennio dicendo finalmente chiaro che loro, i gatti, vogliono maggiore libertà, perché sono stufi di finanziare la scuola pubblica offerta a tutti dalla ‘matrigna Stato’ (espressione sua!), dove i topi hanno lo stesso trattamento dei gatti. I gatti sono stufi di doverci mandare i propri figli a mescolarsi con quelli dei topi (leggi non benestanti, non svizzeri, non integrati…). Adesso vogliono la loro scuola, e che lo Stato li sgravi da imposte che servono a finanziare la scuola di tutti e inoltre li sussidi direttamente, in modo che possano farsi la scuola su misura, gestirsela privatamente a loro piacimento, finanziarsela in tre modi: coi loro capaci portafogli, coi sussidi statali e con gli sponsor che loro sanno trovare.
In altre parole vogliono un sistema scolastico a due binari: il loro privato per ‘le classi sociali più agiate’ (Parole di R Cogliati, C.d.T., 19 dicembre 2000), provvisto di più soldi, dei migliori insegnanti e degli allievi gattini destinati a dominare il territorio; quello pubblico per i ceti subalterni, la gente periferica, i futuri topini. Così dovrebbe andare il mondo in futuro, anzi ‘la società civile che finalmente si sarebbe ripresa più potere decisionale’. Sono queste le parole acuminate che stanno sotto i polpastrelli felpati dei gatti.

2. Il coraggio di cambiare.
Secondo Morisoli starebbe tutto nelle mani dei gatti. I topi, e quelli che si battono per una società più giusta e solidale, sarebbero una manica di fifoni ‘lenti nel capire i bisogni della società’ (come la vogliono i gatti), parassiti che si battono per ‘conservare il vecchio e mantenere i privilegi di pochi’… Insomma chi difende la scuola pubblica oggi fa quasi schifo, tanto è sfasato rispetto alle ‘magnifiche sorti e progressive’ (Leopardi). Sta’ a vedere che difendere qualcosa diventa di per sé vergognoso; cambiare a ogni costo diventa di per sé meritorio. Proponiamo allora questo quesito ai Ticinesi: difendere gli argini che limitano la libertà del fiume Ticino di spaziare per tutto il piano che da Bellinzona ‘dichina’ (parola dantesca per dire declina, pende) verso il lago Maggiore sarebbe segno di conservatorismo becero, mentre demolirli, per liberare le acque affinché ciascun privato possa tirarle al proprio mulino, sarebbe segno di coraggio progressista?

Il 18 febbraio sapremo se ‘il paese’ avrà dato il primo colpo di trax, o ruspa che dir si voglia, agli argini del Ticino, ossia alle fondamenta della scuola pubblica.

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