Sul dibattito in corso nel nostro Cantone si è detto molto, anzi moltissimo. I giornali hanno a più riprese riportato considerazioni e opinioni, a testimonianza che il vero problema non sta (solo) nei 6 o nei 10 milioni. Ora non resta che cercare di far chiarezza fra gli innumerevoli contributi pro o contro. Ho trascorso la mia vita professionale nella scuola pubblica e la mia posizione non può essere che contraria ai due oggetti in votazione.
Ma mi spiace constatare come un tema di tale portata sia ricondotto da troppe persone all'appartenenza a un partito piuttosto che a un altro, o a un mero calcolo di convenienza finanziaria, senza spingere lo sguardo un po' più in là. Quando l'OCSE valuta la qualità dei sistemi scolastici dei vari Paesi non va certo ad analizzare le scuole private. La società si regge su quanto la scuola pubblica riesce a dare in termini di conoscenze, sensibilità e atteggiamenti.
È questo ciò che conta.
Per le famiglie nel bisogno il finanziamento esiste già
Non molti sanno che l'art. 84 della Legge della scuola del 1990 prevede già una partecipazione finanziaria dello Stato a favore delle famiglie che per provate ragioni sociali sono obbligate a collocare i figli in una scuola privata.
L'aiuto allo studio (questa è la dicitura) si limita ovviamente alle scuole private dell'obbligo; scolastico (elementari e medie) parificate, cioè quelle che svolgono uguali programmi delle scuole pubbliche. In genere le domande sono motivate dal fatto che nella scuola pubblica del comune di domicilio non esiste né la refezione scolastica né il doposcuola e i genitori (spesso la madre sola) non possono rientrare dal lavoro a mezzogiorno o alle 16. L'aiuto allo studio è erogato in funzione del reddito. Vi sono famiglie che ricevono annualmente 2-3000 franchi, altre anche 5-6000, a seconda dei casi. Non entrano evidentemente in considerazione i casi in cui le famiglie, per loro scelta e non per necessità, inviano i figli alla scuola privata. La scelta della scuola è libera, ma non evidentemente a spese dello Stato.La scuola pubblica va potenziata, non impoverita
Ho alle spalle più di vent'anni di esperienza quale funzionario del Dipartimento Istruzione e cultura per poter credere che il finanziamento delle scuole private non andrà a scapito delle risorse per la scuola pubblica.
Da oltre 10 anni a questa parte la musica è sempre stata la stessa: se occorrono fondi per un progetto o un'innovazione scolastica si devono diminuire le spese in altri settori. Ad esempio: puoi promuovere l'informatica, ma devi ridurre l'importo dei gruppi di studio o del materiale didattico. Vuoi aggiornare i quadri scolastici? Preparati a diminuire le spese di trasferta. Il preventivo dell'anno precedente non può essere superato. Anzi: ogni anno l'esercizio consiste nel comprimere, ridurre, essenzializzare, pianificare, ottimizzare, ecc., il che, tradotto in soldoni, vuol dire spendere di meno. Giusto, se le finanze cantonali richiedono il sacrificio di tutti. Inaccettabile, se i risparmi servono a disperdere milioni anche a chi non ne ha bisogno.
Alla scuola pubblica necessitano risorse che le sono sempre state negate in virtù di uno stato di austerità che sembra di colpo svanito nel nulla. Sostenere che non le verrà tolto un solo centesimo è pura utopia. L'ingenuità e la fiducia hanno dei limiti che qui sembrano abbondantemente superati.Nelle scuole pubbliche occorrono mense e doposcuola e altre strutture sociali
Nel 1982, nelle scuole elementari furono soppressi numerosi sussidi fra cui quelli per le refezioni scolastiche, il doposcuola, i corsi di sci, le scuole montane, l'arredamento e il materiale scolastico. Lo Stato si assumeva tutte le spese per la scuola media, ma i comuni dovevano fare altrettanto per la scuola elementare. Gli unici sussidi per i comuni restavano quelli sugli stipendi dei docenti che in seguito avrebbero poi subito ulteriori tagli (soppressione dei sussidi sui direttori didattici, sui supplenti, sui docenti speciali di educazione fisica, di educazione musicale, ecc.). Il provvedimento limitò l'organizzazione di mense e doposcuola, proprio nel momento in cui le mutazioni sociali (genitori entrambi al lavoro) ne acuivano la necessità. Molti comuni hanno tenuto duro, altri hanno rinunciato o non hanno accolto iniziative in tal senso.
Oggi le esigenze sociali si sono ulteriormente inasprite. I genitori lavorano entrambi più per necessità che per libera scelta. La disgregazione dei nuclei famigliari è in costante aumento. L'immigrazione accentua il bisogno. In futuro occorreranno sempre più luoghi di accoglienza educativa anche al di fuori dell'orario e dei giorni di scuola. Si continua a dire che 6 milioni all'anno (10 se l'iniziativa venisse accolta) sono una bazzecola. A me non sembra, visto che nell'allestimento dei preventivi dei vari settori scolastici si discute sui mille franchi in più o in meno.
E quale ossigeno sarebbe questa bazzecola per la scuola pubblica!L'abbaglio del finanziamento alle famiglie
Entrambi i progetti a sostegno delle scuole private prevedono il finanziamento alle famiglie e non alle scuole. Questo argomento è stato più volte evocato per convincere che non si tratta di "ingordigia" degli amministratori delle scuole private, bensì di caritatevole senso di solidarietà nei confronti dei contribuenti e in particolare di coloro che, per bisogno, bussano alla loro porta.
È un modo per evitare il problema. Quante scuole private non aumenteranno le rette, quando le famiglie verranno finanziate? La previsione è fin troppo facile, e qualcuno lo ha già ammesso. Di fatto, con il pretesto delle famiglie, entrambi i progetti costituiscono un finanziamento delle scuole private: è semplicemente una partita di giro.A far le spese sono sempre le zone periferiche
Il dibattito sul finanziamento delle scuole private ha più volte messo in evidenza la diversa condizione di chi vive nelle zone discoste del Cantone, rispetto a chi abita nei centri urbani. Che vantaggio potrebbero trarre le famiglie che vivono nelle zone periferiche da un eventuale sussidio per le scuole private? Le scuole private elementari e medie sono ubicate per la maggior parte a Lugano e dintorni, a Bellinzona, a Locarno, e in altre zone del Cantone fortementeurbanizzate. A meno di far capo agli internati, ciò che significherebbe allontanare il figlio dalla famiglia per tutta la settimana, sono necessarie trasferte insostenibili per un bambino o inconciliabili con le possibilità dei genitori. La conclusione è semplice: le scuole private sono in massima parte un prodotto urbano e non potrebbe essere altrimenti. La massa critica per garantire un'affluenza sufficiente di allievi non la si trova in Valle Maggia, nell'Onsernone, in Leventina o nel Malcantone. È perciò ragionevolmente ipotizzabile che anche in futuro, in queste zone, non sorgeranno scuole private. Morale: tutti sono uguali di fronte alla possibilità di frequentare le scuole private, ma ce ne sono di quelli più uguali di altri. Dove tutti ridiventano veramente uguali è nell'obbligo di pagare le imposte che domani potrebbero comprendere anche una piccolissima parte destinata a coprire le spese di...milionari sussidiati.
Una concorrenza stimolante. Ma quale?
Specifico che mi riferisco al settore delle scuole elementari, l'unico che conosco sufficientemente per potermi esprimere con cognizione di causa. Mi perdonino i direttori delle scuole private, ma in vent'anni di lavoro dipartimentale non ho avuto notizia di una sola innovazione scolastica che sia stata promossa, indotta o anche solo stimolata dalle scuole private e che in qualche modo abbia avuto una ricaduta sulla scuola pubblica. Del contrario, invece, ho indicazioni a iosa: la riforma dei programmi del 1984, l'introduzione del sostegno pedagogico, della seconda lingua, dell'informatica, del doppio docente e altro ancora. Inoltre all'aggiornamento dei docenti sono sempre stati associati (gratuitamente) i docenti delle scuole private, che hanno beneficiato dei servizi di consulenza e formazione dello Stato. Non intendo con ciò essere irriverente. Le scuole private hanno svolto e svolgono il loro compito dignitosamente, come tutte le scuole pubbliche, con i mezzi umani e materiali a loro disposizione. Non molto tempo fa le classi di certe scuole private contavano quasi 30 allievi, mentre nelle scuole pubbliche non arrivavamo a 20. Lo potevano fare, beninteso, in quanto non esisteva (e non esiste neppure ora) un tetto massimo. Ma almeno evitiamo di parlare di benefica concorrenza.
Un pasticcio informativo
Sia il testo dell'iniziativa che del controprogetto parlano di scuole private riconosciute. In nessun articolo delle leggi scolastiche in vigore si parla di scuole private riconosciute. Le leggi attuali citano unicamente le scuole private parificate e quelle non parificate. Le prime devono sottostare alle disposizioni che governano la scuola pubblica (programmi, orari, idoneità dei docenti, materiale didattico, ecc.), le altre non hanno questo obbligo (ad esempio la Scuola Steiner).
In base alle attuali disposizioni di legge qualsiasi persona incensurata può chiedere di aprire una scuola privata non parificata, purché presenti al Consiglio di Stato le sue credenziali (atto di origine, di nascita, certificato di buona condotta, ecc.). Non deve sottostare a nessun vincolo per quanto attiene ai programmi, al numero di allievi per classe, agli orari, alla valutazione. Può orientare la formazione degli allievi verso un'ideologia o una religione qualsiasi, purché non apertamente in contrasto con le finalità della scuola pubblica. Unico filtro: se un allievo volesse passare da una scuola privata non parificata alla scuola pubblica dovrebbe sottoporsi a un esame sulle principali materie d'insegnamento. Nella fascia di scuola obbligatoria, tutte le scuole private, sia quelle parificate che quelle non parificate, non possono che essere riconosciute dal Consiglio di Stato, altrimenti sarebbero clandestine. Bisogna perciò sapere che sia l'iniziativa che il controprogetto prevedono il finanziamento per i due tipi di scuola privata: quelle parificate e quelle non parificate, sempre che questa distinzione, in sede di regolamento, non venga abolita. Usando il termine "riconosciute" qualcuno potrebbe essere indotto a credere, in buona fede, che si tratti solo delle scuole private oggi dette parificate.
Non è così. Domani potremmo perciò assistere a questo strano connubio: lo stesso Stato che obbliga gli allievi delle scuole pubbliche a seguire i programmi ufficiali sussidia quelli che non li seguono.In conclusione
Altri hanno illustrato questioni di principio che da sole basterebbero a giustificare l'opposizione al finanziamento delle scuole private. Ne richiamo almeno tre per scrupolo di completezza:
- il primo dovere dello Stato è quello di offrire la miglior scuola pubblica possibile, senza per questo impedire alternative di formazione, purché diano garanzia di serietà e di qualità. Il diritto di scegliere una scolarizzazione privata non implica però il diritto a un finanziamento da parte dello Stato. Nel periodo dell'obbligo, lo Stato offre già una scuola gratuita per tutti;- le scuole private non sono tenute ad accettare qualsiasi allievo. Fosse vero il contrario vi dovremmo trovare le stesse percentuali di alloglotti, di debili, di bambini con disturbi del comportamento o dell'apprendimento, di caratteriali, ecc. La scuola pubblica, invece, deve far fronte a ogni tipo di problema. Semmai mettiamola in condizione di far meglio;
- l'epoca tanto deprecata dei sussidi a innaffiatoio sembrava finita.
Oggi si vogliono sussidiare anche i ricchi. La scuola pubblica, quella che oggi è frequentata dal 95% degli allievi, è un bene prezioso che va protetto con ogni mezzo. Essa va costantemente migliorata, ma per far questo occorrono risorse. Ogni azione che tende a indebolirla va pertanto combattuta con fermezza.
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