ASSOCIAZIONE PER LA SCUOLA PUBBLICA DEL CANTONE E DEI COMUNI IN TICINO


La scuola e i miei libri


Come poche altre realtà ticinesi, la nostra scuola è prepotentemente dominata da stereotipi e pregiudizi che nel corso dei decenni invece che stemperarsi si autoalimentano, a volte con la complicità della scuola stessa. A cavallo degli anni Ottanta ci fu lo spauracchio dei docenti di sinistra, quelli che ci avrebbero dovuto indottrinare, farcire le teste di idee sovietizzanti dando vita a una nuova generazione antidemocratica che avrebbe preso le redini del Cantone. Il pregiudizio appare ora assolutamente tale constatando che la sinistra ticinese è tutto fuorché il riferimento maggioritario di questo cantone e che è invece un movimento di ideologia diametralmente opposta ad essere cresciuto in Ticino. Poi è arrivata l’onda dei docenti privilegiati che guadagnano tanto lavorando poco, salvo constatare che i docenti ticinesi di ogni ordine di scuola son quelli che percepiscono gli stipendi più bassi della Svizzera. Ora è il momento della scuola inadatta, dell’istituzione non in grado di soddisfare le richieste formative del Paese, della scuola che non si occupa dei suoi allievi e che deve invece assumersi anche compiti educativi.

È una caccia alle colpe, uno scaricabarile preoccupante perché se da un lato si denuncia una presunta inadeguatezza del settore, dall’altro veramente poco, per non dire nulla, si fa per consentire all’istituzione scolastica di crescere veramente. Perché, diciamocelo guardandoci negli occhi, se vogliamo davvero rivedere la scuola dell’obbligo, è nel sistema scuola che occorre investire. E qui casca l’asino, un asino grosso grosso perché non solo non si investe, ma addirittura si taglia. E per investimento non si devono intendere nuovi muri, nuove scuole, ma nuovi mezzi che consentano di svolgere meglio e con più forza il lavoro di insegnamento al loro interno. È un atteggiamento schizofrenico del quale occorre sapersi liberare. A ciò si aggiunge il ritorno dello spauracchio di sinistra: Manuele Bertoli alla testa del Decs ha risvegliato i timori degli anni Ottanta. Così tutto quanto esce dal Dipartimento ha tendenza ad essere impallinato con mille pretesti, quasi sempre legati ai risvolti finanziari.

Una rispolveratina alla lungimiranza in questo campo andrebbe data. Se togliamo mezzi finanziari alla scuola sarà difficile garantire anche i livelli attuali di qualità. Se tagliamo i servizi sarà ancora più complicato seguire i ragazzi con più difficoltà. Se vogliamo poter contare sulla scuola inclusiva che tanto ci è invidiata, allora occorre che le si dia la possibilità di esserlo. Che poi in questo periodo non sempre siano comprensibili alcune posizioni dei docenti in relazione alle riforme in via di definizione da parte del Decs è un dato di fatto che crea ancor maggior disorientamento. È un po’ come quando con voglia di condivisione prestate i vostri migliori libri ad un amico e lui se li imbosca: vi resta un senso di stupito amaro in bocca la cui conseguenza è che vi guarderete bene dall’offrirne un altro a chicchessia. Sono positivamente impressionata dalla decisione di molte sedi scolastiche di rimanere aperte mercoledì 23 marzo, invece che adeguarsi alla chiusura offerta dal Cantone per compensare nuovi mancati impegni finanziari. La schizofrenia ticinese appare qui in tutto il suo splendore: ai docenti che già si dice lavorino poco si offre un giorno di vacanza in più. La scelta di donare agli allievi e ai genitori momenti di riflessione, attività di crescita durante la mezza giornata in cui avrebbero potuto oziare è meritevole, costruttiva e da sostenere. È un segnale che può far comprendere come in verità ai docenti importi prioritariamente il bene dei ragazzi che seguono ogni giorno. Non è quindi questo il momento delle rivendicazioni, delle critiche, degli irrigidimenti fra Decs e corpo insegnante. L’immagine che se ne ricava non fa che alimentare la schizofrenia di cui sopra. Se Dipartimento, associazioni magistrali e di sostegno alla scuola andassero tutti nella stessa direzione allora forse, ed è solo un forse, anche la politica oltre che l’opinione pubblica getterebbe alle ortiche i pregiudizi ed inizierebbe a capire che il futuro del nostro cantone inizia da lì, dalla scuola, dalla formazione di qualità che vogliamo offrire ai nostri figli. Se non sapremo finalmente investire prioritariamente in quello allora rassegniamoci ad avere un settore del quale continuare a lamentarci per la sua inadeguatezza. E mettiamolo nel dimenticatoio, come i libri prestati col cuore e mai rivisti.