Fra qualche giorno riaprono le scuole. Ho chiesto ai miei nipotini (scuola dell’infanzia ed elementare) se fossero contenti di ricominciare e mi hanno risposto senza alcuna esitazione di sì. Certo, non tutti la pensano allo stesso modo (specialmente i più grandicelli), ma per me questo è un buon segnale per lo stato di salute della nostra scuola pubblica, che ha comunque ancora ampi margini di miglioramento.
Sul principio di investire maggiori energie e risorse nella scuola pubblica, a parole, sono tutti d’accordo, ma nei fatti dobbiamo constatare che si marcia sul posto o quasi da diversi anni. E non saranno certo iniziative estemporanee come l’obbligo di insegnare l’inno nazionale a far fare quell’auspicato salto di qualità.
Però oggi un’opportunità concreta per migliorare qualcosa c’è. Si tratta della proposta del Consiglio di Stato di diminuire il numero massimo di allievi per sezione nelle scuole elementari e medie, passando dagli attuali 25 a 22. Proposta che costituisce pure un parziale controprogetto all’iniziativa popolare del 2009 denominata “Aiutiamo le scuole comunali. Per il futuro dei nostri ragazzi” che chiede un massimo di 20 allievi.
Una riforma semplice e dai costi contenuti che raccoglie il sostegno di docenti e genitori, come pure della maggior parte dei Comuni che si sono espressi in merito.
Soltanto una parte della commissione scolastica del Gran Consiglio non è ancora convinta: non vuole dire di sì, ma nemmeno di no, per cui la questione si trascina da ormai troppo tempo. Spero che con il rientro autunnale si possa finalmente sbloccare la situazione e procedere con sollecitudine.
Eppure dovrebbe essere evidente a tutti che un numero minore di allievi in un’aula scolastica favorisce risultati migliori nell’apprendimento, e una maggior attenzione del docente di fronte ai problemi di ogni singolo allievo. Ricerche pedagogiche svolte in altre nazioni lo hanno ampiamente dimostrato.
Per la scuola ticinese, fondata sui principi di inclusione ed equità, la riforma assume ancora più importanza in quanto, in una stessa classe possono convivere e progredire allieve e allievi con diverse capacità cognitive e con situazioni familiari e socioeconomiche diverse. Con meno allievi si può più facilmente proporre un insegnamento differenziato e personalizzato a beneficio di tutti.
E allora, invece di parlare di risparmi, finalizzati a inopportuni sgravi fiscali, si metta in atto quanto da tutti (o quasi) affermato in campagna elettorale: investire di più nella formazione.
In quest’ottica bene ha fatto il direttore del Decs Manuele Bertoli a rifiutarsi di tagliare 38 milioni dalla spesa scolastica.