Del concordato HarmoS (accordo intercantonale sull’armonizzazione della scuola obbligatoria) si è parlato parecchio negli ultimi mesi, prima in relazione alla votazione federale del 21 maggio 2006, poi nell’ambito della consultazione sul concordato stesso.
Gli articoli costituzionali che comportano la possibilità di imporre l’obbligatorietà ai concordati scolastici sono stati approvati con una maggioranza bulgara a livello federale, ma in modo meno netto (59.7%) in Ticino, dove si era fatta sentire l’opposizione del partito socialista e di alcune associazioni vicine al mondo della scuola. Il progetto HarmoS ha suscitato immediatamente giustificate e unanimi opposizioni nel nostro cantone, tante e tali erano le proposte inaccettabili in esso contenute. La più evidente consisteva nello stravolgimento dell’ordinamento scolastico con sei anni di scuola elementare e tre di scuola media in luogo del nostro 5 più 4, ma anche altre come l’inizio della scolarità obbligatoria, le finalità della scuola e l’introduzione degli standard di formazione presentavano aspetti molto discutibili. Nella consultazione promossa dal Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport, le prese di posizione sono state quindi generalmente molto critiche.
Ora, la notizia è dei giorni scorsi, il DECS ha ottenuto dalla Conferenza svizzera dei direttori cantonali della pubblica educazione una deroga, che permette al nostro cantone di mantenere l’attuale formula del 5 + 4. Il salvataggio del “Tessiner-modell” e una piccola apertura nei confronti dell’italiano sono risultati positivi, ma non mi sembra il caso di cantare vittoria e vedere in questo, come sembra fare il DECS, la strada spianata verso una piena adesione al concordato.
A mio avviso, invece, non bisogna abbassare la guardia perché rimangono ancora questioni molto importanti da chiarire, in primo luogo gli standard e, più in generale, i valori che la scuola deve trasmettere. Nelle risposte alla consultazione da parte del partito socialista, del sindacato VPOD, dell’associazione per la scuola pubblica e di altre associazioni, si è sottolineato come gli standard, così come proposti, privilegiano una concezione della scuola orientata al “saper fare” piuttosto che al “saper essere”, con il rischio molto concreto di concentrare la pratica didattica su quanto è immediatamente misurabile. Del resto vien detto chiaro e tondo che gli standard dovranno fungere da guida per i piani di studio e i sussidi didattici. Altro che armonizzazione per favorire la mobilità interna: qui si vuole uniformare su modelli cari alle cerchie economiche.
HarmoS è invece piuttosto debole riguardo ai veri valori della scuola, quali le pari opportunità per gli allievi e l’educazione alla giustizia, alla libertà, alla pace, alla democrazia, alla tolleranza e al pluralismo delle idee.
HarmoS è poi del tutto silente su un altro aspetto tutt’altro che trascurabile: quello retributivo. Stando infatti all’Ufficio federale di statistica, gli stipendi dei docenti ticinesi sono desolatamente all’ultimo posto e parecchio al di sotto della media nazionale. Se si vuole armonizzare si dovrebbe pensare anche alle condizioni normative degli insegnanti che, non dimentichiamolo, sono sempre più confrontati con nuove esigenze, nuovi compiti e nuovi problemi. Invece essi hanno dovuto subire non pochi tagli e peggioramenti delle condizioni di lavoro, dall’ora in più, al contributo di solidarietà, alla penalizzazione di due classi per i nuovi assunti.
La priorità per la nostra scuola pubblica non è certo HarmoS, ma sta piuttosto nel dare nuovo entusiasmo e nuove motivazioni per affondare i problemi vecchi e nuovi a chi nella scuola opera con impegno e perseveranza, e allora si cominci con l’abolizione di tutti i tagli operati in passato.