Come i mezzi d'informazione hanno già ampiamente riferito, la deputata Monica Duca Widmer ha presentato lunedì alla Commissione scolastica del Gran Consiglio un controprogetto all'iniziativa per il sussidiamento delle scuole private.
Esso consiste nel sussidiare gli allievi delle stesse limitatamente alla fascia dell'obbligo, lasciando al Consiglio di Stato di stabilire l'ammontare del contributo.L'idea di una proposta di questo tipo circolava da tempo e non rappresenta quindi, di per sé, una sorpresa. Sorprendono semmai tre altri aspetti della "novità". Il primo è che a presentarla sia stata proprio una deputata che finora era stata fra le più ferventi vessillifere dell'iniziativa privatista. Il secondo è che essa è giunta solo all'ultimissimo momento, proprio mentre la Commissione avrebbe dovuto firmare i due rapporti elaborati dai relatori Claudio Bordogna (contrario) e Giorgio Salvadé (favorevole). La terza singolarità sta infine nel fatto che a sostenere il controprogetto - e quindi il rinvio della trattazione del tema da parte del Parlamento - sono stati proprio gli stessi commissari che nella seduta precedente avevano fatto fuoco e fiamme affinché la discussione si concludesse in tempi brevi, sostenendo che era tempo e ora di lasciar decidere al popolo. Ora - asserendo che non è più tempo di battaglie ideologiche - essi tentano invece di "liquidare" il tutto a livello parlamentare, sottraendo così la decisione ai cittadini.
Non è ancora chiaro se il controprogetto ha o no la "benedizione" degli iniziativisti ufficiali. Ma il fatto che la proposta provenga dai loro ambienti mette in evidenza un elemento nuovo, e cioè che i privatizzatori" (o almeno parte di essi) si sono probabilmente convinti che l'idea di finanziare istituzioni private con soldi pubblici ha meno possibilità di riuscita di quanto essi ritenessero in un primo tempo.
Da qui la tattica di presentarsi in veste di agnello, cercando di apparire quali fautori di una "terza via moderata" contrapposta agli "storici steccati", tenuti in vita, a loro dire, unicamente da quei cocciuti di "statalisti".A prima vista l'idea potrebbe sembrare ragionevole, ma in realtà è solo un abile tentativo di raggiungere, per altra via, il ben noto obiettivo degli iniziativisti. A renderla palesemente poco credibile è innanzitutto il sostegno incondizionato che i suoi promotori hanno dato finora all'iniziativa citata, e secondariamente il fatto che il controprogetto, almeno nei suoi principi ispiratori, vi si discosta ben poco. Chiedendo il finanziamento delle scuole private della fascia dell'obbligo, esso colpisce infatti proprio il cuore della scuola pubblica, il pilastro suo più importante: quello che assolve la funzione essenziale di favorire l'integrazione di tutti gli allievi, indipendentemente dalla loro provenienza o dalla loro estrazione sociale. E' peraltro evidente che la limitazione alla fascia indicata non durerebbe a lungo. Una volta ammesso il principio che chi sceglie una scuola privata ha diritto a farsi finanziare questa sua scelta personale con i soldi di tutti, non si potrà infatti evitare di sussidiare anche le scuole superiori (normalmente più onerose) perché, come dicono i tedeschi, «Wer A sagt, muss auch B sagen»!
Non meno ingannevole è poi il "freno a mano" (così l'ha definito l'autrice della proposta) consistente nel lasciare al Consiglio di Stato la possibilità di aumentare o diminuire l'ammontare del sussidio stabilito. E' infatti evidente che - in realtà - qualunque modifica potrebbe avvenire unicamente "all'insù", poiché in caso contrario scatenerebbe critiche, polemiche e recriminazioni a non finire. In definitiva, il controprogetto è quindi null'altro che un tentativo per scardinare "con le buone" il primato della scuola pubblica. Bene ha fatto peraltro l'Associazione omonima a ribadire che, nel caso in cui il Parlamento dovesse malauguratamente scegliere questa strada, promuoverà immediatamente il referendum.
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