La campagna sul finanziamento alle famiglie i cui figli frequentano una scuola privata è di quelle sentite: ragioni e passioni si sono scontrate e si scontrano anche duramente. Nulla di male. Anzi: anche di questo vive la nostra democrazia.
Ma se dagli argomenti si passa all'inganno non ci stiamo più. L'inganno è quello di chi in questi giorni ha tappezzato i muri del Cantone con l'immagine di Stefano Franscini abbinata allo slogan 'meglio poter scegliere' per sostenere proprio la causa delle scuole private (vedi pagina 4). E creare nuovamente confusione attorno al voto. Nuovamente certo, dopo la scelta di denominare in modo fuorviante l'iniziativa 'per un'effettiva libertà di scelta della scuola'. Perché tale libertà da noi, lo ricordiamo, già esiste dal 1835!
Un affronto bello e buono per chi conosce la storia del nostro Ticino e sa cosa il Cantone deve proprio al Franscini in fatto di pubblica istruzione. Perché non c'è personaggio del passato ticinese che sia più lontano dai propositi privatistici difesi dall'iniziativa e dal controprogetto quanto lo statista leventinese.
Proprio lui, il padre della nostra scuola pubblica, usato quale specchietto per allodole secondo una smaliziata ricetta di marketing. Barare perché? Segno forse che i favorevoli al finanziamento pubblico non si sentono troppo sicuri.
Proprio lui, che si è tenacemente battuto contro l'istruzione appannaggio della chiesa portando il Ticino verso la modernità.
Proprio lui, che oggi non esiterebbe a battersi in favore della scuola pubblica mosso dagli stessi alti ideali che lo animarono per democratizzare l'educazione e toglierla da seminari e oratori. Ideali che non sono quelli della libertà di fare una scuola a parte, a propria immagine e somiglianza.
Proprio lui, che ebbe a dire nel 1837: "Io mi nutro della dolce speranza che potrò fare qualche cosa di buono e di efficace per la pubblica educazione di questo popolo che finora non ha mai avuto nessuno che volesse o sapesse giovargli in questa così importantissima materia".
L'icona rubata: un motivo in più per respingere massicciamente al mittente le due proposte in votazione. E dare a Cesare quel che gli spetta.
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