Lo scorso 17 marzo il Gran Consiglio ha votato l’integrazione dell’Alta scuola pedagogica (Asp) nella Scuola universitaria professionale (Supsi). E’ possibile che la maggioranza dei promotori di questo trasferimento non si sia resa conto di cosa stava facendo. Si è sbattuta qua e là una delle istituzioni più preziose del cantone, come foglia secca in balia del vento ideologico del meno Stato i cui effetti si spiegano oggi con la grave crisi che stiamo attraversando. Purtroppo noi, ritardati, ci accorgiamo che i buoi sono scomparsi quando sono lontani chilometri dalla stalla.
La Magistrale, che ha determinato per quasi un secolo il prestigio culturale di Locarno, con argomenti e pretesti che coprono l’incapacità di fare, è stata buttata sul mucchio di formazioni professionali che la Supsi ha dentro. Si equipara così il docente, ad uno qualsiasi che lavora. I cittadini del cantone, nel mese di febbraio del 2001, a gran voce, hanno confermato il principio della supremazia della scuola pubblica su quella privata. A maggior ragione anche la formazione dei docenti doveva rimanere compito diretto dello Stato, quindi non trasferibile a chicchessia con un discutibile mandato di prestazione. Ignorando i contenuti del dibattito d’allora si scrisse che il travaso dell’Aspnella Supsi è fatto nell’ambito della revisione dei compiti dello Stato.
Per coloro che ancora credono in un governo affidabile, questa è una presa in giro berlusconiana e un paradosso: lo Stato e i suoi gestori si dichiarano incapaci allo scopo di dimostrare loro stessi quanto di vero c’è nell’assunto dell’inattendibilità dell’istituto statale. Per nostra fortuna, nell’eterna diatriba sull’efficienza del pubblico e del privato, ogni tanto capita un caso Ubs che rimette le cose nel reale percepibile e dimostra che l’uomo e la donna, siano essi banchieri o bancari, ministri o statali, sono loro che determinano la qualità dell’istituzione e del servizio e non uno Stato o una banca astratte. Fra pubblico e privato c’è tuttavia una differenza che anche i non credenti percepiscono se s’immaginano la tensione intellettuale e spirituale che determina il sacro. Per secoli lo Stato, in particolare la scuola, furono legati al religioso.
Questa simbiosi venne meno e fu frantumata proprio quando la tensione del sacro nella missione dell’insegnamento si affievolì così tanto che il laico dovette sottrarre all’ecclesiastico l’educazione e la trasmissione del sapere. Integrata nella Supsi il cui assetto ricalca gli schemi della gestione d’imprese private, l’Asp è stata sottratta dal controllo del parlamento e sottoposta ad un consiglio d’amministrazione che mai, per composizione e carattere, sarà in grado di sostituire un organo di sorveglianza come il Gran consiglio. Ciò non toglie che in futuro nella Supsi si continuerà, come sinora, a nominare i direttori e i professori seguendo lo sfizio di certi notabili che antepongono la lottizzazione partitica all’interesse della scuola. Così le regole di regime sono rispettate e tutti tacciono.