LA SOCIALITÀ CHE EDUCA E PROTEGGE
Pepita Vera Conforti, Corriere del Ticino, 26 settembre 2014La mia generazione di donne, nata negli anni ’60, non ha vissuto in prima persona le lotte femministe di emancipazione, ma ne ha potuto godere alcuni frutti riconoscendo (anche se non sempre) all’intensa stagione di lotte la conquista di ampi spazi di autonomia e libertà ottenuti.
Non era ancora scontato che per noi ragazze la via degli studi fosse preferibile all’attesa del principe azzurro, ma in molte si faceva strada l’idea di godere di maggiore libertà rispetto alle nostre madri e, in questo passaggio, molte madri ci hanno sostenute.
Poi siamo diventate adulte, ci siamo sistemate, alcune di noi sposate, con qualche figlio e/o figlia e l’autonomia e la fatica del lavoro (anche se ancora all’inizio degli anni ’80 alcune professioni non impiegavano donne sposate). Per le donne erano pochi gli ambiti che permettevano di conciliare i ritmi della famiglia con il lavoro: uno dei più appetibili era il mondo della scuola e l’impiego pubblico che iniziava a introdurre il tempo parziale. Per chi non aveva queste possibilità si trattava di trovare altre soluzioni confidando sulla disponibilità della famiglia (in generale la mamma) o pagando una persona che si occupasse dei figli. Molte hanno scelto di rinunciare a lavorare (quando era economicamente possibile) per dedicarsi completamente alla famiglia, con l’idea di rientrare in un secondo tempo nel mondo del lavoro, anche se quest’opzione diventa sempre più difficile.
Per chi necessitava di lavorare perché il salario famigliare o il divorzio lo imponeva, c’erano le soluzioni di tipo sociale ovvero rivolgersi alle poche strutture pubbliche esistenti (asili nido, quelle poche sezioni di scuola dell’infanzia a orario prolungato).
Non mancavano i bambini con la chiave al collo, ma non per questo necessariamente abbandonati.
Per molte di noi lavorare (anche poco) non significava diventare più ricche, ma più libere.
Oggi sempre più l’opzione del lavoro per le donne è una necessità, sia per garantire il benessere famigliare, sia per far fronte agli imprevisti del proprio futuro, ma anche per realizzare la professione dei propri sogni. Non si può però pensare che il patchwork di soluzioni del passato possa rispondere a una più importante integrazione femminile nel mondo del lavoro. Non si tratta più di pensare ai figli e alle figlie delle madri lavoratrici come a «casi sociali» da tutelare, ma occasioni per bambini e bambine di crescere in un contesto educativo protetto grazie a una politica sociale che capace di valorizzare il contributo professionale delle donne, sempre più studiose e preparate, e a scelte più paritarie nella gestione della famiglia da parte delle giovani generazioni.
L’iniziativa «Aiutiamo le scuole comunali. Per il futuro dei nostri ragazzi» risponde a un bisogno e a un cambiamento nel rapporto con la formazione in atto nelle famiglie e nella società.
UN TEMPO PER TUTTE LE COSE
Pepita Vera Conforti, laRegione, 25 settembre 2014La votazione sull’iniziativa “Aiutiamo le scuole comunali. Per il futuro dei nostri ragazzi” mette in campo molte misure, di cui due principali: la prima per garantire condizioni migliori per l’individualizzazione dell’insegnamento, la seconda relativa all’implementazione generalizzata di mense e doposcuola. Sono convinta che la diminuzione di allievi non porti automaticamente al miglioramento della qualità dell’insegnamento, ma ne costituisce una premessa indispensabile, assieme ad altre misure (e in questo senso è in dirittura di arrivo anche la revisione della Legge sull’aggiornamento per i docenti), ma è questa una proposta che non intendo qui approfondire. In questi anni di presidenza della Commissione consultiva per le pari opportunità tra i sessi ho avuto spesso modo di confrontarmi con studi e ricerche che sottolineavano l’importanza di promuovere politiche familiari, attivando tutte quelle misure che migliorassero la conciliazione tra famiglia e lavoro, al ?ne di migliorare la condizione delle donne nel nostro Paese, ma anche il benessere economico di tutti. Tutte le misure pubbliche e private che favoriscono la conciliazione tra famiglia e lavoro sono benvenute perché creano le condizioni per garantire autonomia economica alle famiglie, e a ognuno dei genitori, e nel contempo assicurano qualità di presa a carico dei bambini e delle bambine. Introdurre doposcuola e mense generalizzate non significa imporre un modello di famiglia, dove entrambi i genitori lavorano incessantemente, ma rispondere piuttosto alle molte esigenze di oggi e alle diverse aspirazioni degli individui, siano essi uomini o donne. Vogliamo continuare a fare ?gli, ma non possiamo immaginare che l’unico modello per garantire la loro cura sia quello di occuparcene 24 ore al giorno e 7 giorni su 7. È un modello che ha funzionato solo negli anni ‘50 - ‘80, e solo per le famiglie benestanti, ovvero quando alla maggior parte delle donne si prospettava il matrimonio e la cura dei ?gli quale unica forma di realizzazione, mentre il lavoro tutt’al più poteva rappresentare un’entrata finanziaria accessoria (anche se per molte famiglie indispensabile). Oggi le donne si formano, desiderano realizzarsi anche nel mondo del lavoro, partecipare al benessere della famiglia, essere buone madri condividendo con i padri la cura dei ?gli, avere relazioni soddisfacenti, avere tempo e tranquillità per tutte queste cose. L’iniziativa risponde a questa domanda, per questo la sostengo convinta.
CONSTATAZIONI DI QUESTI ANNI
Loredana Schlegel, laRegione, 24 settembre 2014Quando eravamo giovani… un’espressione che si sente sovente uscire dalle labbra di chi giovane non lo è più (e generalmente da parecchio), a volte detta con rimpianto, a volte con invidia, ma spesso semplicemente come constatazione… ed è proprio in quest’ultima accezione che intendo usarla.
Quando io ero giovane per buona parte delle donne il matrimonio, o al più tardi il momento della nascita di un figlio, significava la fine del lavoro salariato. Chi invece, come me, continuava a lavorare fuori casa, per l’accudimento dei figli poteva generalmente contare sull’aiuto delle madri, delle zie o di qualche amica… ben poche erano le donne che dovevano rivolgersi a enti esterni.
Negli ultimi decenni anche il Ticino è cambiato parecchio: oggi sono molte, moltissime le famiglie in cui ambedue i genitori svolgono un’attività professionale, ci sono casi in cui si tratta di una scelta mentre in altre situazioni la decisione è condizionata dalla necessità. Parecchi genitori lavorano a tempo parziale, altri – per amore o per forza – a tempo pieno, ma quanti di questi genitori possono avvalersi di un aiuto nella cura dei figli? Quanti possono organizzarsi tornando a casa per tempo per mangiare con i propri figli? E quanti possono adeguare i propri orari di lavoro agli orari scolastici dei piccoli?
Purtroppo anche lavorando a tempo parziale ben pochi possono decidere gli orari di presenza sul posto di lavoro per adattarli alle proprie esigenze. Di conseguenza mense e doposcuola (rispettivamente scuola dell’infanzia a orario prolungato) sono ormai indispensabili per molte famiglie e, in particolare per le mamme, in quanto sono in prevalenza ancora le donne che si devono occupare della cura dei bimbi.
Ecco perché noi donne sosteniamo l’iniziativa “Aiutiamo le scuole comunali. Per il futuro dei nostri ragazzi”.
AIUTIAMO LE SCUOLE: GIUSTA INIZIATIVA
Tatiana Lurati Grassi, Corriere del Ticino, 24 settembre 2014Sono favorevole all’iniziativa aiutiamo le nostre scuole. Molti di coloro che si sono schierati per il no all’iniziativa paventano il pericolo di un eccessivo costo conseguente alla sua applicazione. Non entro nel merito delle cifre. È data volontariamente una connotazione negativa. Da parte mia considero, al contrario, questi costi aggiuntivi come un investimento per i nostri bambini e per il loro futuro. In particolare per chi già da piccolo denota qualche fragilità e necessita di tutte le attenzioni possibili, della famiglia certamente e prioritariamente, ma anche della scuola.
Il lavoro che si fa con i bambini in età prescolastica e durante le scuole elementari è essenziale per lo sviluppo e per dotarli di tutti gli strumenti possibili e necessari per affrontare il prosieguo dei successivi anni di scuola e poi di studio o di pprendimento di una professione. Lo studio americano STAR ha dimostrato in modo chiaro che un numero ridotto di allievi per classe, a parità di tutto il resto (organizzazione, materiale didattico), è un fattore decisivo di riuscita scolastica. Perché da noi non dovrebbe essere la stessa cosa e dare gli stessi risultati positivi? La popolazione scolastica nel corso degli anni è radicalmente cambiata, così come le famiglie e i loro bisogni. Si parla spesso in Ticino di formazione e della necessità di avere giovani il più preparati possibile per affrontare il mondo del lavoro. Non possiamo pensare di investire soltanto nell’università o nelle scuole superiori. Il primo concreto aiuto va dato a partire dai primi anni di scuola.
Ragazzi più preparati e scolasticamente più solidi riscontreranno in futuro minori difficoltà. Anche perché gli insuccessi scolastici futuri o le problematicità di alcuni ragazzi in età adolescenziale o la difficoltà a seguire una formazione professionale creano, seppure involontariamente, costi per la società. I soldi investiti nella scuola vanno quindi a favore dei bambini, ma di riflesso di tutta la società ticinese. Ben venga quindi questa riforma. Dà risposte concrete ai bisogni delle famiglie ticinesi, investendo in Ticino.
SCUOLE COMUNALI: LA QUALITÀ NON PUÒ PRESCINDERE DALLA QUANTITÀ!
Gianluca D'Ettorre, Giornale del Popolo, 24 settembre 2014C’è chi sostiene che può essere più facile lavorare in sezioni con 25 allievi rispetto ad altre di 18 allievi, nessuno lo mette in dubbio, come si può vivere meglio con 4'000 franchi al mese rispetto a 5'000, dipende dalla qualità della vita. Ma sfido chiunque a dimostrare che, quando si smette di riferirsi ai singoli casi per discutere di condizioni generali di apprendimento, ragionando su migliaia di allievi all’anno, lavorare con gruppi quantitativamente più piccoli di 1/5 non migliori anche la qualità dell’apprendimento.
Altri affermano di preferire una scuola che offra cultura e conoscenza, come se permettere agli allievi che ne avessero bisogno di frequentare una mensa o un doposcuola impedisse loro di studiare con profitto. E’ vero anzi il contrario: i doposcuola e le mense alleggeriscono la pressione sulla scuola e consentono ai docenti di recuperare il loro compito primario, ovvero dedicarsi alla preparazione di lezioni mirate e calibrate, potendosi concentrare sul lavoro in aula. A maggior ragione oggi, davanti a classi più eterogenee e a richieste sempre più esigenti.
Qualcuno afferma inoltre che il problema non sussiste, in quanto altrove in Svizzera la media di allievi per classe è inferiore, il che, se è vero per le Scuole Elementari, non lo è invece per le Scuole dell’Infanzia, omettendo inoltre di considerare l’alta percentuale di allievi alloglotti in Ticino e il tasso di integrazione di scolari altrove agevolmente indirizzati nelle Scuole Speciali. Il paravento del docente di appoggio facoltativo non migliora la situazione dal momento che all’occorrenza i comuni possono impiegarlo già oggi, piuttosto la misura acuisce l’impatto dello stato delle finanze sull’insegnamento, per cui i Comuni con i conti in ordine potrebbero ricorrere al docente supplementare, gli altri no.
La stessa economia si gioverebbe dell’iniziativa, non a caso il 12 settembre scorso il Consiglio nazionale ha stanziato un credito di 120 milioni di franchi destinato a finanziare doposcuola e strutture di accoglienza di bambini in età scolare e prescolare fino al 2019. Si rileva tra l’altro che il progetto è stato sostenuto da tutti i partiti eccetto l’UDC, allo scopo di sostenere in particolare le madri che intendono rimanere nel mondo del lavoro. Ricordiamo che in Ticino il tasso di occupazione delle donne con figli è del 20% inferiore rispetto a quello degli uomini con figli e che le donne residenti nel Cantone che abbandonano il lavoro per occuparsi dei figli possono essere facilmente sostituite da frontalieri: basti pensare al settore della sanità, delle cure a domicilio, della vendita.
L’iniziativa “Aiutiamo le scuole comunali” ha un costo sostenibile: un aumento annuo delle spese dello 0,1% per il Cantone sull’arco di 5 anni e dello 0,2% per i Comuni è un investimento utile e necessario per disporre di giovani ben formati e per mantenere un numero maggiore di donne nel mondo del lavoro. Due obiettivi che, se raggiunti, creeranno ricchezza al Cantone e non costi. Sosteniamo quindi l’iniziativa con convinzione.
LA SCUOLA VA SEMPRE SOSTENUTA
Aurelio Crivelli, Corriere del Ticino, 24 settembre 2014A proposito dell’iniziativa “Aiutiamo le scuole comunali”, si sono lette molte opinioni contrarie del tipo: “… certo che la scuola va sostenuta, ma si è già fatto molto e adesso basta”; oppure: “… è giusto sostenere la scuola, ma l’iniziativa prevede alcune misure poco chiare o misure che già sono state introdotte”; o ancora: “… nella scuola ci sono altri problemi più importanti”. Argomenti questi che sanno di “arrampicata sui vetri” e che in realtà hanno l’effetto di indebolire l’immagine della nostra scuola.
È vero: forse l’iniziativa non è sempre chiara e alcune misure sono stata già intraprese; non dimentichiamo che è stata depositata nel 2009 e bisogna riconoscerle il pregio di aver aperto un sano dibattito su un tipo di scuola (infanzia ed elementari) che era stato un po’ dimenticato e ha avuto l’effetto di promuovere vari miglioramenti.
La nostra scuola ha bisogno di un costante sostegno popolare. Votare sì all’iniziativa significa sostenere la politica di miglioramento intrapresa dal DECS e dal suo direttore Bertoli.
Significa sostenere l’idea che gli investimenti nell’educazione sono scelte prioritarie, anche in momenti di crisi. Significa sostenere tutte le maestre e tutti i maestri delle scuole comunali (e non solo loro) che si impegnano per favorire l’apprendimento dei nostri ragazzi. Numerose ricerche internazionali mostrano che il numero di allievi ridotto produce, in classe, effetti positivi soprattutto per gli allievi deboli e favorisce anche gli scambi sociali nel gruppo. Inoltre è garanzia di migliori condizioni di lavoro per i docenti che, in questi anni, vengono chiamati a compiti onerosi che non si limitano all’insegnamento. Questo è un riconoscimento dovuto che avrà conseguenze solo positive per i nostri allievi e per i loro genitori.
Significa sostenere l’idea che è un bene che convivano assieme allievi dotati e allievi con difficoltà che devono continuare ad avere pari opportunità di apprendere grazie ad adeguati interventi di sostegno.
Significa riconoscere che la scuola è un’istituzione fondante della nostra società: la scuola dell’obbligo accoglie tutti i ragazzi di ogni provenienza sociale e quindi diventa luogo privilegiato per dare spazio a quei servizi (mense, doposcuola, …) che si rendono sempre più necessari per affiancare l’impegno educativo famiglie.
Quindi anche se alcuni aspetti dell’iniziativa possono essere discutibili, non è discutibile il necessario sostegno che meritano le nostre scuole comunali. Quindi votiamo sì.
LA SVOLTA?
Adriano Merlini, VERIFICHE, settembre 2014In Svizzera la metà più povera della popolazionedetiene circa l’1% della sostanza e incassa attorno al20% del totale dei redditi. Queste cifre dovrebbero scioccare, soprattutto sapendo che la fascia di poveri è in costante crescita, mentre da più parti si attaccano le fondamenta dello Stato sociale. Ma ciò che più mi interessa ora è che la grande differenza nella sperequazione della distribuzione dei due indicatori è presto spiegata: il reddito è fortemente correlato alla formazione, la ricchezza ai regimi ereditari. Se a questo aggiungiamo che, nonostante l’enorme creazione di ricchezza di questo periodo, la forbice tra ricchi e poveri non cessa di aprirsi, è facile capire come siafondamentale battersi per una formazione pubblica di qualità al passo con i tempi. Che la ricchezza sia ereditaria si può anche accettare, che lo sia l’indigenza no.
Non faccio inutili giri di parole e, dato il pubblico selezionato e l’esaustivo editoriale di Francesco Cavalli su queste stesse colonne nel numero del mese di giugno, non mi dilungo.
L’iniziativa popolare “Aiutiamo le scuole comunali - Per il futuro dei nostri ragazzi”che voteremo il 28 settembre è un treno importante, di quelli che passano ogni 20 o 30 anni: rimanere sulla banchina sarebbe gravissimo. Non solo non si otterrebbero tutti i miglioramenti al sistema delle Scuole dell’Infanzia e delle Scuole Elementari in essa contemplati(diminuzione a 20 del numero massimo di allievi per classe e generalizzazione di mense e doposcuola in primis), ma significherebbe inviare un messaggio pericolosissimo al nostrano mondo politico: la formazione non richiede investimenti. Invece non è così, da troppo tempo si risparmia sulla scuola per potersi permettere di procrastinare ulteriormentel’adeguamento indispensabile delle risorse da destinarle. Analizzando i numerosi dati a disposizione si scopre che il Ticino è fanalino di coda a livello nazionale per la spesa dedicata alla formazione: di più, si scopre che la creazione del settore terziario cantonale, accademico e professionale, ha avuto luogo sottraendo investimenti alla scuola dell’obbligo e a quella secondaria. Ora, tutti siamo coscienti dell’importanza dei poli di eccellenza, ma dovrebbe pure essere chiaro a tutti che non è possibile moltiplicare le offerte senza aumentare i costi totali, pena, ovviamente, drastici tagli negli altri settori. Quindi, è il momento della svolta.
L’iniziativa chiede alla società di riconoscere il ruolo fondamentale dell’istruzione, individuando nei cervelli la vera materia prima del nostro piccolo cantone e chiede dunque di aumentare le risorse a sua disposizione per ottenere un miglioramento sensibile. Il costo totale, come noto, si aggira a qualche decimo di punto per le spese correnti cantonali e comunali e, solo per la fase di implementazione, a pochi punti per ciò che attiene agli investimenti. Poco? Direi di sì, siamo il Ticino e non il Burundi, ma si tratta comunque di milioni di franchi ed anche per questo l’iniziativa prevede una transizione dolce e dilazionabile su più anni. Eppure, per molti politici i soldi non ci sono. Anzi,dipingonocon catastrofismo una conseguenza dell’iniziativa, ossiala necessità di adeguare l’edilizia scolastica e di assumere un certo numero di docenti.Gli stessi, però, se si trattasse di un imprenditore privato che creasse decine di nuovi impieghi qualificati per i nostri giovani e stimolasse le imprese edili ed artigiane locali, così come i produttori e distributori di generi alimentari, sarebbero d’accordo per aiutarlo finanziariamente riconoscendogli il ruolo di stimolo economico. Non si tratta di un New Deal in salsa Merlot, ma riconosciamo il diritto allo Stato di dotarsi dei servizi e delle strutture necessari per soddisfare le reali necessità dei cittadini che li finanziano.
Infine, cari Colleghi, permettetemi un esplicito invito: muoviamoci uniti, non cediamo all’imperante “benaltrismo” e nemmeno all’esasperazione del concetto di neutralità politica dell’insegnante.Questa iniziativa è stata fatta da docenti, studenti e genitori di ogni appartenenza politica per la scuola e la società e la si può vincere solo con un forte, incondizionato e galoppante sostegnodi tutta la classe docente: dentro e fuori le mura delle sedi. La nostra immagine pubblica passa anche dalla nostra capacità di sostenere apertamente ciò che riteniamo necessario per svolgere al meglio la nostra professione. Buon inizio anno a tutti.
SCUOLA NON SI SCRIVE CON LA “Q”.
Roberto Martinotti, laRegione, 23 settembre 2014Mi si accappona la pelle quando leggo certi articoli dove l’unico argomento per affossare l’iniziativa “Aiutiamo le scuole comunali - per il futuro dei nostri ragazzi” è quello che è la sinistra che l’ha proposta. A parte il fatto che il Comitato d’iniziativa è in realtà formato da persone di tutti i partiti ed è sostenuto dalla Conferenza ticinese dei genitori, questo ostracismo non è un segno di apertura mentale e di lungimiranza!
Aiutare i nostri ragazzi vuol dire oltrepassare gli steccati politici, eliminare le barriere partitiche e cercare soluzioni intelligenti al di là del fatto che siano proposte dalla sinistra, dalla destra o dal centro.
Davanti al futuro delle nostre generazioni non possiamo e non dobbiamo farci irretire da strumentalizzazioni partitiche, ma dobbiamo capire quale siano le migliori soluzioni per tutti. L’iniziativa si fonda su una tesi pedagogica inconfutabile. Meno allievi per classe vuol dire avere più tempo per il docente di poter ascoltare gli eventuali disagi degli allievi, intervenire per tempo, limitare l’insorgenza di divari incolmabili. Un carico minore di allievi per classe permette al docente di trovare strategie e vie nuove per ascoltare attentamente gli allievi, riconoscerne i bisogni ed elaborare strategia di insegnamento appropriate e tempestive.
Alcuni contrari all’iniziativa “Aiutiamo le scuole comunali” pensano poi che la donna sia la regina del focolare come nelle fiabe dei fratelli Grimm. Ma la realtà in Ticino è un’altra. Lo sviluppo economico, il disagio di molte famiglie, l’aumento del costo della vita non permettono ad un solo genitore di far fronte ai bisogni del proprio nucleo familiare. Da qui la necessità incombente di dover lavorare per entrambi i genitori e di trovare nel contempo soluzioni adeguate per accudire e gestire i propri figli. L’iniziativa che si andrà a votare il 28 settembre darà un sostegno puntuale, tempestivo e duraturo nel tempo a tutte queste famiglie: mense e doposcuola accessibili a tutti. Si tratta di una soluzione che non ferisce nessuno, che non obbliga ma propone, che offre ma non pretende di sostituirsi alle famiglie. È la migliore soluzione per venire incontro ai nuclei familiari che necessitano di un aiuto nella gestione dei figli in caso di assenza di genitori impegnati nel lavoro e non per sfizio, come vorrebbero dare ad intendere taluni contrari all’iniziativa.
Aiutiamo le scuole comunali a migliorare la propria offerta formativa, aiutiamo i docenti ad istruire gli allievi, aiutiamo le famiglie a trovare giuste soluzioni ai bisogni pressanti in questo difficile momento economico.
Votiamo con un SI convinto, perché scuola non si scrive con la “Q”.
UNA SCUOLA MIGLIORE È UN BISOGNO
Enrico Borrelli, Corriere del Ticino, 23 settembre 2014Il benessere della società e il successo di un Paese sono legati a doppio filo all’esistenza di un sistema scolastico di qualità e che tenga conto delle esigenze di tutti i ragazzi, indipendentemente dalla loro estrazione sociale, dalla loro origine nazionale, dal contesto familiare in cui vivono, dal loro luogo di residenza, eccetera. Sul principio sono più o meno tutti d’accordo, ma quando si tratta di attuare delle misure concrete atte a perseguire questo traguardo di civiltà si compie spesso l’errore di considerarle come un costo e non come un investimento. Un errore che mia auguro non commettano le cittadine e i cittadini ticinesi chiamati il prossimo 28 settembre ad esprimersi sull’iniziativa popolare «Aiutiamo le scuole comunali». Un’iniziativa tanto semplice e finanziariamente sostenibile quanto efficace e lungimirante, che consentirebbe alla scuola dell’obbligo ticinese di compiere un salto di qualità e di adeguarsi alle mutate condizioni sociali ed economiche del paese. Come sindacalista mi preme sottolineare due aspetti centrali della proposta. Innanzitutto il previsto aiuto a tutti gli allievi in difficoltà attraverso misure quali il potenziamento del sostegno pedagogico, l’assunzione di docenti d’appoggio e di altro personale educativo per quei ragazzi che presentano problemi di carattere comportamentale e il potenziamento del corpo docenti d’italiano per gli alunni di lingua straniera. Misure particolarmente importanti per la fascia più fragile della popolazione scolastica, cioè per quelle bambine e quei bambini ai cui genitori mancano il tempo o gli strumenti per partecipare attivamente al loro percorso di apprendimento e di dare il necessario sostegno al di fuori dell’orario di scuola. Non tutti possono permettersi lezioni private! Ma l’iniziativa è anche uno strumento per consentire alle lavoratrici e ai lavoratori di conciliare al meglio l’attività professionale con la vita famigliare e affettiva. Il che è possibile solo se sull’intero territorio cantonale è presente una rete capillare di mense e di servizi dopo scuola, così come di scuole dell’infanzia con orario prolungato. Non si tratta di soddisfare dei capricci, ma di adeguare l’offerta scolastica alle mutate (perlopiù in peggio) condizioni del mercato del lavoro, agli orari irregolari e alla crescente flessibilità che viene imposta dai datori di lavoro ai salariati. E siccome non tutte la famiglie hanno in mezzi per far capo a terze persone che curino i figli, l’istituzione pubblica ha il dovere di offrire delle alternative al passo con la realtà odierna. In fondo si tratta solo di offrire pari opportunità di apprendimento a tutti i circa 25.000 bambini che frequentano le scuole comunali in Ticino (nei centri come nelle periferie e nelle valli), cioè di garantire un futuro solido al cantone e in un contesto di giustizia sociale. Il 28 settembre non posso dunque che votare sì all’iniziativa «Aiutiamo le scuole comunali».
240 NUOVI DOCENTI D’APPOGGIO E ZERO NUOVE MENSE?
Raoul Ghisletta, laRegione, 22 settembre 2014L’iniziativa “Aiutiamo le scuole comunali – Per il futuro dei nostri ragazzi” è chiaramente preferibile all’improvvisato controprogetto sul docente d’appoggio degli on. Steiger e Franscella, come pure alle vaghe promesse di completare le mense e i doposcuola che mancano in Ticino. Per innalzare il livello scolastico degli allievi l’iniziativa prevede come principio di base la riduzione progressiva del numero massimo degli allievi per classe sull’arco di 5 anni (da 25 a 20 allievi). Le ricerche internazionali (Star americana, Cspar inglese, Rtc francese) mostrano che classi con meno allievi ottengono migliori risultati in matematica e in lettura. Le taglie delle classi prese in considerazione dalle ricerche Usa e Gb sono nella forchetta 10-20 allievi proprio come quelle proposte dall’iniziativa. La ricerca Star dà punteggi inferiori anche alle classi di 22-25 allievi con docente d’appoggio: questo è quello che propone il controprogetto di Franscella e Steiger, che per l’esattezza si applica nelle monoclassi e nelle biclassi da 23 a 25 allievi. Notasi che le biclassi a seguito del progetto di Franscella e Steiger avranno ?no a 23 allievi, mentre oggi ne hanno al massimo 20. Il docente d’appoggio facoltativo del controprogetto costa 3,7 mio di franchi annui, poiché si applicherebbe secondo i due deputati solamente a 1/3 delle sezioni che ne avrebbero diritto, il che comporta comunque l’assunzione di un’ottantina di docenti a metà tempo a partire da settembre 2015, cosa che sarà difficilissima. Se invece, per parità di trattamento degli allievi, tutti i Municipi chiedessero il docente d’appoggio a partire da 23 allievi per classe il costo del controprogetto indiretto sarebbe di 11,1 mio di franchi annui (una spesa non lontana da quella dell’iniziativa per ridurre a 20 al massimo gli allievi per classe) e si dovrebbero assumere 240 docenti a metà tempo da settembre 2015! Dove li troviamo 240 docenti a metà tempo? Questi docenti peraltro sarebbero dei docenti precari, poiché interverrebbero solamente su chiamata del Municipio e finirebbero il rapporto di lavoro alla ?ne dell’anno scolastico. A parte la trovata del docente d’appoggio, meno efficace della riduzione degli allievi per classe e impossibile da realizzare su larga scala, Franscella e Steiger vanno ripetendo che occorre fare di più per la formazione dei docenti, per i programmi, per l’ambiente di scuola, come pure che occorre creare mense e doposcuola dove servono: in realtà sono solo promesse vane, perché nel loro controprogetto indiretto votato dal parlamento non vi è nulla di tutto ciò. Solamente l’iniziativa “Aiutiamo le scuole comunali” dà risposte concrete e non è un caso che sia sostenuta da numerose associazioni ed enti, tra cui la Conferenza cantonale dei genitori.
AIUTIAMO LA SCUOLA: SARÀ LA VOLTA BUONA?
Nicola Castelli, Corriere del Ticino, 17 settembre 2014Finalmente si vota! Anzi, finalmente si è riusciti a far votare, nonostante le molte manovre dilatorie messe in atto negli anni scorsi, volte a procrastinare, svalutare, annacquare e travisare i contenuti dell’iniziativa popolare «Aiutiamo le scuole comunali. Per il futuro dei nostri ragazzi», a cinque anni dalla sua riuscita con la consegna delle 10’000 firme raccolte. Le maggiori critiche all’iniziativa riguardano l’aumento dei costi, ma i contrari si guardano bene dal far notare che ancora oggi la spesa per le scuole comunali è insufficiente.
Siamo agli ultimi posti nei confronti intercantonali, esattamente come la situazione di 30 anni fa. Comunque, fare economie sulla scuola equivale a tirarsi la fatidica zappa sui piedi; sarebbe ora finalmente di considerare i soldi spesi nella scuola come un investimento per il futuro e non come una spesa a fondo perso (…). Uno dei punti forti dell’iniziativa riguarda la riduzione del numero di allievi per sezione, misura che indubbiamente favorisce le necessarie strategie d’insegnamento differenziato, attivo e partecipativo adeguate ai tempi e alle nostre dimensioni socioculturali odierne. Già negli ultimi decenni del secolo scorso, sono state intraprese diverse azioni per migliorare le scuole comunali ma sempre senza successo.
Una specifica ricerca, effettuata sul campo circa 25 anni fa da un gruppo di lavoro di cui facevo parte, nella quale erano state interpellate direttamente tutte le componenti della scuola (allievi, docenti e genitori), era giunta alla conclusione che una diminuzione degli effettivi per sezione avrebbe aumentato la qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento. Avevamo anche quantificato i maggiori costi e per tutta risposta alcuni «esperti» (che non avevano mai insegnato nelle scuole comunali) si sono arrampicati sui vetri, concludendo che la qualità della scuola la faceva il docente. Incredibile! Una simile lapalissiana affermazione fatta a quel tempo da alti responsabili del Dipartimento contribuiva solo a far cadere ulteriormente le braccia a chi conosceva realmente la problematica sulla propria pelle.
È ovvio che un buon maestro avrà sicuramente la possibilità di aggiungere plusvalore positivo in situazioni d’insegnamento/apprendimento, ma lo stesso buon maestro potrà seguire meglio i suoi allievi in una classe di 25 o in una di 15? L’ardua sentenza la lascio a chi è privo di pregiudizi (…).
Una petizione lanciata nel 1995 dall’Associazione gruppi genitori Ticino, e sottoscritta anche dai coordinamenti dei docenti di scuola dell’infanzia, scuola elementare e di educazione fisica, che affrontava già questi temi, aveva raccolto più di diecimila firme ed è rimasta completamente ignorata. Vent’anni dopo sarà finalmente la volta buona?
LA SCUOLA, IL CUORE E LA RAGIONE
Katya Cometta, Corriere del Ticino, 16 settembre 2014L’iniziativa «Aiutiamo le scuole comunali» in votazione il 28 settembre ha finora avuto il grande pregio di aprire il dibattito attorno alle scuole dell’infanzia e comunali. Un dibattito a volte fatto di dialoghi fra sordi che han deciso di non volersi capire, ma pur sempre dialogo è. L’iniziativa – che non è targata VPOD e quindi espressione della sola sinistra, ma sostenuta tra gli altri da OCST docenti, Associazione per la scuola pubblica, Conferenza cantonale dei genitori – pone l’accento sulla necessità di adeguare l’offerta scolastica comunale alle mutatissime condizioni quadro del Ticino. Fra le misure che più suscitano discussioni dai risvolti curiosi vi sono la diminuzione ad un massimo di venti del numero di allievi per classe e l’organizzazione dell’offerta di servizi parascolastici (mense e doposcuola). Misure che, certo, hanno un costo, ma un costo più che sopportabile, considerati gli effetti benefici: lo 0,58% della spesa complessiva del Cantone e l’1,2% di quella dei Comuni, ma con un avvicinamento graduale, sull’arco di cinque anni. Sbaglia, sapendo di sbagliare o ignorando i contenuti degli studi scientifici internazionali, chi afferma che la diminuzione del numero di allievi non favorisca un migliore apprendimento, così come sbaglia chi afferma che si vuole obbligare l’ente pubblico a mettere in piedi una strabiliante ed inutile rete di mense, aule, pre e doposcuola anche laddove non ve ne sia bisogno: così non è, il testo della proposta è chiaro e non interpretabile a dipendenza delle tesi che si vogliono negare. Questa è un’iniziativa fatta di buonsenso, pensata per migliorare la crescita scolastica dei nostri bambini e per favorire la conciliazione degli obblighi lavorativi con le scelte familiari. Si può non essere d’accordo, preferendo lo status quo, facendo emergere una sorta di lotta fra cuore e ragione, fra il sapere quel che è bene e il non volerlo per motivi indipendenti dai contenuti delle misure proposte. Negare, però, l’evidenza della bontà delle soluzioni è un errore che mi spiace moltissimo sia scientemente fatto per avversare l’iniziativa, pensata per i bambini, le famiglie, per la crescita della scuola comunale.
AIUTIAMO LA SCUOLA, AIUTIAMO I BAMBINI
Maria Grazia Talarico Galimberti, Corriere del Ticino, 17 settembre 2014Mi piace pensare a una scuola che continui ad essere un luogo di resistenza: all’omologazione, alla concezione mercantile delle conoscenze, ai tempi a volte innaturali dell’attuale vita quotidiana. Un contesto formativo dove ogni individuo in fase di crescita possa apprendere secondo i propri ritmi, che non sempre coincidono con quelli dell’altro, in modo che, una volta adulto, sappia scegliere e inserirsi, nel limite del possibile armoniosamente, nell’attuale realtà sociale con le competenze e soprattutto con la sicurezza interiore adatte ad abitare un mondo in rapido mutamento e sempre più competitivo. La scuola, in particolare quella dell’infanzia ed elementare, ha avuto finora, e spero avrà anche in futuro, un ruolo fondamentale soprattutto in termini di attenzione alla persona. In un contesto storico e sociale articolato quale quello odierno, dove si chiede alla scuola di rispondere a esigenze sempre più pressanti, è impellente la necessità di offrire un insegnamento differenziato, attuato in classi con un numero ridotto di alunni/e (l’iniziativa popolare «Aiutiamo le scuole comunali – per il futuro dei nostri ragazzi» fissa un tetto massimo di venti allievi/e per classe, scelta supportata da ricerche scientifiche internazionali), in modo da cogliere e sviluppare le potenzialità di ognuno e dare a tutti le stesse opportunità.
Mi piace pure immaginare una scuola che sappia adattarsi anche al mutamento delle famiglie e che, tramite la generalizzazione dell’offerta di servizi extrascolastici (mense, doposcuola, orari prolungati) si configuri come un aiuto concreto a chi ogni giorno, per necessità o per scelta, è costretto a rocambolesche imprese per conciliare lavoro e famiglia. E qui penso soprattutto a coloro, in particolare alle donne, alle mamme, che difficilmente oggi riescono ad adeguare i tempi del lavoro con quelli dei loro figli. A chi dice «costa troppo», rispondo che la scuola è sì un costo, ma è anche un investimento che garantisce il futuro dell’intera società. Dopo anni di tagli alla spesa per l’educazione, è fondamentale riprendere ad investire in questo settore, anche in considerazione del fatto che, secondo le statistiche, nel Ticino la somma destinata alla scuola è inferiore rispetto a quella di altri Cantoni. Ecco in sintesi i motivi che il 28 settembre mi faranno votare a favore dell’iniziativa. Infine mi piace sognare che chi voterà assieme a me terrà presente che la scuola deve poter continuare a contare sull’aiuto di tutta la collettività perché, come dice un proverbio africano, «per far crescere un bambino ci vuole un intero villaggio».
MA LA SCUOLA NON È UN COSTO
Linda Cortesi, Corriere del Ticino, 15 settembre 2014In un mondo in crisi la speranza è affidata ai giovani. Sembra questa la tendenza nella maggioranza dei Paesi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) che, secondo un rapporto pubblicato pochi giorni fa, nell’ultimo decennio ha aumentato considerevolmente le spese per la formazione. Non così in Svizzera, dove sono state ridotte del 14%. La Confederazione si piazza in fondo alla classifica per i costi riservati anche alla formazione prescolastica. Sono dati che fanno un certo effetto: com’è possibile che nel nostro Paese, che vuole distinguersi sulla ricerca scientifica e sull’innovazione economica, si perdano di vista proprio le fondamenta dell’istruzione? Sempre questo studio indica che si spende appena lo 0,2% del PIL contro una media dello 0,6% negli altri Paesi. Il Ticino è uno dei peggiori Cantoni nella spesa per l’educazione, agli ultimi posti nella classifica nazionale della spesa pro capite: nel 2007 spendeva 3’113 franchi per abitante, cifra scesa sotto i 2’900 franchi nel 2009, mentre la media nazionale era rispettivamente di 3’771 e 3’815 franchi. Anche nella spesa per allievo, con 13’600 franchi, il Ticino è al 24. posto su 26 Cantoni e semicantoni (19’200 franchi è la media nazionale nel 2007). Infine la percentuale del budget di Cantone e Comuni del Ticino per il settore dell’educazione è pure inferiore alla media intercantonale: 23,2% contro 26,8% (dato 2007).
La scure dei tagli può anche portare a un immediato beneficio per i bilanci nostrani, ma qui si sta giocando con il futuro dei nostri ragazzi. Dopo anni e anni di deplorevoli tagli sulla scuola il voto dei ticinesi sull’iniziativa «Aiutiamo le scuole comunali» è un’occasione storica per concretizzare le promesse di rafforzare la scuola dell’obbligo e per tornare ad investire nella formazione di base. Tornare a investire nella scuola significa avere lavoratori competitivi che non usufruiranno dell’assicurazione disoccupazione o peggio dell’assistenza. Avere asili nido, mense, dopo-scuola, scuole dell’infanzia a orario prolungato significa avere maggiori entrate per le famiglie e per i Comuni tramite le imposte, risparmiando al contempo su sussidi di cassa malati e assegni sociali. È qui che si fa il vero risparmio. Bisogna ripartire dalla scuola. Un primo passo in questa direzione si può fare votando a favore dell’iniziativa «Aiutiamo le scuole comunali»: non lasciamoci sfuggire questa opportunità.
PIÙ MENSE PER MENO DISPARITÀ
Veronica Galster, Area, 12 settembre 2014Una scuola pubblica di qualità, che offra servizi extrascolastici accessibili a tutti e in tutto il Cantone, per permettere ai genitori di conciliare lavoro e famiglia nell’interesse dell’intera società. Questo l’obiettivo dell’iniziativa popolare sulle scuole comunali, in votazione a fine settembre.
Il 28 settembre in Ticino si voterà anche sull’iniziativa popolare «Aiutiamo le scuole comunali – Per il futuro dei nostri ragazzi», che chiede di migliorare la qualità della scuola e potenziare la presenza di mense e doposcuola su tutto il territorio. Secondo i promotori, le misure proposte porterebbero dei benefici non solo al mondo della scuola, ma alla società ticinese nel suo insieme e all’economia, garantendo un’accoglienza extrascolastica dei ragazzi in tutte le regioni del Cantone. Le richieste dell’iniziativa quando è stata depositata erano molte, ma quelle su cui si voterà sono due, dato che nel frattempo le altre sono già state soddisfatte dal Governo: una diminuzione del numero massimo di allievi per classe e un potenziamento di mense, doposcuola e scuole dell’infanzia a orario prolungato.
Perché potenziare questi servizi? «È una richiesta che arriva innanzitutto dalle famiglie, che in molte regioni faticano a conciliare gli impegni lavorativi con l’accudimento dei figli», spiega Linda Cortesi, segretaria sindacale di Vpod, responsabile del settore scuola e università. Attualmente vi sono infatti grosse disparità regionali per quanto riguarda questi due servizi: si va ad esempio da una copertura del 100 per cento di mense in Vallemaggia al 20 per cento in Riviera, ma anche in zone statisticamente coperte al 77,4 per cento come Lugano, le sedi periferiche sono spesso penalizzate. «Mi è capitato di parlare con alcune mamme lavoratrici che hanno dovuto cambiare casa perché nella sede scolastica che avrebbero dovuto frequentare i figli non c’era la mensa e loro non potevano tornare a casa dal lavoro nella pausa di mezzogiorno», prosegue Cortesi. Lo stesso discorso vale per l’orario prolungato nelle scuole dell’infanzia (solamente il 20 per cento delle sedi lo offre, essenzialmente a Lugano) e per i doposcuola alle elementari (60 per cento delle sedi li offre), che ad esempio in Leventina sono totalmente assenti, ma non per assenza del bisogno.
Questa l’offerta di servizi extrascolastici in un Cantone in cui il 45 per cento delle coppie con figli vede attivi professionalmente entrambi i genitori e il 56,4 per cento dei genitori soli lavora. Come spiega Cortesi, «sempre più spesso le famiglie necessitano di un secondo salario, senza contare il numero crescente di famiglie monoparentali per le quali un servizio di questo tipo è essenziale. Statisticamente, più della metà di coloro che usufruiscono della mensa scolasticasono famiglie monoparentali». Conciliare lavoro e famiglia in una società che chiede orari di lavoro sempre più estesi, una flessibilità e una disponibilità sempre più grandi e non offre servizi extrascolastici e/o di accudimento, soprattutto per i bambini più piccoli (scuola dell’infanzia e scuola elementare), non è facile. Per molte mamme riprendere un’attività lucrativa, soprattutto in alcuni comuni, può addirittura risultare impossibile. L’iniziativa vuole quindi colmare questa lacuna e favorire la conciliazione tra lavoro e famiglia attraverso il potenziamento di tali servizi.
Se l’iniziativa popolare sarà approvata, i comuni beneficeranno di importanti investimenti cantonali per sgravare i propri bilanci. Secondo Carlo Zoppi, vicepresidente della sezione luganese del Ps, «non è vero che comuni e contribuenti pagheranno di più per le mense, come alcuni maldestramente cercano di farci credere. L’iniziativa prevede un’entrata in vigore delle misure secondo una tempistica ragionevole nei cinque anni successivi alla sua approvazione». Un lasso di tempo che dovrebbe permettere di organizzare con agio i cambiamenti previsti e attenuare l’impatto dell’aumento dei costi, con una crescita di circa 0,1 per cento annuo per il Cantone e 0,2 per cento per i comuni. Una spesa che secondo i promotori è sopportabile oltre che utile e giustificata. Il Ticino, infatti, è nettamente sotto alla media svizzera nelle spese per l’educazione, un settore importante per la società, come sottolinea ancora Zoppi: «Le scuole pubbliche sono necessarie per costruire e mantenere la qualità e la fiducia nel dibattito pubblico su cui si basa la nostra democrazia diretta. Un’importantissima missione sociale per attenuare la disuguaglianza sociale all’interno di un contratto generazionale, in cui una generazione più vecchia si deve impegnare ad investire nel benessere delle generazioni future».
Governo e Parlamento, nella loro posizione contraria all’iniziativa ritengono che non debba essere compito della scuola offrire questi servizi di accudimento extrascolastico. Linda Cortesi spiega invece che «la cosa più importante è che vengano creati questi servizi, perché le famiglie ne sentono sempre più il bisogno. Il gruppo che ha lavorato su questa legge era molto eterogeneo e composto da famiglie, genitori, docenti e allievi. Quello che è uscito dalle loro riflessioni è che una mensa pensata nella scuola porterebbe a soluzioni di maggior qualità sia per l’allievo che per le famiglie, lo stesso discorso vale per i doposcuola e l’orario prolungato nella scuola dell’infanzia: sarebbe più oneroso da vari punti di vista prevedere delle strutture esterne».
A FAVORE DELLE FAMIGLIE
Sonja Crivelli, laRegione, 11 settembre 2014Quando si parla di mense e doposcuola, succede ancora di sentire voci contrarie alla loro realizzazione. Vengono invocati gli aspetti finanziari ma anche il fatto che si tratta di una faccenda privata. E a giustificazione di questo, si evocano gli aiuti reciproci fra famiglie e soprattutto l’intervento dei nonni o di altre persone della famiglia. Questa rete di appoggio ai genitori ha un grande valore ma non vanno sottovalutati gli inconvenienti che possono sopraggiungere. Vi sono persino coloro che temono che mensa e doposcuola diventino una specie di posteggio per i figli di chi desidera frequentare palestre o altri luoghi di svago. Coloro che hanno ancora queste idee non sanno come sono rigorose le accettazioni di iscrizioni a questi servizi parascolastici e soprattutto hanno un’opinione piuttosto superata del ruolo della donna nella società di oggi. Non conoscono nemmeno le indicazioni chiare, previste dalla Legge, sulle competenze del personale educativo.
Ma la necessità di strutture che permettano di conciliare lavoro e famiglia è reale. Vi sono esempi dove la collettività, tramite le sue autorità politiche, si è fatta carico della realizzazione di mense e doposcuola, consapevole che questa offerta rappresenta un alto livello di politica a favore delle famiglie.
È quanto è successo in alcuni Comuni, anche piccoli, che hanno avuto l’accortezza di dare avvio a una sperimentazione con lo scopo di valutare se l’opportunità offerta sarebbe stata accolta favorevolmente.
E la risposta è stata immediata e superiore alle attese: il numero di utenti, dapprima ridotto, è andato aumentando, grazie anche all’apertura di una collaborazione con i Comuni vicini. Mensa, doposcuola come pure tutte le vacanze scolastiche non sono più una preoccupazione per le famiglie e l’istituzione è entrata a far parte del contesto, dando al territorio un’impronta di vitalità. Una scelta pagante, una politica familiare giusta che permette ai genitori di armonizzare gli impegni professionali con le necessità di cura. Una politica concreta, da realizzare in maniera indipendente o con i Comuni limitro?. Una politica che non cancella la rete di aiuti tra famiglie amiche e parenti ma che permette di integrarli, dando così più sicurezza a tutte e tutti. Una politica che non può essere considerata un affare personale ma un impegno della collettività e quindi un affare pubblico.
Ecco perché il 28 settembre è importante votare Sì all’iniziativa “Aiutiamo le scuole comunali”.
COSTO O INVESTIMENTO?
Davide Dosi, laRegione, 11 settembre 2014Nelle ultime settimane i media stanno dedicando ampio spazio all’iniziativa sulle scuole comunali, su cui saremo chiamati ad esprimerci il prossimo 28 settembre. Da più parti si obietta che i costi sarebbero troppo elevati e che, in un periodo di crisi come quello che stiamo attraversando, bisogna selezionare con cura i progetti da realizzare. Io parto dal presupposto che l’iniziativa, se approvata, non causerà costi, ma sarà né più né meno un investimento: la popolazione decide che i cittadini del nostro cantone meritano una scuola migliore e un sistema in grado di supportare le famiglie nella difficile gestione della loro quotidianità. Un gesto finalmente concreto: nessun trucco, nessun arzigogolo, nessun vacuo discorso attorno alla necessità di garantire un futuro migliore ai nostri giovani. Nulla di tutto ciò! Ma un progetto semplice, dai risvolti economici sostenibili, che vuole lanciare un messaggio chiaro: crediamo che sia giunto il momento di investire anche in un settore che negli ultimi anni troppo spesso è stato penalizzato; e a favore delle famiglie, di tutte le famiglie, anche quelle che non possono permettersi di ricorrere a terze persone o aiuti esterni. Nella nostra realtà, i servizi extrascolastici sono essenziali per permettere ai genitori di pianificare nel migliore dei modi la loro giornata e quella dei figli. Un aiuto per tutti, senza distinzione di sorta, perché così deve essere. Per questo motivo depositerò nell’urna un convintissimo sì: perché dopo tante parole al vento abbiamo finalmente la possibilità di investire nel futuro dei nostri giovani e del nostro cantone.
SCUOLA, LAVORO E SOCIETÀ
Martino Rossi, Corriere del Ticino, 11 settembre 2014Permettere ai genitori di affidare i figli alla scuola dell’infanzia ed elementare anche nell’ora del pranzo e fino alla conclusione della giornata lavorativa è uno dei punti forti dell’iniziativa popolare «Aiutiamo le scuole comunali».
Non si tratta di un obbligo, ma di un’opportunità offerta ai genitori che ne hanno bisogno per conciliare gli orari scolastici e quelli del lavoro fuori casa. Questi servizi sono presenti in modo diseguale in Ticino: ciò rappresenta una disparità di trattamento da superare. Il consenso dovrebbe essere pacifico, ma non è così.
Alcuni pensano ancora che le donne non debbano lavorare fuori casa. È una visione superata dai fatti: in Svizzera quasi 8 donne su 10 sono attive professionalmente, per lo più a tempo parziale. Ma neppure il tempo parziale permette sempre di conciliare gli orari di lavoro e quelli della scuola. Le soluzioni private (nonni per esempio) non sono sempre disponibili: la mobilità geografica allontana sovente genitori e nonni. Ci sono poi numerose famiglie con un solo genitore: per questi un’attività remunerata è vitale e per loro è ancora più difficile conciliare gli orari e trovare soluzioni private.
Ma vi è anche un interesse di tutti a permettere una quota elevata di persone attive, uomini e donne. Questo è dato da un fenomeno sovente evocato, ma sottovalutato: l’invecchiamento demografico, che comporta la riduzione importante del numero di attivi (che versano i contributi all’AVS) rispetto a quello dei pensionati (che ricevono le rendite). Oggi, 3,5 attivi per 1 pensionato, nel 2030, 2,2, nel 2050, 1,9. Senza riforme, il peso della previdenza vecchiaia graverà in futuro su un numero sempre minore di persone e ciò è un problema: fra le riforme necessarie, anche quelle che rendono meno complicato conciliare i compiti genitoriali e quelli professionali. È pure interesse di tutti che i costosi investimenti nella formazione scolastica, professionale, universitaria di uomini e donne siano poi valorizzati anche per creare reddito e, quindi, pagare imposte e contributi sociali. Voglio ricordare, infine, che nella mia città, Lugano, si sono fatti passi importanti per le mense, i doposcuola e l’orario prolungato nelle scuole dell’infanzia. Tuttavia, complice la crisi finanziaria, il Municipio ha cercato di fare marcia indietro. Su proposta del mio gruppo politico (PS), il Consiglio comunale all’unanimità ha però ingiunto al Municipio di andare fino in fondo, assicurando a tutti i bambini e genitori la possibilità di accesso a quei servizi parascolastici. È un investimento che avrà un rendimento importante in termini di disponibilità di personale qualificato, di reddito creato, d’imposte e contributi sociali pagati. Se l’iniziativa in votazione fosse accolta, la città beneficerebbe di una boccata d’ossigeno. Circa il 20% dei costi di quei servizi sarebbero assunti dal Cantone: per Lugano si tratterebbe di quasi un milione di franchi all’anno che, di questi tempi, sono più che mai preziosi.
I MOTIVI PER VOTARE A FAVORE DELLE SCUOLE
Claudia Crivelli Barella, Corriere del Ticino, 10 settembre 2014In un mondo ideale, i bambini mangerebbero insieme ai genitori, e forse non andrebbero neppure a scuola, educati in piccoli gruppi familiari. Per questa visione, è stato per me illuminante, anni fa, leggere il saggio di Ivan Illich «Descolarizzare la società», in cui nel 1971 scriveva: «La scuola è l’agenzia pubblicitaria che ti fa credere di avere bisogno della società così com’è», ovvero sarebbe una forma di manipolazione del mercato che ha come scopo la produzione di individui più che lo sviluppo armonico e libero di persone. È una visione dura, molto critica, che apre la strada a rivoluzioni totali del sistema, e di sicuro fa riflettere.
Ma una società ideale, utopica, è lontana, e questa è la nostra, la migliore che abbiamo saputo concepire, e nella quale eccelliamo, che abbiamo scelto e che a parole scegliamo tutti: chi di noi negherebbe che la scuola è importante, che è uno dei pilastri della nostra società? Quando poi si tratta di votare in Gran consiglio, però, le generosità vanno piuttosto verso altri ambiti che non verso la scuola: basti pensare che ogni anno spendiamo cinquanta milioni per le strade! Ridurre il numero massimo di allievi per classe è una misura che consente una maggiore efficacia dell’intervento del docente, anche se non ne diminuisce l’onere, al contrario, dovrà organizzare un insegnamento più personalizzato. Al contempo, l’estensione del servizio mense e doposcuola è necessaria alla conciliazione tra lavoro e famiglia in una società lontana dalla società utopica a cui ho fatto riferimento, e attualmente un’entrata finanziaria mensile da parte di entrambi i genitori si fa sempre più indispensabile. I Verdi voteranno quindi sì in favore dell’iniziativa «Aiutiamo le scuole comunali» il 28 settembre.
L’APPRENDIMENTO MIGLIORERÀ
Raoul Ghisletta, Corriere del Ticino, 9 settembre 2014L’iniziativa «Aiutiamo le scuole comunali» avrà effetti positivi sull’apprendimento di numerosi allievi. La riduzione a 20 allievi interesserà 2/3 delle classi della scuola dell’infanzia e 1/4 di quelle delle scuole elementari. La riduzione sarà progressiva, sull’arco di 5 anni. L’effetto positivo toccherà 268 classi di scuola dell’infanzia e 206 di scuola elementare. Ne beneficeranno 10.600 allievi su 22.900 (dati anno scolastico 2011-12). Questo giustifica un investimento annuo di 16 mio fr mediamente. Per 10.600 allievi beneficiari fanno 1.500 franchi di spesa all’anno in più per allievo che ne beneficia (125 franchi al mese). Il deputato Franscella, alla radio (Modem) in data 1.9.2014, ha sostenuto che le ricerche sugli effetti della riduzione degli allievi da noi citate come argomento a favore valgono principalmente per riduzioni di allievi per classi notevoli, tipo da 30 a 20 allievi. In realtà le cose non stanno come dice lui. La ricerca CSPAR (Class Size and Pupil Adult Ratio) nel Regno Unito indica che nelle sezioni di 10-20 allievi (è proprio la forchetta proposta dalla nostra iniziativa) i risultati sono migliori sia in lettura sia in matematica e che, man mano che il numero di allievi aumenta, diminuiscono le medie dei punteggi totalizzati nei test.
La ricerca americana STAR (Student-Teacher Achievement Ratio) dà punteggi superiori alle classi di 13-17 allievi rispetto alle classi di 22-25 allievi. Le classi di 13-17 allievi ottengono risultati migliori anche rispetto alle classi di 22-25 con docente d’appoggio. Ora ricordo che il docente d’appoggio nelle classi da 23 a 25 allievi viene proposto dal controprogetto indiretto dei deputati Franscella e Steiger, il quale entrerà in vigore solamente se iniziativa popolare verrà respinta in votazione popolare. Nel rapporto del deputato Steiger (sul messaggio 6713) si quantifica il costo del docente d’appoggio in 3,7 milioni di franchi annui, poiché si applicherebbe solo a 1/3 delle sezioni che ne avrebbero diritto (e gli altri 2/3 sono figli della serva?). Se però si generalizzasse il docente d’appoggio a partire da 23 allievi per classe la spesa del controprogetto indiretto di Franscella e Steiger sarebbe di 11 milioni di franchi annui secondo il capo del Dipartimento educazione, intervenuto in Parlamento in data 24.9.2013. Vediamo quindi che i costi del docente d’appoggio di Franscella e Steiger, se correttamente applicato, non sono lontani da quelli dell’iniziativa per la riduzione degli allievi per classe: ma la soluzione dell’iniziativa popolare «Aiutiamo le scuole comunali» è più efficace ed equa, perché la riduzione di allievi si applica in tutto il Ticino, senza discriminazioni.
Concludo ricordando anche l’altro punto forte proposto dall’iniziativa popolare, quello della generalizzazione in Ticino delle mense e dei doposcuola. Oggi, a 5 anni dalla consegna dell’iniziativa (2009), su questo punto il Governo e il Parlamento non propongono nulla a favore dei genitori per risolvere un problema molto sentito. Basta allora aspettare, solamente approvando l’iniziativa si farà un passo avanti decisivo per i genitori con figli.
UN SÌ CONVINTO PER LE SCUOLE
Lorenzo Quarenghi, Corriere del Ticino, 5 settembre 2014Il 19 maggio 2014 il Consiglio comunale di Capriasca ha accolto, con significativa maggioranza, una mozione PPD chiedente la creazione di una sezione di scuola dell’infanzia ad orario prolungato.
Una decisione saggia e coraggiosa, che rompe gli indugi, non si limita ad ammettere l’esistenza di un problema ma fornisce una prima concreta risposta a bisogni espressi dalla popolazione, riconosciuti anche dall’esecutivo.
Ben maggiori sono però le necessità di coloro che, in forme diverse, «frequentano» le sedi di scuola dell’infanzia ed elementare sparse sul vasto territorio di Capriasca. Agli elettori, con l’iniziativa popolare «Aiutiamo le scuole comunali. Per il futuro dei nostri ragazzi», è concessa un’occasione unica per colmare i ritardi accumulati in anni di rigori ed inerzia.
La generalizzazione di mense, doposcuola e scuole dell’infanzia ad orario prolungato (caldeggiata anche dalla Conferenza cantonale dei genitori) favorirà una migliore conciliazione tra esigenze familiari e attività professionale di lavoratori e lavoratrici alle prese con un mercato del lavoro sempre più problematico ed esigente.
La riduzione a 20 del numero massimo di allievi per sezione non potrà che influire positivamente sulla qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento. Oggi, per essere efficace, l’insegnante deve poter modulare il programma adeguandolo alle possibilità di apprendimento di ognuno, il che presuppone non solo una buona conoscenza dei propri allievi e delle loro capacità, ma anche la concreta possibilità (tempo) di seguirli.
L’iniziativa, che verrà attuata progressivamente, sull’arco di cinque anni, ovviamente non sarà a costo zero: dal 2020 si stima un importo annuo di circa 250’000 franchi. Un spesa importante, è vero, ma che rappresenta pur sempre solo l’1% di quella complessiva del Comune e che, in parte, potrà certamente essere recuperata grazie ad impieghi più sensati nello stesso settore della scuola; una somma, tra l’altro, largamente inferiore a quella che i capriaschesi annualmente devolvono a copertura dei cronici deficit del centro balneare. Completiamo dunque gli investimenti in atto nel settore dell’educazione: per il futuro dei nostri giovani votiamo sì all’iniziativa «Aiutiamo le scuole comunali».
È GIUSTO INVESTIRE PER LE SCUOLE
Giancarlo Nava, Corriere del Ticino, 4 settembre 2014Nella mia attività scolastica ho spesso ascoltato con interesse le critiche di docenti e genitori sulle difficoltà degli allievi nel passaggio dalla scuola elementare alla media. Ingiustamente erano (e forse lo sono ancora) i docenti ad essere bersaglio delle critiche e non le loro condizioni di lavoro. Nel difendere i docenti di SE mi sono più volte chiesto se le strutture erano adeguate per tutti, soprattutto per gli allevi più deboli o per i genitori occupati da necessità economiche. Classi troppo numerose, mancanza di strutture di accoglienza, mancanza di mense e di doposcuola sono carenze pagate ancora oggi da chi è già economicamente svantaggiato.
Alle medie ho visto troppo spesso allievi con la chiave di casa al collo, doversi occupare mattino, mezzogiorno e sera dei loro fratellini per l’assenza dei genitori. Una triste realtà che fa a pugni con i diritti dei bambini più volte declamati da tutti. Ricordiamoci di queste situazioni quando andremo a votare a favore delle nostre scuole comunali. È un investimento sull’arco di 5 anni, modesto, ma necessario per migliorare la nostra scuola. È importante la diminuzione del numero di allievi per classe, ma ancora più importante è la generalizzazione delle strutture extrascolastiche per dare a tutti gli allievi le medesime opportunità.
La scuole dell’infanzia a orario prolungato permetterebbero ai genitori meno abbienti che lavorano di evitare gli stress e i sensi di colpa sapendo i loro figli al sicuro. Lo stesso discorso vale per le mense e i doposcuola la cui generalizzazione renderebbe giustizia a tutte le regioni del Cantone. Non è infatti più tollerabile che solo pochi Comuni abbiano questi servizi. E la tipologia dei nostri allievi rende sempre più necessario un appoggio scolastico per i più deboli, con problemi di comportamento o di lingua. La forza di un Paese è misurabile anche dalla qualità della formazione e dell’istruzione. Il danaro speso per l’educazione è un investimento per il futuro. Andiamo quindi con coraggio a dire sì all’iniziativa «Aiutiamo le scuole comunali».
PERCHÉ UN SÌ DEI GENITORI ALL’INIZIATIVA POPOLARE ‘AIUTIAMO LE SCUOLE COMUNALI’
Magda Mazzoleni Corno (Conferenza cantonale dei genitori), laRegione, 3 settembre 2014La Conferenza cantonale dei genitori (Ccg) ha seguito con attenzione il dibattito sull’iniziativa popolare “Aiutiamo le scuole comunali” sin dalla sua presentazione nel 2009. A lungo ha sperato che le discussioni politiche permettessero di approvare perlomeno alcune misure prioritarie, con il necessario compromesso tra chi pone l’accento sui bisogni emergenti nelle scuole comunali e chi sottolinea, soprattutto, le attuali difficoltà finanziarie.
Dopo un dibattito durato anni, alcuni dei correttivi proposti sono stati accettati dal parlamento, come la generalizzazione delle direzioni e l’aumento del sostegno.
Le due richieste principali, cioè la diminuzione del numero massimo di allievi per classe e il potenziamento di mense e doposcuola, sono però rimaste in sostanza inevase e pertanto si va alle urne. Il Consiglio della Ccg, dopo seria ri?essione, ha deciso di sostenere l’iniziativa popolare e invita a votare Sì.
Ridurre il numero massimo di allievi per classe è una misura che consente una maggiore efficacia dell’intervento del docente, anche se non ne diminuisce l’onere, al contrario dovrà organizzare un insegnamento più personalizzato.
Al contempo, l’estensione del servizio mense e doposcuola è necessaria alla conciliazione tra lavoro, famiglia (un’entrata finanziaria mensile da parte di entrambi i genitori si fa sempre più indispensabile) e l’integrazione dei bambini.
Il servizio di ristorazione scolastica e servizio d'accoglienza per allievi delle scuole comunali, al di fuori del normale orario scolastico, rappresenta una spesa a carico delle famiglie che comunque riesce ad agevolare il lavoro di entrambi i genitori, soprattutto delle famiglie monoparentali e delle donne, che possono così mantenere un fondamentale aggancio al mondo del lavoro, anche solo con un part-time. In questo modo alcune famiglie evitano di gravare sull'assistenza comunale, mentre altre contribuiscono al benessere del Comune grazie al maggior gettito fiscale. I bambini, dal canto loro, possono bene?ciare di servizi di qualità insieme ai loro compagni e in ambienti a loro familiari.
In questa prospettiva è quindi necessario attenuare le forti disparità oggi esistenti tra le regioni del cantone, in fatto di servizi extrascolastici pubblici e privati complementari all’insegnamento. Approvare l’iniziativa sulle scuole comunali comporta indubbiamente dei costi, costi che inevitabilmente dovremo pagare noi cittadini, ma migliorare le scuole per i nostri bambini, adattandole alle esigenze della società contemporanea è un costo che riteniamo necessario pagare, poiché rappresenta un importante investimento per il nostro futuro.
UNA SCUOLA CHE SI RISPETTI
Matteo Caratti, laRegione, 3 settembre 2014‘Come è andata a tuo figlio?’. ‘Al mio è capitato proprio quel ‘prof’ che spiega malissimo e non dà neppure le dispense’ ‘Pensa che il mio avrà invece quel docente che c’è all’inizio dell’anno, ma che poi è a rischio di burn-out!’ eccetera. Sono alcune frasi-tipo che i genitori – solitamente le mamme, munite di telefono senza ?li che diffonde le esperienze degli anni precedenti – si sono scambiati in queste prime giornate di scuola.
Sentendo queste osservazioni ti dici: ma è mai possibile che in quella scuola media, quel liceo o quella scuola professionale, non si intervenga? È possibile che si permetta, anno dopo anno, di far finta di niente, perché a ogni settembre segue giugno e un giorno arriverà la pensione? Intendiamoci, la maggior parte dei docenti fa bene il proprio lavoro, persino con passione, voglia di esserci e di dare ai ragazzi. Poi ci sono, come in tutte le professioni, quelli che potrebbero dare e fare di più, ma che si accontentano di viaggiare sul minimo sindacale. Non va bene, ma nel pubblico pare sia tollerato. E poi (purtroppo) ci sono le mele marce, per i motivi più disparati: batterie scariche, incapacità palese a insegnare quando è ormai troppo tardi per cambiare strada, schiene fredde al calduccio. E, anno dopo anno, tu genitore sei lì a constatare che i tuoi ?gli hanno malauguratamente proprio uno di quelli che era meglio non avere, o che sono fortunatamente riusciti a schivarlo perché hanno tirato un buon biglietto e sono finiti nella tal classe invece che nell’altra. Ingiusto.
E allora torna la domanda di sempre: ma, se se ne sono accorti gli allievi e le famiglie che in quel caso c’è qualcosa che continua a non funzionare, la direzione e/o il dipartimento cosa fanno al di là dei proclami? Al di là degli annunciati progetti per aiutare quei docenti che si trovano in difficoltà? Perché i casi più gravi vengono probabilmente identificati, ma per quelli meno palesi, ma comunque inaccettabili, cosa si fa? Se ad esempio un docente insegna in modo non consono alle possibilità recettive della classe e ogni anno è la stessa musica, obbligando le famiglie a spendere una cifra in lezioni private, da che parte sta il problema? Se ad esempio il docente, prima di entrare in classe dà una tracannatina alla bottiglia e tutti, donne delle pulizie comprese, se ne sono ormai accorti da tempo, perché non si interviene? Se un docente da una vita usa gli stessi materiali? Se dice agli allievi che tanto lui la paga la prende lo stesso e insegna di evidente malavoglia?
Sono situazioni che fanno male alla nostra scuola. Una scuola che già stenta a tenere il passo coi mutamenti profondi della società: famiglie spezzate, in crisi, casi difficili, orari di lavoro flessibili che richiedono mense, doposcuola. Se non ci fosse stata la spinta dell’iniziativa in votazione ‘Aiutiamo le scuole comunali – Per il futuro dei nostri ragazzi’ molto probabilmente certe mini-riforme ora finalmente introdotte, o in arrivo, non avrebbero visto la luce.
I problemi non sono comunque solo ticinesi. Il Canton Sciaffusa, per esempio, ha deciso di multare gli allievi delle scuole professionali che bigiano. Lo ha deciso perché la scelta di marinare le lezioni ha assunto un’ampiezza preoccupante. Ciò significa che i ragazzi hanno perso il senso di quello che stanno facendo (l’apprendimento) e anche il rispetto verso un’istituzione fondamentale, che noi continuiamo a tenere su un piedistallo da rilucidare. Si è forse contribuito al degrado, anche tollerando situazioni poco raccomandabili dietro le cattedre?
Ecco una ragione in più per invitare direttori di sede e ispettori scolastici a monitorare meglio i docenti, perché l’esempio viene pur sempre e ancora dall’alto.
INVESTIRE PER LE FUTURE GENERAZIONI
Carlo Zoppi, Corriere del Ticino, 2 settembre 2014Il modello di famiglia tradizionale ormai è solo un ricordo. Sempre più spesso i nuclei famigliari sono composti da un solo genitore, occupato gran parte della giornata nel proprio impiego professionale. Il mondo economico è sempre più esigente. Gli orari si fanno più pressanti, le ore di lavoro aumentano come pure la loro intensità con tutto lo stress che ne consegue. Mense, doposcuola e scuole dell’infanzia a orario prolungato in tutte le zone del cantone sono ormai necessarie a moltissime famiglie per conciliare cura dei figli e lavoro.
L’iniziativa popolare «Aiutiamo le scuole comunali» vuole garantire ai 25’000 allievi che frequentano le scuole comunali una formazione e un’educazione di qualità. Non solo il successo individuale, ma soprattutto il successo della Svizzera si fonda sulla qualità della formazione dei giovani. La concorrenza economica internazionale diventa sempre più agguerrita e spesso l’unica arma di cui disponiamo verso i lavoratori frontalieri consiste in una buona istruzione di base e nella conoscenza delle lingue nazionali.
Non dimentichiamoci che approvando il testo i Comuni potranno beneficiare di importanti investimenti cantonali per sgravare i loro bilanci. Non è vero che Comuni e contribuenti pagheranno di più per mense che sicuramente non saranno prerogativa dei figli dei ricchi in SUV come alcuni maldestramente cercano di farci credere. L’iniziativa prevede un’entrata in vigore delle misure secondo una tempistica ragionevole nei cinque anni successivi alla sua approvazione. Questo lasso di tempo permetterà di reperire nuovi docenti e addetti alle mense, di creare nuove sezioni scolastiche e nuovi servizi extrascolastici e di organizzare con agio i miglioramenti delle scuole comunali. Le scuole pubbliche sono necessarie per costruire e mantenere la qualità e la fiducia nel dibattito pubblico su cui si basa la nostra democrazia diretta. Un’importantissima missione sociale per attenuare la disuguaglianza sociale all’interno di un contratto generazionale, in cui una generazione più vecchia si deve impegnare ad investire nel benessere delle generazioni future.
PER IL FUTURO DEI NOSTRI FIGLI E DI TUTTI NOI
Fabio Canevascini, Corriere del Ticino, 1 settembre 2014Il lavoro, la famiglia, i figli: la vita oggigiorno è frenetica. Esigenze diverse, spesso in conflitto fra loro. Devi guadagnare abbastanza per mantenere te e la famiglia, e nel contempo devi anche, giustamente, pensare al bene e al futuro dei tuoi affetti. E diciamolo: la società e lo Stato non aiutano come dovrebbero. I dati sono là da vedere: i bambini e i ragazzi del nostro cantone sono agli ultimi posti nella classifica della spesa pro capite per l’educazione. La media nazionale è di 3’815 franchi. In Ticino siamo a 2’900 franchi. I numeri si commentano da sé.
Per cambiare la situazione è stata lanciata l’iniziativa popolare «Aiutiamo le scuole comunali – Per il futuro dei nostri ragazzi». Andremo a votarla, con un convinto sì, il prossimo 28 settembre, perché l’iniziativa chiede tre cose giuste.
Anzitutto chiede più mense, più doposcuola e scuole dell’infanzia a orario prolungato. L’obiettivo è un’organizzazione capillare di questi servizi accessibile a tutte le famiglie, poiché in alcuni distretti le mense sono presenti solo in un quarto delle sedi scolastiche e spesso non tutti gli allievi riescono ad accedervi.
Nel contempo l’80% dei bambini non può usufruire di scuole dell’infanzia a orario prolungato. È facile immaginare i salti mortali dei genitori che lavorano ma non possono godere di questi servizi. Servizi che agli occhi dei bambini e dei ragazzi sono semplici ma importanti opportunità di stare in compagnia.
In secondo luogo l’iniziativa chiede di diminuire il numero di allievi per classe. Quasi la metà delle classi di scuola elementare è composta di allievi molto eterogenei per nazionalità e lingua. Le ricerche internazionali confermano un’ovvietà: minore è il numero di allievi per classe, maggiore è il tempo che il docente può dedicare a ognuno. I dati statistici confermano le maggiori competenze nella matematica e nella lettura raggiunte dagli allievi nelle classi piccole. Ecco perché l’iniziativa popolare propone di diminuire a 20 il numero massimo di allievi per classe a fronte degli attuali 25, con tetti massimi inferiori anche nelle pluriclassi.
Infine l’iniziativa propone che gli allievi con difficoltà comportamentali, attitudinali o linguistiche dispongano del giusto appoggio per uno sviluppo scolastico orientato all’integrazione e al sostegno. Si vuole dunque potenziare il sistema pedagogico, introducendo docenti di appoggio e personale educativo e rafforzando la presenza di docenti d’italiano per gli allievi di lingua straniera.
Sì dirà: ma tutto ciò costa! Sì, certo: costa. Costa pochissimo, però: un incremento annuo della spesa dello 0.1% per il Cantone e dello 0.2% per i Comuni. Senza dubbio ce lo possiamo permettere, considerando che l’educazione dei nostri giovani non è una spesa ma un investimento nel futuro, per garantire loro la possibilità di competere in un mercato sempre più esigente. Una spesa che, peraltro, ora è inferiore alla media nazionale.
Oltretutto con un’ulteriore ricaduta positiva: investire nella scuola significa anche permettere alle donne ticinesi di mantenere il contatto con il mondo del lavoro, portando redditi in famiglia e valore aggiunto nel lavoro (con il conseguente ritorno economico al Cantone) e mantenendo la possibilità di realizzare sé stesse anche nel mondo professionale, mettendo a frutto i propri studi e le proprie competenze. Allora votiamo sì il 28 settembre, per i bambini, i ragazzi e le famiglie del nostro cantone.
GIUSTO INVESTIRE CONTRO LA PRECARIETÀ ECONOMICA
Ornella Buletti, laRegione, 29 agosto 2014Da tempo mi preoccupa la precarietà economica che esiste per molti salariati in Ticino, in particolare quelli che hanno qualifiche e formazioni limitate: la precarietà non incide solamente sulla sicurezza individuale del posto di lavoro, ma influenza negativamente anche i rapporti familiari e sociali.
L’iniziativa popolare “Aiutiamo le scuole comunali”, sulla quale voteremo in settembre, dà un contributo importante per il futuro dei nostri ragazzi, riducendo progressivamente (sull’arco di 5 anni) il numero massimo degli allievi per classe.
Le ricerche internazionali mostrano che classi con meno allievi danno migliori risultati in matematica e in lettura (questo è logico perché il docente ha più tempo da dedicare al contatto con l’allievo e può capire meglio i suoi bisogni nell’apprendimento).
A beneficiarne saranno certamente gli allievi meno favoriti socialmente e culturalmente. L’iniziativa prevede pure maggiore presenza di docenti di sostegno e appoggio per gestire le situazioni difficili.
Si propone quindi un investimento pedagogico per i nostri allievi, che a medio termine avrà bene?ci anche per tutta l’economia, la quale ricerca sempre più persone ben formate e qualificate, andando spesso all’estero a ricercarle, cosa di cui spesso ci lamentiamo.
Un altro aspetto che mi convince dell’iniziativa è lo sviluppo delle mense, dei doposcuola e degli asili a orario prolungato: l’iniziativa prevede infatti un sussidio cantonale in modo da consentire a tutti i Comuni ticinesi di organizzare queste strutture di sostegno alle madri che lavorano.
I costi di queste strutture extrascolastiche saranno suddivisi tra Cantone, Comuni e famiglie in base ad un regolamento cantonale.
Anche questa misura favorisce l’occupazione delle donne residenti in Ticino, la parità donna-uomo, ed è positiva per l’economia locale.
Spero quindi che il popolo ticinese accolga l’iniziativa popolare “Aiutiamo le scuole comunali”.
È giusto investire per gli allievi e per le famiglie residenti, soprattutto quando si tratta di pochi decimali di spesa in più, che portano grossi vantaggi alla popolazione residente e all’economia.
PERCHÉ MENO ALLIEVI PER CLASSE?
Agostino Savoldelli, laRegione, 29 agosto 2014Domenica 28 settembre è l’ultimo termine per decidere sull’iniziativa popolare “Aiutiamo le scuole comunali”, scuola dell’infanzia e scuola elementare per intenderci. Qui mi preme toccare uno dei punti del testo: la diminuzione degli allievi per classe, al massimo 20 e non come finora 25. Prendo in considerazione solamente due criteri fondamentali della vita quotidiana, quelli dello spazio e del tempo.
Spazio. Il lettore è già entrato in un’aula con 25 scolari, magari di quinta elementare? Ebbene, si sente e si vede subito che manca lo spazio vitale, che manca l’aria si direbbe in gergo. Mancano gli spazi per organizzare attività d’apprendimento autonomo, al di fuori del posto al proprio banco c’è poco spazio per variare il lavoro giornaliero, muoversi secondo i bisogni didattici. L’allievo per sentirsi bene a scuola e in aula ha bisogno di un suo spazio, si trova meglio, ci sono meno tensioni con i compagni quindi è maggiormente disposto ad imparare.
Tempo. Con una classe di 25 allievi il tempo che il maestro può dedicare ad ognuno di essi è da dividere troppe volte. Certo i più bravi se la cavano sempre, ma chi ha bisogno? In una classe che supera i venti allievi, quanto tempo resta ad ognuno per la lettura ad alta voce, attività molto importante? Quante volte può intervenire un allievo nelle lezioni di francese che si basano tanto sull’oralità? Quante volte il maestro può andare da un singolo per un bisogno puntuale se ne ha 25 da gestire? Quante volte uno scolaro può prendere la parola nelle lezioni collettive se ha davanti tante mani alzate? Quante volte può uscire alla lavagna un bambino se ha troppi compagni concorrenti? Non è mai il suo tempo! Il numero alto di allievi diminuisce necessariamente le possibilità che ognuno ha di partecipare attivamente alla costruzione della conoscenza sia come singolo sia come membro di una classe.
Certo, ci sono studi accademici che confermano la bontà dell’iniziativa, ma il buon senso basta per capire che con meno allievi per classe c’è più spazio e più tempo per crescere insieme e per sviluppare le competenze che la scuola esige.
Con classi meno numerose il maestro ha più tempo per ognuno e riesce meglio a creare le condizioni base per ottenere migliori risultati per ognuno di essi. Con meno allievi c’è più tempo per l’ascolto personale, per l’attenzione nei casi problematici, per approfondire argomenti importanti, magari anche non contemplati dai programmi ufficiali… altrimenti – come diceva un’ispettrice in pensione – “si fa quel che si può”.
La scuola è il luogo di lavoro per un bambino. Quale genitore direbbe di no a un miglioramento delle condizioni di lavoro per suo figlio e per l’insegnante di suo figlio? A mio parere si tratta proprio di buon senso e anche di volontà politica perché l’attivazione dei principi scritti nell’iniziativa comporta delle spese che non sono a vuoto, si tratta di un investimento a bene?cio del futuro di un Paese che con cura dedica le sue risorse a formare gli adulti (persone e cittadini) del domani. Un genitore, anche se al momento non ha la certezza assoluta, direbbe che sono soldi ben spesi.
Ecco perché è meglio votare sì all’iniziativa. Lo dico come papà di quattro ffigli, come maestro di scuola elementare e come consigliere comunale Ppd nel mio comune.
DICIAMO SÌ AL FUTURO DEI RAGAZZI
Françoise Gehring, Corriere del Ticino, 27 agosto 2014Che cosa farò da grande? Ce lo chiediamo fin da bambini quando la voglia di correre, di bruciare le tappe, di poter dispiegare le ali in cieli che ci immaginiamo sempre tersi e lucenti, ci spinge a proiettarci nel futuro. Una volta adulti ci rendiamo conto che vivere il presente è una delle imprese più difficili. Ma sappiamo anche che la dimensione del futuro è legata ai progetti e alle speranze, che permette all’essere umano di camminare.
In un mondo come quello in cui viviamo, dove l’esasperato protagonismo e la crescente individualizzazione sgretola i pilastri del bene comune, offrire a bambini e bambine, ragazzi e ragazze, le migliori condizioni di educazione e formazione, non è solo un dovere. È un’urgenza. La scuola non solo si fa carico dell’apprendimento, ma contribuisce alla formazione dell’individuo sociale. Permettere alla scuola di conservare un’impostazione ampia all’interno di una visione lungimirante della società, è un obiettivo che l’iniziativa «Aiutiamo le scuole comunali » – in votazione il 28 settembre – esprime in modo inequivocabile. E va pertanto sostenuta nelle urne, tanto più che i costi sono limitati rispetto ai benefici (la crescita annua delle spese è +0,1% per il Cantone per 5 anni e + 0,2% per i Comuni).
Che cosa chiede l’iniziativa, appoggiata da un ampio comitato? Chiede essenzialmente di combattere ogni forma discriminatoria, perché in Ticino non ci devono essere allievi/e di seria A o di serie B. Il valore della scuola è proprio andare oltre le differenze per garantire a tutti e a tutte un’educazione e un’istruzione che pone al centro ragazzi e ragazze, con le loro storie, con i loro vissuti. Per questo è necessario ridurre il numero di alluni/e per classe. L’iniziativa popolare fissa un limite massimo di 20 allievi/e per classe di una sezione, da raggiungere entro cinque anni. Le classi con meno allievi/e non sono solo positive per gli/le alunni/e – che possono concentrarsi e rendere di più – ma anche per il/la docente che può dedicarsi maggiormente all’insegnamento, prestando attenzione alle esigenze dei/delle ragazzi/e. L’iniziativa propone anche il potenziamento del servizio di sostegno pedagogico, l’introduzione di docenti di appoggio e personale educativo per allievi/e con marcati problemi e il rafforzamento delle lezioni di italiano per allievi/e di lingua straniera.
Parallelamente l’iniziativa popolare vuole creare in tutte le regioni mense, doposcuola e asili a orario prolungato per favorire la conciliazione tra lavoro e famiglia: si tratta di uno strumento fondamentale per la parità dei sessi e per il potenziamento dell’occupazione delle persone residenti in Ticino.
Una società che mette al centro la solidarietà e la coesione sociale come valori, non può disinteressarsi della formazione e delle pari opportunità. Eleanor Roosevelt diceva che «il futuro appartiene a coloro che credono alla bellezza dei propri sogni». Noi dobbiamo dare ai/alle nostri/e giovani la possibilità di sognare, insegnando loro a cadere, a rialzarsi, ad abitare il mondo. E, se lo desiderano, a spiccare il volo. Noi vogliamo dire sì al futuro dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze il prossimo 28 settembre.
UN INVESTIMENTO PER LA NOSTRA SOCIETÀ
Marilena Ranzi-Antonioli, Corriere del Ticino, 27 agosto 2014Il 28 settembre saremo chiamati a votare su un’iniziativa importante per il futuro della nostra società. La formazione di base è un tassello basilare ed aiuta i giovani a districarsi con successo nella vita. Una buona scuola comunale è la base del successo dei ragazzi: sapersi relazionare con gli altri, leggere e comprendere bene, saper far di conto, conoscere il proprio Paese ed essere creativi, sono alcune delle qualità che si apprendono grazie alla scuola dell’infanzia ed elementare. Pertanto investire nella scuola di base è non solo importante ma basilare per il successo individuale e collettivo, ossia l’economia del Ticino e della Svizzera. L’iniziativa popolare «Aiutiamo le scuole comunali» con un aggravio delle spese dello 0,1% annuo per il Cantone e dello 0,2% annuo per i Comuni per 5 anni (l’iniziativa viene attuata con una tempistica molto ragionevole) vuole garantire ai nostri 25.000 allievi, che frequentano le scuole comunali, una formazione e un’educazione di qualità. Ridurre il numero massimo degli allievi per classe permetterà all’insegnante di dedicare maggiore attenzione all’allievo, di ascoltarlo meglio e di aiutarlo di più nel suo percorso. È una cosa ovvia, anche confermata da numerose ricerche scientifiche, che attestano risultati positivi dei ragazzi nell’apprendimento delle lingue e della matematica.
L’altro versante dell’iniziativa, non a caso sostenuta dalla Conferenza cantonale dei genitori, risiede nella promozione dei servizi extrascolastici. Servizi che in alcuni Comuni sono presenti da anni e in altri no. Tutti i nostri allievi devono poter usufruire degli stessi servizi e avere quindi le stesse opportunità. Tutti i genitori devono essere aiutati a gestire il complesso rapporto tra cura dei figli e lavoro: per rimanere attivi nel mondo economico e fare passi avanti le lavoratrici e i lavoratori devono fare sforzi co- stanti e aggiornarsi. L’iniziativa popolare «Aiutiamo le scuole comunali» prevede un’organizzazione razionale di mense e doposcuola in tutte le regioni e un sussidio cantonale per aiutare i Comuni a completare la rete. È nell’interesse di tutta l’economia e di tutta la società ticinese disporre di servizi extrascolastici capillari e accessibili a tutte le famiglie/ allievi.
AIUTIAMO LE SCUOLE, AIUTIAMO I BAMBINI
Gianni Delorenzi, Corriere del Ticino, 26 agosto 2014Famiglie che fanno fatica a tirare fino alla fine mese pur lavorando in due, famiglie che neanche arrivano a fine mese, famiglie che si disgregano subito dopo il matrimonio, o dopo la nascita di un figlio, o dopo aver costruito una casa, o vai poi a sapere perché; comunque si disgregano o, quando va bene, restano attaccate con lo sputo e non si riesce ad indovinare fino a quando. In mezzo a tante coppie, parte di variegata umanità in difficoltà, i bambini.
Ci furono tempi in cui i bambini andavano a scuola e poi tornavano in una casa dove c’era una mamma che li aspettava. Le case erano come quella del Pinco Panco in Canadà: avevano il tetto aguzzo, un camino che fumava e la mamma era sull’uscio in attesa. I bambini già dall’asilo la disegnavano così. Anche i bambini dell’asilo del giorno d’oggi, ancora la disegnano così la casa, solo che non c’è più: è diventata un ricordo collettivo che viene riprodotto come ideale impossibile e ormai perso.
Sono circa mille anni che i preti cattolici predicano che la società deve essere basata alla famiglia. Siccome confessano, sanno però bene quanto sia difficile restare felici e fedeli nella coppia; sono circa mille anni che predicano e predicano (dentro e fuori le loro chiese sempre più vuote), ma dallo sposarsi si guardano bene: sanno che le insidie sono molte e che a non inciamparci è ben più difficile che predicare. Perciò preferiscono dimenticare che è scritto «è bene che l’uomo non sia solo»; e per carità cristiana preferisco fermarmi qui.
In questa realtà sociale con la famiglia non più definibile come solo vent’anni fa, con l’aggiunta di condizioni economiche che obbligano la coppia a lavorare in due, non possiamo dimenticare i bisogni affettivi e intellettuali dei bambini, spesso solo vittime, evidentemente innocenti. Chiedono comunque aiuto per crescere: come dimenticarli? Come girarsi da un’altra parte?
L’iniziativa popolare «Aiutiamo le scuole comunali» è solo un primo passo per affrontare una realtà nuova, che ci sta sorprendendo e sommergendo. Con la proposta «Aiutiamo le scuole comunali» si dovrebbe intendere «Aiutiamo i bambini». Come spesso accade, non tutto si risolve mettendo una mano sul cuore: ci vuole anche l’altra sul portafoglio. Spendere non è peccato, spendere per i bambini è sempre un investimento per il futuro. Se per spendere si deve guardare alle priorità, i bambini devono sempre essere la priorità per eccellenza di qualsiasi società civile.
NON SPARATE SU MENSE E DOPOSCUOLA
Roberto Martinotti, Corriere del Ticino, 21 agosto 2014Mi ha colpito molto il commento di un internauta apparso a metà agosto in risposta ad preciso e puntuale articolo della sindacalista Laura Calebasso a favore della conciliazione lavoro-famiglia. Il commentatore, che naturalmente non si firma, ripropone luoghi comuni triti e ritriti, intrisi di maschilismo e di pregiudizi nei confronti delle donne. In sostanza dice che le donne stiano a casa a curare i propri figli, altro che mense scolastiche e doposcuola! Sono affermazioni queste che dimostrano come purtroppo ci sono Ticinesi che devono ancora capire i veri motivi che spingono sempre più donne a lavorare e le ragioni del fortissimo aumento della domanda di posti nei servizi extrascolastici.
Il primo motivo è molto semplice. Le donne hanno gli stessi diritti degli uomini, quindi anche quello di realizzarsi attraverso il lavoro. La donna ha raggiunto da tempo, e in molti casi superato, l'uomo nella formazione professionale. Da qui il sacrosanto diritto ad esprimere le proprie conoscenze attraverso il lavoro. Alla politica attenta, lungimirante ed intelligente la capacità di creare presupposti alfine di dare alle donne gli strumenti per uscire dalle mura domestiche e poter affidare in modo adeguato i propri figli (mense scolastiche e doposcuola).
Il secondo motivo è legato alla pura necessità di far quadrare i contri all’interno di molte famiglie che, con l’unico stipendio dell’uomo, non riescono ad arrivare alla fine del mese. Il diritto al miglioramento della propria situazione finanziaria all’interno della famiglia tramite l’impegno lavorativo è un diritto imprescindibile di ogni democrazia che si rispetti.
L’iniziativa popolare “Aiutiamo le scuole comunali - Per il futuro dei nostri ragazzi”, in votazione in Ticino il prossimo 28 settembre, va proprio in questa direzione e costituisce un’occasione importantissima per cambiare uno stato di cose spesso sfavorevole alle famiglie e alle donne con figli. L’iniziativa popolare prevede un’organizzazione razionale dei servizi extrascolastici in tutte le regioni e un sussidio cantonale per aiutare i Comuni a fondare e gestire tali servizi. L’iniziativa stabilisce anche il principio, molto importante per la parità dei sessi, che i servizi siano accessibili a tutte le famiglie e che i costi siano suddivisi tra Cantone, Comuni e famiglie in base ad un regolamento cantonale. La realizzazione di queste strutture potrà avvenire entro 5 anni dall’approvazione dell’iniziativa: pertanto Cantone e Comuni avranno il tempo di organizzarsi e di dilazionare gli investimenti su più anni. Parlo di investimenti, perché sono soldi che avranno delle ricadute economiche, fiscali e sociali positive. Se vogliamo mantenere il lavoro in Ticino, dobbiamo favorire il lavoro delle donne in Ticino! Abbiamo finalmente la possibilità di dare alle famiglie ticinesi delle strutture per consentire alle donne di conciliare lavoro e famiglia. Non perdiamo questa importante occasione
SÌ ALLA CONCILIAZIONE LAVORO-FAMIGLIA
Laura Calebasso (Vpod Ticino), laRegione, 20 agosto 2014Sono una persona professionalmente attiva e madre di un figlio di 3 anni e devo constatare purtroppo che in Ticino la presenza dei servizi extrascolastici non è capillare. In taluni distretti ticinesi le mense per gli allievi di scuola elementare sono presenti solamente nel 25% delle sedi; e in taluni Comuni, pur essendo presenti, le mense non sono accessibili a tutti gli allievi. Anche la presenza dei doposcuola nella scuola elementare è molto ineguale sul territorio: il 30% circa degli allievi non vi ha accesso (anno scolastico 2010/11). Le scuole dell’infanzia a orario prolungato (che coprono le fasce mattutine/serali dei giorni feriali e il mercoledì pomeriggio) sono globalmente molto poche: l’84% dei bambini non vi ha accesso. Ricordo che il tasso di attività professionale per le donne nubili in Ticino è il medesimo di quello degli uomini celibi (89%): poi per le donne il tasso scende di 6 punti percentuali in caso di coppie senza figli (83%) e di 25 punti in caso di coppie con figli (64%).
L’iniziativa popolare “Aiutiamo le scuole comunali”, in votazione in Ticino il prossimo 28 settembre, costituisce un’occasione più unica che rara per cambiare uno stato di cose spesso sfavorevole alle famiglie e alle donne con figli. L’iniziativa popolare prevede un’organizzazione razionale dei servizi extrascolastici in tutte le regioni e un sussidio cantonale per aiutare i Comuni a completare la rete; inoltre stabilisce che i servizi siano accessibili a tutte le famiglie e che i costi siano suddivisi tra Cantone, Comuni e famiglie in base ad un regolamento cantonale. È nell’interesse non solamente delle famiglie con figli, ma di tutta l’economia e di tutta la società ticinese disporre di servizi extrascolastici capillari e accessibili a tutti, come pure ovviamente disporre di una scuola comunale dove gli insegnanti, grazie a un numero contenuto di allievi per classe, abbiano la possibilità di interagire e di insegnare bene ai bambini. I costi dell’iniziativa sono limitatissimi: l’aumento della spesa è pari allo 0,1% annuo a livello cantonale e allo 0,2% annuo a livello comunale sull’arco di 5 anni (l’iniziativa sarà applicata infatti progressivamente). Sono cifre, credo, che possiamo permetterci per fare qualcosa di veramente importante: compiere un passo fondamentale a favore della conciliazione lavoro-famiglia e a favore dei nostri figli. Un investimento che avrà ricadute economiche e fiscali certamente positive.
MENSE E DOPOSCUOLA ACCESSIBILI A TUTTI
Maria Mattioli-De Nile (Syndicom), Corriere del Ticino, 20 agosto 2014Sono stata una madre e ora sono una nonna che lavora per una cassa disoccupazione. Vedo quindi molte storie professionali, oltre la mia. Per questo mio vissuto ritengo importante che in Ticino si investa per la creazione di mense, doposcuola e asili a orario prolungato, per favorire la conciliazione tra lavoro e famiglia. Questi servizi, che sono certamente nell’interesse delle aziende che impiegano o vogliono impiegare persone residenti in Ticino, non sono purtroppo presenti in tutte le regioni del cantone. Bisogna pertanto trovare una soluzione ragionevole per colmare tale lacuna, come quella proposta dall’iniziativa popolare «Aiutiamo le scuole comunali», che andrà in votazione in settembre. L’iniziativa prevede infatti di creare progressivamente, sull’arco di 5 anni, servizi extrascolastici in tutte le regioni e prevede anche un sussidio cantonale per aiutare i Comuni a farle funzionare. Questi servizi scolastici saranno accessibili a tutte le famiglie che lo desiderano (non vi è ovviamente nessun obbligo). I costi vivi saranno suddivisi tra Cantone, Comuni e famiglie in base ad un regolamento cantonale.
È nell’interesse di tutta l’economia e di tutta la società ticinese disporre di servizi extrascolastici capillari e accessibili a tutte le famiglie/allievi. Questo aiuta a combattere anche la disoccupazione delle persone residenti e l’esclusione dal mondo del lavoro delle donne con figli. Per me è pure positivo il fatto che l’iniziativa «Aiutiamo le scuole comunali» preveda misure di sostegno agli allievi più deboli, come la riduzione del numero massimo di allievi per classe, il potenziamento del servizio di sostegno pedagogico e l’introduzione di docenti d’appoggio e personale educativo per allievi con marcati problemi comportamentali. Aiutare maggiormente i ragazzi ad acquisire buone competenze nella lettura e nella matematica permette loro di seguire un apprendistato o una scuola superiore con successo: e questo previene anche il rischio di una futura disoccupazione. Maria Mattioli-De Nile, responsabile Cassa disoccupazione Syndicom
SOSTENIAMO LE SCUOLE COMUNALI
Francesco Cavalli, Corriere del Ticino, 20 agosto 2014L’iniziativa «Aiutiamo le scuole comunali. Per il futuro dei nostri ragazzi », depositata il 2 novembre 2009, sarà finalmente sottoposta al voto popolare il prossimo 28 settembre, dunque dopo quasi cinque anni.
Dopo lunghe tergiversazioni e discussioni, spesso oziose, solo alcune richieste sono state almeno parzialmente accolte (il potenziamento e la cantonalizzazione del servizio di sostegno pedagogico, la possibilità per tutti i bambini di 3 anni di accedere alla scuola dell’infanzia e la generalizzazione delle direzioni degli istituti comunali). Riforme, va precisato, andate in porto per la presenza dell’iniziativa, non certo per merito degli oppositori.
In qualità di relatore del rapporto di minoranza ho sostenuto in Parlamento e continuo a sostenere che quanto realizzato finora non basta, perché i due elementi principali e irrinunciabili dell’iniziativa sono rimasti del tutto inevasi. Si tratta della riduzione del numero massimo di allievi per classe da 25 a 20 e della generalizzazione progressiva di mense, doposcuola e scuole dell’infanzia a orario prolungato.
Sul numero di allievi per classe, il Consiglio di Stato aveva proposto un ragionevole compromesso per un massimo a 22. Ma anche questo piccolo progresso è stato affossato da un’inedita alleanza tra PLR e PPD (con la Lega a ruota). La loro contromossa, poi approvata, di introdurre il docente di appoggio nelle classi più numerose è del tutto insoddisfacente e crea più problemi di quanti ne risolva.
Dovrebbe invece essere evidente a tutti che un numero minore di allievi in un’aula scolastica favorisce risultati migliori nell’apprendimento, grazie a una maggior attenzione del docente di fronte ai problemi di ogni singolo allievo: lo dimostrano ricerche scientifiche, ma basterebbe il buon senso. La scuola ticinese si fonda sui principi dell’inclusione, dell’eterogeneità e dell’equità; di conseguenza in una stessa classe convivono allieve e allievi con diverse capacità cognitive e con diverse situazioni familiari e socioeconomiche. Affinché questi principi possano trovare un’effettiva realizzazione è necessario applicare una differenziazione pedagogica che permetta, nella misura più ampia possibile, un insegnamento individualizzato. Dovrebbe essere evidente a chiunque che ciò può essere più facilmente attuabile solo con un numero di allievi ridotto.
L’altra richiesta irrinunciabile riguarda mense, doposcuola e scuole dell’infanzia a orario prolungato, servizi di cui si sente sempre più la necessità in quanto aumentano le famiglie in cui entrambi i genitori lavorano o quelle monoparentali, che incontrano gravi difficoltà a per trovare una sistemazione adeguata ai figli durante il tempo lavorativo.
Da ormai troppo tempo si constatano notevoli differenze tra i Comuni: nelle scuole elementari la mensa è presente nel 67,3% delle sedi, il doposcuola nel 58,5%, mentre la scuola dell’infanzia a orario prolungato esiste con modalità diverse, in 30 sedi su 184. Solo con una riforma legislativa quale quella indicata nell’iniziativa popolare si potrà ottenere finalmente un servizio soddisfacente su tutto il territorio.
Quanto ai costi, eccessivi secondo gli oppositori, ritengo che siano ampiamente giustificati per consentire un vero salto di qualità alle nostre scuole che, negli ultimi decenni, sono state un po’ trascurate. Tutti i confronti intercantonali ci vedono agli ultimi posti per la spesa scolastica. Infatti, secondo i dati pubblicati dall’Ufficio federale di statistica, relativi al 2009 e 2010, risulta che, per la scuola obbligatoria, la spesa per allievo è in Ticino (Cantone e Comuni) di 13.594 franchi contro una media svizzera di 19.208 franchi. Si constata pure che la spesa pro capite totale per la formazione è di 3.113 franchi in Ticino contro un dato nazionale di 3.768 franchi.
È quindi giunto il momento di invertire la rotta e investire di più nella formazione di base! Non bastano i proclami, che non mancheranno nella prossima campagna elettorale: occorrono passi concreti subito.
DUE MISURE PER AIUTARE ALLIEVI E GENITORI
Loredana Schlegel, laRegione, 13 agosto 2014Un impegno costante per la scuola pubblica, per la difesa dei suoi valori e della sua qualità, nonché dell’efficacia dei servizi necessari per adeguarsi ai mutamenti della società ticinese. È questo, in poche parole, il compito che si è assunta l’Associazione per la Scuola Pubblica del Cantone e dei Comuni (ASPCC) negli ultimi anni.
Coerentemente con questa scelta l’Associazione ha sostenuto l’iniziativa “Aiutiamo le scuole comunali. Per il futuro dei nostri ragazzi” già nel 2009, al momento della raccolta delle firme, e ora è impegnata attivamente nella campagna in vista della votazione prevista in settembre, cioè 5 anni dopo la consegna di quasi 10’000 firme (quindi ben oltre le 7000 necessarie alla sua riuscita).
Nel frattempo alcune delle rivendicazioni contenute nell’iniziativa sono state proposte, integralmente o parzialmente, dal DECS e accettate dal Gran Consiglio; altre sono ancora sul tappeto… Fra queste due sono particolarmente significative e saranno oggetto di discussione durante la campagna: i servizi parascolastici (mense e doposcuola) e la riduzione del numero massimo degli allievi per sezione.
La generalizzazione di mense e doposcuola favorirà una migliore conciliazione fra lavoro e famiglia per tutti i genitori, eliminando quelle disparità nella fornitura di servizi oggi esistente fra le diverse regioni del Cantone: addirittura si dovrebbe parlare disparità fra i diversi comuni.
Solo la generalizzazione di questi servizi educativi, caldeggiata anche dalla Conferenza cantonale dei genitori, permetterà a tutti i genitori, e soprattutto a tutte le mamme (perché sono ancora generalmente le mamme – anche perché meno pagate - a rinunciare all’attività professionale), di conciliare l’attività lavorativa con gli oneri familiari. Occorre infatti ricordare che la maggioranza dei salariati non ha la possibilità di adeguare i turni e/o l’orario di lavoro alle necessità della famiglia.
La riduzione del numero degli allievi per sezione influirà positivamente sulla qualità dell’apprendimento, in quanto permetterà ai docenti di differenziare maggiormente l’insegnamento adattandolo alle capacità e alle necessità di ogni allievo. Nella nostra società in continua evoluzione si sono moltiplicate le richieste nei confronti della scuola, ma nel contempo l’istituzione deve integrare una popolazione scolastica sempre più variegata. Per essere efficace l’insegnante deve quindi modulare il programma adeguandolo alle possibilità di apprendimento di ognuno, il che presuppone una buona conoscenza dei propri allievi e delle loro capacità, in modo da ottenere la migliore riuscita possibile. Solo così il Ticino riuscirà a valorizzare il “capitale umano” che contribuirà allo sviluppo del nostro paese.
C'ERANO QUELLI...
Ferruccio Cainero, laRegione, 13 agosto 2014C'erano quelli che dicevano: “Sono tutti uguali, rubano tutti.” E difatti rubavano anche loro.
C'erano quelli che dicevano: “Io sarei il primo socialista, ma l'essere umano è egoista.” E di fatti erano egoisti.
C'erano quelli che dicevano: “Io sarei il primo ad aiutare. Ma poi ci sono i furbi che se ne approfittano.” E difatti non aiutavano nessuno.
Ci sono quelli che dicono: “Ci vorrebbero meno bambini per classe. Ma non abbiamo i soldi.” E di fatti non vogliono meno bambini per classe.
Eppure per l'esercito spendiamo 4,4 miliardi di franchi all'anno.
Non so quanti miliardi vengano investiti ogni anno in sponsorizzazioni di privati per eventi sportivi e spettacoli vari. Ma ci si potrebbe fare pubblicità anche sponsorizzando scuole pubbliche.
I ricchi negli ultimi anni hanno accumulato fortune sempre crescenti. Solo nel 2013 in Svizzera, il loro patrimonio è aumentato del 13,8% rispetto all'anno precedente, a 52'620 miliardi di dollari.
Insomma i soldi ci sono. Solo che si preferisce investirli in altre cose.
Eppure tutti sono d'accordo nel sostenere che andiamo incontro ad un futuro dove, per chi non abbia una preparazione scolastica molto accurata, non ci sarà futuro.
Allora? Come si fa?
Ma certo, facile! Si faranno delle scuole private, ottime e carissime per i ricchi. E i non ricchi si arrangino.
Ci sono quelli che dicono: “Non raccontateci fandonie, i soldi ci sono. Bisogna decidere quali sono le priorità.” Io voto sì.
LA SCUOLA FRENA LE INEGUAGLIANZE
Raoul Ghisletta, laRegione, 5 agosto 2014Il recente libro del prof. Thomas Piketty ha focalizzato l’attenzione attorno al problema delle crescenti disuguaglianze nel mondo. La rapida crescita del peso dei ricchi a partire dagli anni 70 è socialmente preoccupante e anche destabilizzante per la democrazia occidentale. La crescita delle ineguaglianze non è legata a motivi di merito, ma fondamentalmente è dovuta alla rapacità dei supermanager, come pure al reddito esagerato conseguito dai grandi fondi d’investimento e dai grandi patrimoni privati. Un’altra causa collaterale è stata la forte riduzione della tassazione dei redditi elevati e dei patrimoni milionari in numerosi Stati. Nel 2009 il 10% della popolazione più fortunato guadagnava una percentuale di reddito nazionale complessivo, che va dal 30% della Svezia al 33% di Francia e Svizzera e che arriva sino al 42% nella Gran Bretagna e al 48% negli Usa (vedi World Top Income Database). Nel 2010 il 10% della popolazione possedeva il 70% dei patrimoni negli Usa e il 60% in Europa, mentre l’1% deteneva rispettivamente il 35% e il 25% della ricchezza. Lo 0,1%, l’élite mondiale nei Paesi analizzati da Piketty, è composta da 4,5 milioni di persone, che dispongono di un patrimonio netto medio di circa 10 mio. di euro: questi averi, non di rado ottenuti grazie a monopoli e ad affari contrari all’etica, corrispondono al 20% della ricchezza.
Esistono degli strumenti per fare da contraltare alla crescita delle disuguaglianze, per garantire possibilità di riuscita a chi proviene dal popolo e per non far precipitare nella povertà i ceti medi sviluppatisi nel secondo dopoguerra (i ceti medi rappresentano il 40% della popolazione occidentale e possiedono ca. il 35% della ricchezza)? Chiaramente, oltre alla leva fiscale, tra gli strumenti più efficaci per mantenere sotto controllo la crescita squilibrata della ricchezza vi sono le politiche fondanti dello Stato sociale democratico edificato nel secondo dopoguerra: i sistemi pensionistici e sociali che combattono la povertà, le leggi che tutelano il lavoro dei sindacati e i salari minimi, come pure il sistema sanitario e il sistema educativo. In proposito secondo il prof. Piketty è fondamentale che gli Stati investano maggiormente nella formazione, che ovviamente è anche un potente mezzo per mantenere la competitività economica ad alto livello nei nostri Paesi. Nel Canton Ticino i cittadini e le cittadine potranno decidere sul potenziamento degli investimenti destinati alla scuola comunale, esprimendosi in votazione il prossimo 28 settembre. Il Ticino non è ben messo, anzi è agli ultimi posti nella spesa per abitante per l’educazione in Svizzera (2’900 Fr nel 2009, mentre la media nazionale era di 3’815 Fr). Dobbiamo veramente tornare ad aiutare le scuole elementari e dell’infanzia a fare bene il loro lavoro in una società sempre più complicata ed esigente. Occorre garantire maggiore solidità e qualità alla formazione impartita dalla scuola dell’obbligo; inoltre è necessario creare sufficienti servizi extrascolastici come mense e doposcuola per le famiglie. Ne va del futuro dei nostri ragazzi, di tutti, ma in particolare di quelli che non sono ricchi e sono confrontati con un mondo sempre più inegualitario.
IO ME LA CAVERÒ GRAZIE ALLA SCUOLA
Françoise Gehring, laRegione, 31 luglio 2014“Io speriamo che me la cavo”. Ricordate? È il titolo di un libro di grande successo pubblicato nel 1990 e scritto da Marcello D’Orta, maestro di scuola elementare deceduto l’anno scorso. D’Orta, anche quando si era dedicato a fare lo scrittore e l’opinionista, ha sempre detto di sentirsi un maestro a tutto tondo, perché ha continuato a frequentare insegnanti, a occuparsi di scuola e soprattutto perché, amava ripetere, “se lo si è fatto con passione, maestro si rimane per tutta la vita”.
Che cosa c’azzecca con l’iniziativa “Aiutiamo le scuole comunali”? Parecchio, perché al centro c’è l’amore per la scuola, l’attenzione verso allievi e allieve, il desiderio di offrire a tutti e a tutte pari opportunità.
La filosofia di base dell’iniziativa sostenuta da un ampio comitato è di combattere ogni forma discriminatoria perché in Ticino non ci devono essere allievi/e di serie A o di serie B. Il valore della scuola è proprio quello di andare oltre le differenze per garantire a tutti e a tutte un’educazione e un’istruzione che pone al centro ragazzi e ragazze, con le loro storie, con i loro vissuti.
Per questo è necessario ridurre il numero di alunni/e per classi. Oggi la media di allievi per classe in Ticino è superiore alla media svizzera per quanto riguarda la scuola dell’infanzia ed è vicino a quella nazionale per quanto concerne le scuole elementari. L’iniziativa popolare fissa un limite massimo di 20 allievi/e per classe di una sezione da raggiungere entro 5 anni: fattibilissimo. Il testo in votazione il prossimo 28 settembre fissa anche un tetto massimo per le pluriclassi delle scuole elementari.
Le classi con meno allievi/e non sono solo positive per gli/le alunni/e – che possono concentrarsi e “rendere” di più – ma anche per il/la docente che può dedicarsi maggiormente all’insegnamento, prestando attenzione alle esigenze dei/delle ragazzi/e. Per un/una docente classi meno numerose significa anche meno burocrazia.
Vent’anni dopo la pubblicazione di “Io speriamo che me la cavo”, Marcello D’Orta aveva pubblicato un articolo su chi se l’era cavata. Non tutti, ma moltissimi. L’amore per la scuola e l’ostinazione civile di quei docenti che vicino a Napoli avevano lottato, tra mille difficoltà e minacce, per dare alla scuola un tetto stabile, ha portato buoni frutti. Via gli stereotipi. Via i pregiudizi. Oggi quella scuola è un istituto all’avanguardia.
Il Ticino si è sempre preso cura della scuola, in cui ha fermamente creduto. Ma oggi occorre investire maggiormente nella formazione per assicurare un’educazione di qualità al passo con i tempi e all’altezza delle sfide. Il miglior investimento di una società aperta e solida è di credere davvero nei giovani, garantendo quelle fondamentali e imprescindibili pari opportunità che consentano loro di riuscire nella vita o, comunque, di cavarsela. Non è poco. Allora votiamo sì il 28 settembre.
È ORA DI INVESTIRE NELLA SCUOLA
Linda Cortesi (Vpod Ticino), Corriere del Ticino e laRegione, 21 luglio 2014Una migliore diversificazione dei programmi per calibrarli sulle necessità degli allievi, maggiore tempo da dedicare ai colloqui con i genitori, più concentrazione in aula, grazie a classi ridotte. Ragazzi seguiti meglio con il potenziamento del servizio di sostegno pedagogico, l’introduzione di personale educativo per allievi con marcati problemi comportamentali, il rafforzamento della presenza di docenti di italiano per gli allievi di lingua straniera. Sono strumenti pratici, concreti e attuabili quelli appena elencati e che sono presenti nell’iniziativa popolare «Aiutiamo le scuole comunali – Per il futuro dei nostri ragazzi» in votazione il prossimo 28 settembre. Strumenti che, richiesti da anni da genitori, studenti e docenti, avrebbero un influsso immediato e positivo sull’apprendimento e la formazione dei ragazzi. Ed è triste notare come per tutta risposta i contrari a quest’iniziativa pongano sempre la stessa questione: costa troppo. Investire nella scuola ha un prezzo, è vero, ma dopo anni di deplorevoli tagli è giunto il momento di fare qualcosa per recuperare il ritardo del Ticino nella spesa per l’educazione (la percentuale del budget di Cantone e Comuni per l’educazione è del 23,2% contro una media nazionale del 26,8%!). Quando saremo confrontati con la scheda di voto a settembre non dimentichiamo che le scuole comunali sono le fondamenta dell’istruzione dei ragazzi: se saranno solide, potranno permettersi di costruirsi un futuro lavorativo di successo. In un mondo economico in cui la concorrenza diventa ogni giorno più agguerrita, una formazione di base di qualità è la prima carta da giocare.
AIUTIAMO LE SCUOLE COMUNALI PER IL TICINO
Adriano Merlini, laRegione, 9 luglio 2014L’iniziativa popolare ‘Aiutiamo le scuole comunali. Per il futuro dei nostri ragazzi’, forte di 10’000 firme raccolte nel 2009 (!) sarà sottoposta a votazione popolare il 28 settembre 2014. Le argomentazioni dei parlamentari che l’hanno affossata sono francamente deboli. In effetti, implicitamente tutti loro ne riconoscono il grande valore contenutistico quando sottolineano il fatto che diversi dei correttivi che essa propone sono già stati fatti propri dal parlamento, ad esempio le direzioni generalizzate e l’aumento del sostegno. Si fatica allora a capire come mai proprio sul tema cardine della diminuzione del numero massimo di allievi per classe, unito al potenziamento di mense e doposcuola, le stesse persone mettano in dubbio la competenza e la conoscenza degli iniziativisti che, lo ricordo, sono genitori, studenti e docenti, i quali per mesi hanno lavorato per mettere a punto il testo in questione coinvolgendo centinaia di persone.
Affermare che il numero di alunni sia ininfluente sulla qualità della formazione e trovare un paio di nomi noti che appoggino questa tesi, contraria al semplice buon senso e sostenuta da tutti gli studi scientifici seri, è come affermare che Darwin, morto ormai più di 130 anni addietro, si sbagliasse su tutta la linea perché a livello planetario si riescono a trovare un paio di creazionisti puri e duri.
Così, non avendo argomenti validi, si agita lo spauracchio del costo. Ora, è ovvio che migliorare le scuole dei nostri bambini adattandole alle esigenze della società contemporanea abbia un costo. Questo è stato stimato dal governo a circa lo 0,1% delle spese correnti cantonali e a circa lo 0,2% di quelle comunali sull’arco di 5 anni. Poco? Sì, siamo il Ticino e non il Burundi, ma si tratta comunque di milioni e anche per questo l’iniziativa prevede una transizione dolce e dilazionabile su più anni. Mi si permetta una riflessione conclusiva. Perché mai bisogna dipingere come catastrofica una conseguenza dell’iniziativa, la probabile necessità di adeguare l’edilizia scolastica e assumere un certo numero di docenti, quando, se si trattasse di un imprenditore privato che creasse decine di nuovi impieghi qualificati per i nostri giovani formati e stimolasse le imprese edili e artigiane locali, le stesse persone sarebbero d’accordo per aiutarla finanziariamente, riconoscendole il ruolo di stimolo economico? Non si tratta di un New Deal in salsa Merlot, ma riconosciamo il diritto allo Stato di dotarsi dei servizi e delle strutture necessari per soddisfare le reali necessità dei cittadini che li finanziano.
SI ALL'INIZIATIVA SCUOLE COMUNALI
Raoul Ghisletta, Diritti del lavoro, 3 luglio 2014Per il futuro dei nostri ragazzi
L’iniziativa popolare “Aiutiamo le scuole comunali” vuole garantire ai nostri 25’000 allievi che frequentano le scuole comunali una formazione e un’educazione di qualità.
Non solamente il successo e la qualità della vita individuale, ma anche il successo della Svizzera si fondano sulla qualità della formazione dei giovani. L’accettazione dell’iniziativa popolare “Aiutiamo le scuole comunali” da parte dei Ticinesi il 28 settembre 2014 costituirebbe un passo in avanti significativo per la scuola ticinese e per il futuro dei nostri ragazzi. Il voto è un’occasione storica per rafforzare la scuola dell’obbligo e tornare ad investire nella formazione di base. Ricordiamo che il Ticino è agli ultimi posti nella classifica intercantonale sia nella spesa pro capite per l’educazione, sia nella spesa per allievo, sia nella percentuale di budget consacrato al settore dell’educazione (23,2% contro 26,8% nel 2007, Cantone+Comuni).SI alla conciliazione lavoro-famiglia
L’iniziativa popolare “Aiutiamo le scuole comunali” prevede un’organizzazione razionale dei servizi extrascolastici in tutte le regioni e un sussidio cantonale per aiutare i Comuni a completare la rete. È nell’interesse di tutta l’economia e di tutta la società ticinese disporre di servizi extrascolastici capillari e accessibili a tutte le famiglie/allievi. In taluni distretti ticinesi le mense per gli allievi di scuola elementare sono presenti solamente nel 25% delle sedi; e in taluni Comuni, come Lugano, pur essendo presenti, le mense non sono accessibili a tutti gli allievi. Anche la presenza dei doposcuola nella scuola elementare è molto ineguale sul territorio: 30% ca. degli allievi in Ticino non vi ha accesso (anno scolastico 2010/11). Infine 84% dei bambini ticinesi non ha accesso a scuole dell’infanzia a orario prolungato (che coprono le fasce mattutine/serali dei giorni feriali e il mercoledì pomeriggio).
SCUOLE COMUNALI: PROPOSTE MOLTO UTILI
Isabella Bernasconi, Corriere del Ticino, 2 luglio 2014Il prossimo 28 settembre saremo chiamati a votare in merito all’iniziativa popolare «Aiutiamo le scuole comunali per il futuro dei nostri ragazzi». È un’iniziativa coraggiosa perché presentata in un periodo in cui la tendenza privilegiata è quella del risparmio a discapito di quella degli investimenti. E perché le misure proposte sono puntuali e vanno nella giusta direzione.
Tra le modifiche della legge delle scuole comunali portate avanti dall’iniziativa vi è la diminuzione del numero massimo degli allievi nelle classi oppure, alternativamente, l’affiancamento di un docente d’appoggio per le situazioni in cui non sarebbe possibile creare classi meno numerose per motivi di spazio. Come concepita dall’iniziativa, la proposta del docente d’appoggio è più efficace rispetto alla soluzione del Gran Consiglio, che lascia invece libera scelta ai Municipi, contribuendo di fatto a promuovere la disparità tra Comuni finanziariamente più forti e Comuni finanziariamente più deboli.
La riduzione del numero degli allievi per classe è uno degli strumenti che le ricerche scientifiche internazionali sottolineano essere importante per migliorare la qualità dell’insegnamento. Lavorare in classi più piccole significa avere più tempo da dedicare all’ascolto e all’osservazione dei singoli allievi: quindi maggior tempo per progettare le attività in modo più approfondito e completo rispetto ai bisogni della classe.
L’iniziativa propone anche la possibilità di creare nelle scuole dell’infanzia delle sezioni composte unicamente da bambini di tre anni. Questa possibilità, sinora attuata in pochissimi comuni a titolo sperimentale, diventerebbe applicabile su tutto il territorio. Tale misura può essere un’ulteriore occasione per migliorare l’accoglienza dei bambini più piccoli nella scuola dell’infanzia, facilitandone lo sviluppo e l’integrazione.
L’iniziativa propone infine anche l’introduzione di un docente di accompagnamento per il sostegno di allievi con marcati problemi comportamentali. Sempre più spesso i docenti si trovano infatti a dover affrontare situazioni legate alla difficoltà di alcuni allievi ad integrarsi nel gruppo classe. L’affiancamento di questa figura può permettere al docente di affrontare in modo più efficace la gestione di situazioni complesse.
SÌ ALLA PROMOZIONE DELLA FAMIGLIA, DELL’ECONOMIA E DELLA SCUOLA
Gianluca D'Ettorre, Giornale del Popolo, 27 giugno 2014; laRegione, 30 giugno 2014Ci si potrebbe limitare ad affermare che prevedendo classi di scuola dell’infanzia e di scuola elementare con al massimo 20 allievi, l’aumento degli ispettorati scolastici, il ricorso a docenti di appoggio e di integrazione linguistica e altre misure analoghe, l’iniziativa “Aiutiamo le scuole comunali” favorisce concretamente lo sviluppo delle potenzialità degli allievi. O si potrebbe aggiungere che gli studi di Blatchford (2003) e di Piketty (2004) evidenziano come la riduzione del numero di allievi per classe comporti un maggiore rendimento scolastico e un’attenuazione delle differenze determinate da fattori sociali. Ma non faremmo che parlare della punta dell’iceberg. Si dimenticherebbe per l’ennesima volta il saldo negativo della nostra demografia, debitrice, non a caso, dell’immigrazione, si censurerebbero le difficoltà in cui versano le nostre famiglie, problemi finalmente parzialmente rilevati dal DSS. Trascureremmo inoltre le esigenze di un’economia orientata al lavoro flessibile e al personale qualificato, ostacoleremmo l’ambizione espressa dalle nostre istituzioni di fondarsi su un diffuso senso civico, sottovaluteremmo il desiderio di pace e di crescita della società, ma soprattutto tradiremmo le aspettative dei nostri figli e dei nostri allievi se votassimo no all’iniziativa per le scuole comunali.
Infatti l’attuazione dell’iniziativa con la disponibilità di asili a partire dai 3 anni, di refezioni scolastiche e di corsi doposcuola generalizzati, sostiene concretamente i sempre più numerosi genitori impegnati nel mondo del lavoro (il 46% delle coppie con figli vede lavorare entrambi i genitori), indipendentemente dal reddito percepito. Inoltre l’eliminazione delle rilevanti disparità regionali determinate dalla presenza di tali servizi, rende attrattive anche quelle località che attualmente offrono minori strutture per i bambini, con relativo fenomeno di spopolamento.
Il costo, dopo 5 anni di progressiva implementazione (+ 0,09 % circa all’anno), ammonterà a circa 16 mio. di franchi per il Cantone (+ 0,47 % circa del budget annuale), mentre per i Comuni dovrebbe crescere dello 0,2 % circa all’anno per raggiungere i 17 mio. circa dopo 5 anni (+ 1% circa del budget annuale). Con una crescita della spesa sostenibile e giustificata, il Ticino passerebbe dal 23,2% dei fondi pubblici (di Cantone e Comuni) destinati alla formazione, al 23,5%, restando comunque al di sotto del 26,8% della media intercantonale svizzera (nel 2007 era al 24° posto).
Per anni la scuola dell’obbligo è stata ripetutamente piegata a logiche e a interessi a lei più o meno estranei, per sostenere economicamente le regioni di montagna o per rispolverare l’inno patrio o per disinnescare e prevenire eventuali disagi e costi sociali, proprio in quanto ganglio vitale della nostra comunità. Il tutto in un perenne contesto di tagli e di risparmi nocivi. È finalmente arrivato il momento di ridare alla scuola ciò che è della scuola, di permetterle di adempiere al suo mandato. A maggior ragione quando ciò che si prospetta non è finalizzato a interessi esterni dettati dalla moda del momento, ma mira dritto al cuore del rapporto tra genitori e scuola, tra economia e famiglia, tra istituzioni e società. E se qualcuno temesse che gli insegnanti così lavorerebbero di meno, non si preoccupi, perché se è vero che le condizioni di lavoro per allievi e docenti migliorerebbero, è altrettanto vero che organizzare un insegnamento più personalizzato e differenziato non comporta un minor onere per il docente, ma una maggiore efficacia del suo intervento.
UN «PONTE» PER LA SCUOLA
Katya Cometta, Corriere del Ticino, 17 giugno 2014; laRegione 30 giugno 2014L’avvio della campagna per l’iniziativa «Aiutiamo le scuole comunali», sulla quale siamo chiamati ad esprimerci il prossimo 28 settembre, offre l’occasione per fare alcune riflessioni sulla realtà delle famiglie, della società e della scuola, la cui realtà è radicalmente cambiata negli ultimi vent’anni. Credere che il modello di nucleo tradizionale – con padre al lavoro, madre casalinga e figli tutti a vivere sotto uno stesso tetto – sia quello di riferimento è un errore. Non solo perché le famiglie monoparentali sono sempre più numerose, ma anche perché le madri sono più attive professionalmente. Il loro è spesso un lavoro per necessità ma lo è anche per realizzazione personale.
La schizofrenia tutta elvetica e ancor più ticinese in questo settore si manifesta da un lato nell’offrire teoricamente sempre maggiori possibilità di carriera alle donne, ma dall’altro nel non consentir loro, in pratica, di ingaggiarsi in un’attività professionale con concrete possibilità di far funzionare famiglia e carriera, contemporaneamente. Proprio recentemente a Lugano, la Direttrice della Seco Marie-Gabrielle Ineichen –Fleisch ha affermato che la giusta ricetta in questo campo è quella di «mettere a disposizione tutte quelle strutture che consentano ad una donna di gestire lavoro e famiglia. Asili nido, mense scolastiche, servizi pre e dopo scuola». Negare che vi sia la necessità proprio di questi elementi aggiuntivi alla scuola sarebbe surreale.
Così come lo è monetizzare o dogmatizzare la formazione. Nei comuni in cui questi servizi esistono la soddisfazione è totale anche e soprattutto da parte dei bimbi che così non sono sballottati fra casa, parenti, amici e ciò senza alcuna regolarità. I bambini hanno appunto bisogno di punti fermi, di abitudini, di sicurezza. Compito di uno Stato moderno è quello di facilitarne la crescita grazie alle giuste condizioni quadro, quelle che van bene se sono citate per i vari settori della nostra economia, ma decisamente meno bene se sono le famiglie e la scuola i tasselli a cui si deve pensare. È vero che questa iniziativa comporta dei costi, costi che inevitabilmente ricadranno sui cittadini. Ma ci sono costi giusti e costi superflui. Quelli legati alla scuola e ai servizi parascolastici sono più che condivisibili perché vanno solo ed esclusivamente a beneficio di bambini, allievi, studenti e delle loro famiglie. Sono crediti per il nostro futuro. Un detto popolare afferma che «i politici sono tutti uguali: promettono di costruire ponti anche dove non ci sono fiumi». Il nostro fiume è la scuola ticinese, che un ponte finalmente se lo merita.
DAL PARLAMENTO AL POPOLO
Francesco Cavalli, VERIFICHE, giugno 2014Dopo tanto tergiversare, finalmente la nostra iniziativa «Aiutiamo le scuole comunali. Per il futuro dei nostri ragazzi» sarà sottoposta al voto popolare. Dopo 4 anni di discussioni, spesso oziose, solo alcune richieste sono state almeno parzialmente accolte (il potenziamento e la cantonalizzazione del servizio di sostegno pedagogico, la possibilità per tutti i bambini di 3 anni di accedere alla scuola dell’infanzia e la generalizzazione delle direzioni degli istituti comunali). Riforme andate in porto per la presenza dell’iniziativa, non certo per merito degli oppositori.
Ma prima del voto popolare era necessario il parere del Gran Consiglio che è giunto il 17 febbraio scorso. Si sono confrontati un rapporto di minoranza 1 favorevole all’iniziativa, sostenuto da PS e Verdi e uno di maggioranza contrario, sottoscritto da tutti gli altri. Scontato il risultato: iniziativa respinta a larga maggioranza (50 contro 19).
In qualità di relatore del rapporto di minoranza ho sostenuto che quanto realizzato finora non basta, perché i due elementi principali e irrinunciabili dell’iniziativa sono rimasti del tutto inevasi.
Si tratta, come risaputo, della riduzione del numero massimo di allievi per classe da 25 a 20 e della generalizzazione progressiva di mense, doposcuola e scuole dell’infanzia a orario prolungato.
Sul numero di allievi per classe, il Consiglio di Stato aveva proposto un ragionevole compromesso per un massimo a 22. Ma anche questo piccolo progresso è stato affossato da un’inedita alleanza tra PLR e PPD.
Mi sono chiesto il perché di questo atteggiamento di chiusura verso una proposta ragionevole. Credo proprio che sia solo perché volevano semplicemente dire di no. La loro contromossa, poi approvata, di introdurre il docente di appoggio nelle classi più numerose è del tutto insoddisfacente e crea più problemi di quanti ne risolva.
Dovrebbe invece essere evidente a tutti che un numero minore di allievi in un’aula scolastica favorisce risultati migliori nell’apprendimento, grazie a una maggior attenzione del docente di fronte ai problemi di ogni singolo allievo: lo dimostrano le ricerche... ma basterebbe il buon senso. La scuola ticinese si fonda sui principi dell’inclusione, dell’eterogeneità e dell’equità; di conseguenza in una stessa classe convivono allieve e allievi con diverse capacità cognitive e con diverse situazioni familiari e socioeconomiche.
Affinché questi principi possano trovare un’effettiva realizzazione è necessario applicare una differenziazione pedagogica che permetta, nella misura più ampia possibile, un insegnamento individualizzato. Dovrebbe essere evidente a chiunque che ciò può essere più facilmente attuabile con un numero di allievi ridotto.
L’altra richiesta irrinunciabile riguarda mense, doposcuola e scuole dell’infanzia a orario prolungato: servizi di cui si sente sempre più la necessità in quanto aumentano le famiglie in cui entrambi i genitori lavorano o quelle monoparentali, che incontrano gravi difficoltà a trovare una sistemazione adeguata ai figli durante il tempo lavorativo. E dobbiamo anche constatare che gli orari di lavoro tengono sempre meno conto, salvo lodevoli eccezioni, delle esigenze della famiglia.
Anche in questo caso si constatano notevoli differenze tra i Comuni: nelle SE la mensa è presente nel 67,3% delle sedi, il doposcuola nel 58,5%, mentre la scuola dell’infanzia a orario prolungato esiste con modalità diverse, in 30 sedi su 184.
Solo con una riforma legislativa quale quella indicata nell’iniziativa si potrà ottenere finalmente un servizio soddisfacente su tutto il territorio.
Quanto ai costi, eccessivi secondo gli oppositori, ritengo che siano ampiamente giustificati per consentire un vero salto di qualità alle nostre scuole che, negli ultimi decenni, sono state un po’ trascurate. Tutti i confronti intercantonali ci vedono agli ultimi posti per la spesa scolastica. Infatti, secondo i dati pubblicati dall’Ufficio federale di Statistica relativi al 2009 e 2010, risulta che, per la scuola obbligatoria, la spesa per allievo è in Ticino (Cantone e Comuni) di CHF 13’594 contro una media svizzera di CHF 19’208. Si constata pure che la spesa pro capite totale per la formazione è di CHF 3’113 in Ticino contro un dato nazionale di CHF 3’768.
È quindi giunto il momento di invertire la rotta e investire di più nella formazione di base! Questo sarà possibile solo con l’approvazione dell’iniziativa nella votazione che si terrà nel prossimo settembre.
CON 20 ALLIEVI, IN CLASSE C’È PIÙ QUALITÀ
Corriere del Ticino (Redazione), 12 giugno 2014Ad una manciata di giorni dalla chiusura delle scuole, i promotori dell’iniziativa popolare «Aiutiamo le scuole comunali, per il futuro dei nostri ragazzi», hanno lanciato la campagna che entrerà nel vivo in concomitanza con la riprese dell’attività scolastica ad inizio settembre. Il 28 settembre, infatti, i cittadini saranno chiamati ad esprimersi sul testo che promuove diverse riforme e che, nella forma sottoscritta da 10.000 cittadini, è stata bocciata dal Gran Consiglio negli scorsi mesi. È lo stesso giorno in cui si voterà sul controverso credito per la partecipazione del Ticino ad Expo 2015. Ma torniamo al testo sulla scuola. Il punto centrale è il numero massimo di allievi per classe: l’idea è di abbassare l’asticella da 25 a 20 allievi. Ieri è sceso in campo il comitato per il sì. Il primo firmatario Raoul Ghisletta ha ricordato che «l’iniziativa vuole la conciliazione tra lavoro e famiglia» aggiungendo che «le ricerche internazionali mostrano che classi con meno allievi danno migliori risultati in matematica e in lettura». Uno dei nodi centrali è il costo. L’iniziativa, a detta di la combatte, costerà troppi milioni di franchi. In realtà anche le cifre dei due fronti contrapposti non sono molto concordanti. Ghisletta non nega che un costo supplementare ci sarà, ma si tratta di «una crescita sopportabile, utile e giustificata». Per un sì alle urne si è schierata anche Anna De Benedetti Conti , presidente della Conferenza cantonale dei genitori, precisando che «va nella giusta direzione». L’Associazione cantonale docenti scuola dell’infanzia, per il tramite della portavoce Isabella Bernasconi ha detto che «ci troviamo quotidianamente ad affrontare le difficoltà e le sfide di un insegnamento basato sulla differenziazione (abbiamo nelle nostre sezioni bambini dai 3 ai 6 anni) all’interno di classi numerose. La diminuzione del numero degli allievi «permette una migliore efficacia pedagogica e migliora notevolmente la qualità della relazione sia tra i bambini sia tra i bambini e i docenti». Dello stesso tenore il messaggio del Movimento della scuola con Francesco Giudici , tenuto conto che «i casi di disagio sociale aumentano di anno in anno. Non dimentichiamoci che sovente le autorità scolastiche fanno notare con orgoglio la bassissima percentuale di allievi che sono dirottati verso le scuole speciali». Per Gianluca D’Ettore (presidente OCST docenti) «i benefici di questa iniziativa si estenderanno dal mondo della scuola e dalle famiglie fino all’economia e a tutta la società ticinese, conciliando esigenze professionali, garantendo un’accoglienza extrascolastica dai nostri figli accresciuta e più uniforme, nonché migliorando la qualità dell’insegnamento». A nome dell’Associazione per la scuola pubblica, Katya Cometta e Loredana Schlegel rilevano che «vi sono costi giusti e costi superflui». Quelli legati alla scuola fanno parte della prima categoria dato che «sono crediti per il nostro futuro». Adriano Merlini , del sindacato VPOD Docenti, lancia un siluro alla classe politica, rea di non aver colto il segnale lanciato dall’iniziativa: «L’appello è rimasto, purtroppo, lettera morta. Come spesso accade i politici amano infatti molto parlare della scuola, soprattutto in campagna elettorale, ma sono molto meno disposti ad ascoltarla».
UNA SCUOLA MIGLIORE E FORMATO FAMIGLIA
laRegione (Redazione), 12 giugno 2014Lanciata la campagna per il ‘sì’ all’iniziativa popolare che propone meno allievi per classe e più mense
Non una spesa, ma un investimento. Perché, se si ridurrà il numero di allievi per classe e si renderà la scuola ticinese più ‘formato famiglia’, ne beneficeranno tutti. Dai bambini ai genitori, passando per i docenti. Ne è convinto il comitato che ieri ha lanciato la campagna del ‘sì’ in vista del voto sull’iniziativa popolare ‘Aiutiamo le scuole comunali’. Un’iniziativa sulla quale si voterà il 28 settembre e che, ha spiegato ieri il presidente del comitato Raoul Ghisletta, si pone due obiettivi. Il primo: permettere ai ticinesi di «conciliare lavoro e famiglia», migliorando e «razionalizzando la presenza di mense e doposcuola» sul territorio. Il secondo: migliorare le condizioni di lavoro dei maestri, riducendo il numero di allievi per classe e potenziando la figura del docente d’appoggio. Il tutto da concretizzarsi «sull’arco di cinque anni», con costi che aumenterebbero le spese cantonali dello 0,5 per cento e quelle comunali dell’1 per cento. «Cifre – ha commentato Ghisletta – che mi sembrano sostenibili». Soprattutto considerato che «la spesa per l’educazione in Ticino è ben al di sotto della media svizzera». «Una delle cose su cui lo Stato non deve risparmiare – ha aggiunto Katya Cometta, copresidente dell’Associazione per la scuola pubblica del cantone e dei comuni – è la scuola. Sarebbe un segno di grandissima debolezza che pagheremmo con le prossime generazioni». Anzi, che già rischiamo di pagare visto che, ha ricordato il sindacalista dell’Ocst Gianluca D’Ettorre, «negli ultimi dieci anni i tagli hanno colpito soprattutto il mondo della scuola». Insomma, per il comitato c’è una tendenza da invertire e un’istituzione da valorizzare.
La pensa diversamente la politica. Plr e Ppd (le cui sensibilità sono rappresentate nel comitato) non hanno infatti esitato a bocciare, assieme alla Lega, l’iniziativa in parlamento. «La contingenza finanziaria – ha commentato Cometta, già vicepresidente del Plr – acceca qualsiasi altro argomento. Il ‘mio’ partito ha sbagliato». Sostiene invece l’iniziativa il Ps. «Durante la campagna elettorale del 2011 – ha rilevato la capogruppo Ps in Gran Consiglio Pelin Kandemir Bordoli – tutti dicevano che era tempo di investire nella scuola. In parlamento, invece, si è preferito non affrontare la situazione ». Ci penserà il popolo?