ASSOCIAZIONE PER LA SCUOLA PUBBLICA DEL CANTONE E DEI COMUNI IN TICINO


Risposta dell'associazione alla consultazione sul progetto di concordato HarmoS


In risposta alla consultazione promossa dal governo ticinese l'Associazione per la scuola pubblica del Cantone e dei Comuni (ASPCC) ha analizzato con attenzione il Progetto di accordo intercantonale sull'organizzazione della scuola obbligatoria (Concordato HarmoS) ed esprime le seguenti considerazioni.

Art. 1 cpv. 2
In un momento in cui la scuola è chiamata a rispondere alle esigenze più disparate, è necessario definire con molta chiarezza il significato che viene attribuito al termine "qualità“, visto che il tema della qualità pervade l'intero documento e dovrà perciò essere oggetto di un ampio dibattito nella scuola e nella società.
Accanto alla definizione del concetto di qualità, occorre inserire almeno un altro concetto fondamentale: quello secondo il quale la scuola dell’obbligo deve tendere a offrire pari opportunità a tutti gli allievi indipendentemente da fattori sociali, culturali, economici.

Art. 2 cpv. 2
Nel caso della mobilità nazionale da e per il Ticino, per altro numericamente poco significativa, l’ostacolo maggiore, ma inevitabile, è sicuramente quello linguistico (considerata anche la tendenza ad abolire lo studio dell'italiano nei pochi cantoni in cui tale studio era possibile). La durata dei diversi cicli scolastici prevista da HarmoS creerebbe invece nuovi ostacoli rispetto alla mobilità internazionale con l'Italia.

Art. 4 cpv 1
Le allieve e gli allievi iniziano la scuola con il compimento dei 4 anni (il giorno di riferimento è il 30 giugno).
Si propone la modifica "al più tardi con il compimento…": ciò salvaguarderebbe la situazione attuale del Cantone Ticino

Art. 5 Durata dei livelli scolastici

  1. Il livello elementare, scuola dell’infanzia compresa, dura otto anni.

  2. Il livello secondario I segue il livello elementare e dura, di regola, tre anni.

  3. Il passaggio al livello secondario II avviene in generale dopo l’11° anno di scuola per il settore della formazione professionale e, di regola, dopo il 10° anno per le scuole di maturità. Negli altri settori, decide il cantone se il passaggio avviene dopo il 10° o l’11° anno di scuola.

  4. Il tempo necessario per frequentare i diversi livelli della scuola dipende, in ogni singolo caso, dallo sviluppo individuale dell’allieva o dell’allievo.

l'adozione di questo articolo sconvolgerebbe l'attuale organizzazione scolastica del Canton Ticino e ne vanificherebbe gli obiettivi. Costringerebbe inoltre il Cantone a ridefinire le competenze finanziarie dei Comuni e del Cantone, i comprensori scolastici e la ripartizione degli allievi e dei docenti. Se è comprensibile l'intento di costringere tutti i cantoni ad accogliere nelle scuole dell'infanzia i bambini di quattro anni, non si vede perché peggiorare la situazione di chi già accoglie quelli di tre. D'altra parte, così come è ammessa "la struttura scelta da ogni singolo cantone" (v. il commento all'articolo), non si vede perché la struttura stessa debba essere imperativamente imposta. In sostituzione, l'ASPCC propone di accorpare i primi tre capoversi nell'unico seguente:

1. I livelli di Scuola dell'infanzia, elementare e secondario I hanno una durata complessiva di almeno 11 anni. I Cantoni devono garantire l'accesso alla scuola dell'infanzia a tutti i bambini al più tardi al compimento dei 4 anni. La scelta della durata di ognuno dei tre livelli è di competenza dei singoli cantoni.
In caso contrario, tre quesiti sorgono immediatamente:

Il terzo capoverso non solo opera una palese discriminazione fra chi intende passare al settore della formazione professionale e chi intende seguire le scuole di maturità, ma impedisce anche la permeabilità fra una filiera scolastica e l'altra: l'ASPCC propone quindi lo stralcio del capoverso.

Il quarto capoverso riesuma la prassi, abbandonata dal nostro cantone da tempo immemorabile, del "salto della classe". L'esperienza mostra bene che non è lo "sviluppo individuale dell'allieva o dell'allievo" (o "le sue predisposizioni, le sue capacità e la sua maturità personale") che influisce sul "tempo necessario per frequentare i diversi livelli", ma ben altre condizioni. L'ASPCC propone lo stralcio del capoverso.

L'ASPCC chiede che la durata quadriennale del liceo in Ticino venga mantenuta . Il liceo di 4 anni, iniziato dopo il nono (o undicesimo, con il nuovo conteggio) anno scolastico, consente al giovane di meglio portare a maturazione il suo bagaglio formativo e di meglio predisporre il proseguimento degli studi o di programmare altre scelte.

Art. 7 Standard di formazione

  1. Allo scopo d’armonizzare gli obiettivi dell’insegnamento a livello nazionale, si fissano degli standard nazionali di formazione.

  2. Questi standard di formazione possono essere di due tipi, ossia [di prestazione e di qualità].

  3. Gli standard nazionali di formazione sono sviluppati e validati scientificamente sotto la responsabilità della CDPE. [omissis].

  4. [omissisis: ci sembra un insufficiente contentino per i cantoni linguisticamente minoritari].

  5. La CDPE e le sue Conferenze regionali si mettono d’accordo di caso in caso per sviluppare dei test di riferimento sulla base degli standard di formazione fissati.

L'ASPCC ritiene che il concetto stesso di standard sia discutibile in campo pedagogico, poiché gli standard, per loro stessa natura, tendono ad uniformare e non, come si pretende dalla scuola, a valorizzare le capacità ed attitudini dei singoli allievi.
Quando poi il concetto di standard viene calato nella realtà elvetica, esso cancella le diversità linguistiche e culturali dei cantoni e la necessità, che ne deriva, di adottare piani di studio differenziati. Si pensi ad esempio alla ben diversa situazione degli allievi ticinesi, che devono studiare tre, quattro o anche più lingue, rispetto a quella di molti confederati, che di lingue ne studiano due: si può ben supporre che la fatica mentale supplementare cui i primi sono sottoposti possa avere conseguenze sullo studio di altre discipline. Detto questo, ci lascia perplessi (è il minimo che si possa dire) il commento all'articolo: "gli standard avranno tra l’altro una ripercussione sull’elaborazione dei piani di studio e dei mezzi didattici corrispondentemente armonizzati". Se questo significa che, a seguito di prove intercantonali, i piani di studio e i mezzi didattici possono essere modificati dall'"esterno", allora l'ASPCC si dichiara nettamente contraria sia alla determinazione di standard sia alle relative prove. Se proprio gli standard e le relative prove fossero imprescindibili, l'ASPCC propone che si prevedano le prove alla fine del livello elementare e del secondario I, lasciando ai cantoni la facoltà di organizzarne, o no, altre in altri momenti, stabilendone i contenuti secondo le rispettive necessità e tenendo conto della lingua materna. Inoltre il monitoraggio del sistema educativo, di cui gli standard costituiscono una componente fondamentale, non deve diventare uno strumento per allestire classifiche che, come si è potuto verificare con PISA, non portano ad altro che a sterili polemiche.

L'ASPCC osserva in conclusione che il  Concordato HarmoS non è un progetto di armonizzazione di sistemi scolastici elaborati in contesti culturali, economici e sociali diversi, ma un puro e semplice progetto di uniformazione su scala nazionale della politica scolastica. Infatti sia il testo del Concordato, sia il commento ufficiale che lo accompagna vanno ben oltre a quanto si può definire armonizzare, cioè predisporre condizioni di compatibilità, di permeabilità e di collaborazione tra sistemi scolastici diversi: prescrivono, seppur con l'accenno a qualche difficoltosa scappatoia, l'unificazione degli obiettivi, dei percorsi scolastici, degli standard da raggiungere, dei materiali didattici, delle prove di rendimento.
Osserva pure che le riforme unificatrici proposte privilegiano una concezione della scuola d'obbligo puramente pragmatica, retta da criteri di efficienza, centrata sul “saper fare” piuttosto che sul “saper essere” e subordinata ai bisogni dell'economia e del mercato del lavoro.

ottobre 2006

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