Il rettore del collegio Papio può fare propaganda per iniziativa e controprogetto sui giornali, in radio, in televisione e pure privatamente inviando ai genitori la lettera del Vescovo: nessuno si sogna di contestargli questo diritto. Pur avendo lo stesso sacrosanto diritto i direttori delle scuole pubbliche, penso anche per una questione di buon gusto, invece non sono entrati nell’arena. Se lo facessero, coi tempi che corrono, sarebbero molto probabilmente accusati di indebita difesa dei corporativistici interessi dei loro docenti e quindi anche dei loro cadreghini direttoriali.
Non solo don Grampa, ma anche i docenti di scuole private come lui partigiani del doppio SI sono liberi di partecipare a dibattiti pubblici e invocare sussidi dello Stato per l’istituto asconese, per le separatiste scuole confessionali e per qualche scuola steineriana, senza che nessuno si sogni di impedirglielo: così come nessuno si sogna di fare interpellanze in Parlamento per vietare che essi esprimano le loro ragioni nei propri istituti, essendo quello di pensiero, e di parola, un sacrosanto diritto che questo Stato assicura anche a loro che pur lo accusano di essere monopolista e illiberale.
Diventano invece disonesti propagandisti e plagiatori di giovanili intelligenze, i docenti contrari a iniziativa e controprogetto che osano presentare con trasparenza le proprie idee agli studenti che, dimostrando maturo senso di responsabilità e interesse per il dibattito in corso, legittimamente e con insistenza chiedono di conoscerle. E per far tacere i docenti della scuola pubblica contrari al finanziamento della scuola privata (non quelli favorevoli; qualcuno pure c’è e non sta certo zitto!), i controprogettisti crociati della libertà di insegnamento privato sussidiato, fanno interpellanze in Gran Consiglio chiedendo al Governo che venga tolta a questi cattivi maestri la libertà di parola. Era da molto tempo che in Ticino non si assisteva più a tanto!
L’agitazione, l’isterismo, hanno fatto cadere la maschera che copriva un retroterra ideologico e culturale ancora intriso di intolleranza che solo gli ingenui pensavano sepolto. E pensare che proprio da quel pulpito, fotocopiando quanto avviene in Italia, si accusano i laici di anticlericalismo, di mentalità ottocentesca. È chi predica da quel pulpito a chiedere oggi, con un atto parlamentare, che i docenti della scuola pubblica si incerottino la bocca o, se sono incaricati di insegnare la civica, che lo facciano senza parlare di politica, trasformandosi in marionette asessuate.
E che i detentori di una tale concezione della democrazia e della scuola abbiano adottato, per la loro propaganda, non l’immagine di Giovan Battista Quadri bensì l’immagine di Stefano Franscini, affiggendola sui muri del Paese accanto alla pubblicità del formaggio o della Nutella, ai nostri occhi appare come impudica arroganza. Franscini ha costruito, lottando tutta la vita, da uomo illuminato, contro l’ostracismo degli oscurantisti, uno Stato laico e pluralista così come una scuola per tutti, belli e brutti, ricchi e poveri, in ogni angolo del Paese, non una scuola per pochi eletti e per i danarosi. Lo ricordino, al momento del voto, almeno i cittadini meno abbienti, quelli delle periferie povere del Cantone e quelli che nutrono rispetto per la storia della nostra democrazia.
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