La parola ‘formazione’ è spesso sinonimo di aggiornamento in relazione alla formazione professionale di studenti, lavoratori e lavoratrici. Sono tuttavia dell’opinione che sarebbe più corretta l’espressione sviluppo professionale, poiché interpreta meglio la dinamicità del percorso formativo dei docenti, a cui si riconoscono subito competenze specifiche.
In un sistema formativo ambizioso non si può prescindere dalle qualità umane e professionali di ogni insegnante e dalle sue capacità critiche. Ben si comprende quindi il ruolo fondamentale svolto dal docente nell’interpretare la propria missione educativa.
Per assicurare un elevato livello alla formazione degli studenti è necessario migliorare continuamente le competenze educative e didattiche dei docenti. Lo ripeto spesso: sono gli insegnanti a fare la qualità della scuola. La politica deve quindi sempre chiedersi come poter disporre di insegnanti di prim’ordine. Le risposte sono molteplici e chiamano in causa la formazione iniziale dei docenti, le modalità di reclutamento, gli aspetti contrattuali e il riconoscimento concreto dei meriti. Ma si possono fare passi avanti significativi solo se si investe nella formazione in servizio. L’insegnante ben preparato è la chiave di volta di tutte le innovazioni educative e didattiche. Ogni importante innovazione (come Harmos per esempio) richiede sì una spinta esterna, ma poi la sua attuazione esige da parte dei docenti intelligenza, preparazione, forza di volontà e passione.
Lo sviluppo professionale passa attraverso i canali classici, come i corsi di aggiornamento, i seminari, i convegni, la lettura di libri ecc., ma anche attraverso i giornali, il cinema, i concerti, la partecipazione a eventi di ampio respiro culturale. La formazione dev’essere soprattutto intesa come apertura verso il nuovo, amore per il proprio lavoro-vocazione, interesse per il cambiamento che si alimenta con l’estensione delle conoscenze e con la tensione costante verso il miglioramento, che deve caratterizzare tutta la vita professionale. E non bastano lo studio e l’aggiornamento permanente sull’evoluzione della scienza, delle teorie pedagogiche-psicologiche, della metodologia e della didattica. Occorre anche la partecipazione alla vita sociale e culturale; non è pensabile che un docente non si abbeveri alla fonte della conoscenza, non alimenti la sua curiosità intellettuale, non si arricchisca ad ogni occasione propizia offerta dalla produzione culturale dell’ambiente in cui vive o non sia informato su quello che accade attorno a sé, oppure non tenti di avvicinarsi al mondo dei suoi allievi e di comprenderne le dinamiche.
Una dimensione importante della formazione (sviluppo) devono essere la sperimentazione e l’innovazione. Solo così si cresce nella professionalità e si riesce a incrementare il rendimento degli allievi, anche inventando nuovi percorsi di insegnamento, a vantaggio dell’intera comunità scolastica. La ricerca è una dimensione fondamentale della funzione di docente. Una formazione in servizio continua presuppone una buona disposizione mentale e motivazionale al cambiamento. La formazione non può ridursi a un mero pezzo di carta e al monitoraggio che non offre garanzie e appesantisce ulteriormente gli oneri burocratici degli istituti. Il canale di sviluppo informale, non facilmente certi?cabile, è altrettanto (se non più) importante.
Se si intende davvero rendere un servizio alla scuola, la via da percorrere non è quella di sommare vincoli burocratici ad altri oneri, ma di scommettere sulla valorizzazione dei docenti, stimolandoli, motivandoli ed investendo su di loro, affinché tornino ad essere protagonisti riconosciuti dalla comunità. Solo così si potranno meglio mobilitare e liberare tutte le numerose risorse della scuola, talora sottovalutate e mortificate.