ASSOCIAZIONE PER LA SCUOLA PUBBLICA DEL CANTONE E DEI COMUNI IN TICINO


Una misura tampone



La lettera aperta del sig. C. Kneschaurek (laRegioneTicino del 19.11.2003, pag. 38) è emblematica di un diffuso modo di concepire la professione e la professionalità del docente. Rispondendo al sig. C. Kneschaurek si può nel contempo offrire qualche spunto di riflessione ai signori G. Bignasca, C. Bordogna, J.Ducry, F. Pontiggia, entusiasticamente allineati sulle posizioni del nostro ( di tutti, non dimentichiamolo) Consiglio di Stato.
In tema di vacanze estive dei docenti, al pragmatismo del sig. Kneschaurek posso opporre, a titolo personale, il mio ingenuo pragmatismo: se il sig. Kneschaurek è d’accordo, gli segnalerò quando ho scelto di fare le mie due settimane di vacanza ( solitamente d’agosto); in questo modo egli potrà contattarmi quando vorrà e tutte le volte che vorrà, farmi visita nel mio studio, d’estate e d’inverno, e sarò ben lieto di spiegargli il contenuto e il senso del mio lavoro intellettuale non solo estivo, ma anche sabatino e domenicale su tutto l’arco dell’anno ( compresi eventuali congedi, anche non pagati).
Mi conceda solo qualche breve assenza per poter usufruire di alcune biblioteche fuori Cantone e fuori della Svizzera, naturalmente a mie spese. Prometto anche di presentare, a tempo debito, il risultato concreto del mio lavoro di autoaggiornamento. La mia offerta è libera e spontanea, ed il sig. Kneschaurek non ignora di certo che lo stipendio dei docenti è maturato e calcolato su nove mesi l’anno, seppur suddiviso in tredici frazioni. Resto in attesa di conoscere le sue intenzioni: sarò ben lieto dell’interessamento suo o di qualcuno dei summenzionati signori.
Appartengo peraltro a quel folto gruppo di docenti che non intenderebbero passare da 23 a 24 ore di insegnamento. Ciò è ben diverso dal non voler lavorare 'un minuto in più di quanto devo', per usare le parole del sig. Kneschaurek. Siamo pragmatici: se allungassimo la mattinata di insegnamento, per ipotesi, di 20 minuti al giorno, al termine della settimana otterremmo un aumento del tempo di insegnamento di 100 minuti, il doppio di quanto il Consiglio di Stato chiede ora ai docenti.
Pensa il sig. Kneschaurek che io sarei contrario? Neanche per sogno! Dov’è allora il problema? Il problema è il seguente: in mancanza di un qualunque serio dibattito politico, e fino a prova contraria, a nessun politico o amministratore interessa far lavorare di più i docenti per migliorare e per accrescere l’offerta curricolare della scuola. Se così fosse ci verrebbe chiesto un maggior impegno per reintrodurre, ad esempio, tutte quelle offerte che negli ultimi dieci anni la scuola pubblica ha progressivamente abolito: recuperi, corsi facoltativi e complementari, opzioni. Allora sarebbe più difficile, da parte dei docenti, dire di no.
L’ora in più ( una, non due), nella forma in cui ci viene chiesta dal Consiglio di Stato, si presenta soltanto come una misura tampone per tappare le falle di una situazione economica che è chiaramente sfuggita di mano al timone della politica. Sul piano etico e culturale intendo personalmente ‘ obiettare’ il mio diritto a non essere, ora e così, trasformato in uno strumento di disoccupazione giovanile ed intellettuale, a danno soprattutto di quei giovani alla cui formazione culturale abbiamo contribuito fino al loro ingresso all’Università ed in parte anche dopo (Asp di Locarno). Tra la politica occupazionale del settore pubblico e quella, ad esempio, della Posta deve pur intercorrere una qualche differenza! Se il sig. Kneschaurek (ma non solo lui) ci tiene al conteggio dei minuti di lavoro del docente, spero di poter contare anche sul suo impegno per far passare la soluzione dei 100 minuti nella forma da me sopra esposta, offerta ben più generosa rispetto ai minuti che intenderebbe imporci il Consiglio di Stato. Mi faccia gentilmente sapere qualcosa in merito.
Ci si chieda anche, di sfuggita, come mai l’onere didattico di un docente universitario, cattedratico non ambulante, sia in Svizzera di 6- 8 ore. Uno scandalo? Nient’affatto, i docenti universitari sono anzi oberati di lavoro.
L’affermazione del sig. Kneschaurek, che ritiene i docenti di scuola superiore affetti da pappagallesca ripetitività, dimostra fretta nel giudizio ed ignoranza nella sostanza. Non ignori però il sig. Kneschaurek che nel corso di 2500 anni non è ancora stata smentita l’affermazione del filosofo greco Eraclito, il quale sosteneva che “ non è possibile entrare due volte nello stesso fiume”, vale a dire, non si danno situazioni identicamente ripetibili.
Da ultimo vorrei ricordare al sig. Kneschaurek che ' le imposte che contribuiscono alle prestazioni dello Stato' di sicuro tutti i docenti le pagano. Nel contesto attuale i docenti non stanno affatto lottando per difendere lo stipendio (altra cosa è la dignità contrattuale), e sono ben consci che nel privato vigono situazioni economiche e contrattuali molto peggiori e/ o molto migliori, come è naturale in un ambito in cui l’orientamento di fondo è la legge del massimo profitto.
Per questo mi permetto di invitare a riflettere se il ‘ privato’ possa davvero arrogarsi il primato sul piano dell’etica sociale e politica, tanto da fungere necessariamente da “ metro di tutte le cose”. In base a quanto afferma ed alle situazioni che ci addita il sig. Kneschaurek, penserei proprio, decisamente, di no.

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