Nonostante la retromarcia innescata all’ultimo momento (e peraltro con palese irritazione, malcelata dietro un’ 'ironia’ alquanto forzata) l’ormai famosa decisione – poi declassata a ‘ ipotesi di lavoro’ – del Municipio di Monte Carasso, volta a creare un premio speciale per i genitori di allievi di scuola elementare che avessero rinunciato a iscrivere i propri figli alle scuole comunali, rivolgendosi invece a istituti privati, pone alcuni seri interrogativi che rimangono d’attualità. Si tratta di almeno tre domande che non riguardano solo la politica scolastica ma, più in generale, i rapporti tra i Comuni e il Cantone:
1. Un’autorità comunale ha il diritto di ‘ spingere’ i propri cittadini a NON usufruire di un servizio che essa stessa, a norma di legge, è tenuta a istituire?
2. Tale ‘ diritto’ potrebbe essere esteso allo scopo non solo di limitare il numero degli utenti di un determinato servizio, ma anche di ridurlo?
3. La stessa autorità avrebbe, al limite, il diritto di ‘ dirottare’ tutti gli utenti verso servizi extracomunali ( pubblici, privati o ‘ parificati’ che siano) onde togliersi il fastidio di provvedere direttamente a quanto la legge le impone? Va da sé che ognuna di queste misure potrebbe essere ‘ venduta’ ai propri cittadini con l'argomento che così facendo si eviterebbero spese ‘ inutili’ (quali ad esempio gli stipendi dei dipendenti, la gestione e la manutenzione degli edifici ecc.), e gli ideatori potrebbero per giunta attribuirsi la qualifica di benefattori del Cantone.
Più in generale ancora, occorre poi chiedersi se un esecutivo comunale abbia anche il diritto di aggirare, mediante furberie del genere, la lettera e lo spirito di regole cantonali ben precise. Ripeto: non si tratta solo della scuola. Domani potrebbe trattarsi delle norme edilizie, della protezione dell’ambiente, della socialità, della circolazione stradale, dell’esercizio della caccia o della pesca: insomma di qualunque altro settore della vita pubblica. In ognuno di questi campi vi sono probabilmente municipali ricchi di inventiva e magari desiderosi di prendersi gioco di scelte cantonali ad essi sgradite. Con il pretesto dell’autonomia comunale – e fingendo di ignorare che la stessa deve comunque rispettare le leggi del Cantone e i princìpi che vi stanno alla base – essi potrebbero infatti individuare dei vuoti legislativi e quindi adottare soluzioni ‘ à la carte’, magari allo scopo di manifestare il proprio dispregio nei confronti dei criteri che stanno alla base di questa o di quella legge cantonale.
Al di là dei virtuosismi dialettici e dei tentativi di minimizzare l’importanza della questione, di cui è ricca la chilometrica ‘ spiegazione’ dell’esecutivo montecarassese, è infatti evidente a tutti che la decisione (o l’‘ ipotesi di lavoro’) adottata intendeva far rientrare dalla finestra quella proposta di sussidi alle scuole private (pardon: ‘ parificate’!) che i cittadini ticinesi – compresi gran parte dei votanti di Monte Carasso – hanno bocciato a grande maggioranza pochi anni fa. Sostenere il contrario, sulla base di funambolismi giuridici, significa semplicemente prendersi gioco dei cittadini stessi. E che ciò possa essere fatto rientrare sotto il cappello dell’autonomia comunale è perlomeno discutibile. È quindi da sperare che questo cattivo esempio non sia seguito da altri!