Basta un colpo di vento per spazzar via uno slogan. E di vento a Bellinzona ce n’è parecchio. Pure in Piazza Governo. Basta una colpo di vento per spazzare via un ‘No ai tagli’ o un ‘Siamo alla frutta’. Non basta invece chiudere porte e finestre di Palazzo delle Orsoline per fermare il messaggio dietro a quegli slogan: “Il mondo della scuola si sente solo”. Un messaggio chiaro quello gridato ieri dalle circa ottocento persone presenti al ‘flash mob’ nella Capitale – manifestazione paci?ca, al contrario di quanto letto su qualche sito d’informazione in cerca di click – e dalle migliaia di allievi, docenti e genitori che hanno “scioperato al contrario” in una sessantina di sedi scolastiche sparse su tutto il territorio. Il 23 marzo 2016 in tanti si sono sentiti soli. Abbandonati anche e soprattutto dalla politica.
Si prenda per esempio il Consiglio di Stato. Per far fronte alle spese crescenti non perde occasione anno dopo anno per tagliare nell’educazione, sacrificando gli stipendi e le condizioni di lavoro degli insegnanti – i quali vengono peraltro etichettati come privilegiati – sull’altare dell’austerity. Non basta però puntare il dito contro l’Esecutivo: anche uno slogan come ‘piove, governo ladro’ durerebbe il tempo di un colpo di vento. E allora per comprendere perché oggi la scuola si sente abbandonata da (gran) parte della politica vale la pena soffermarsi sull’operato del Gran Consiglio e, in particolare, della sua Commissione scolastica. Commissione che merita di finire dietro la lavagna per le decisioni prese negli ultimi anni. Qualche esempio? L’impraticabile obbligo di svolgere le settimane bianche in Ticino. L’incomprensibile obbligo di insegnare l’inno patrio ai fanciulli. L’insostenibile, considerata la già pesante griglia oraria, obbligo di seguire una mezza giornata di volontariato per gli allievi. Il ‘niet’ alla diminuzione del numero di allievi per classe. Infine – e siamo a ieri l’altro – la decisione di “mettere al guinzaglio” Usi e Supsi con la creazione di una nuova commissione parlamentare chiamata a vigilare sul mandato pubblico degli atenei. Al posto di affrontare i problemi del settore dell’educazione – magari dialogando di più con chi la scuola la fa – in tal modo si è aggiunta confusione alla confusione, solitudine alla solitudine. Puntualmente abbandonati dalla politica una volta terminata questa o quella campagna elettorale, ieri i docenti, gli allievi e i genitori il loro messaggio l’hanno lanciato forte, chiaro e controvento. Qualcuno lo ascolterà?