ASSOCIAZIONE PER LA SCUOLA PUBBLICA DEL CANTONE E DEI COMUNI IN TICINO


La scuola buona


E' difficile prevedere, contrariamente a quanto sostenuto da Mauro Dell'Ambrogio(La Regione Ticino, 12.2.2000), come finirà il confronto sul finanziamento pubblico alle scuole private.
Gli ostacoli maggiori per la conferma della fiducia nella scuola statale e comunale di oggi e nei suoi operatori non sono posti dai privati che vogliono mandare i figli a una scuola di loro scelta, ma da chi, nel momento cruciale dello scontro, svia l'attenzione dagli alti valori che la scuola pubblica esprime e difende, fomentando perplessità, dubbi, incertezze e creando uno stato di generale insicurezza.
Dell'Ambrogio parla di un mondo scolastico "statale", chiuso intorno (sic) ai propri interessi. Sostiene che imperante nei docenti è uno spirito corporativo, che i sindacati usano statistiche falsate per tenere basse le medie degli allievi nelle classi e critica l'istituzione dell'"Alta scuola pedagogica" che dovrebbe sostituire l'attuale magistrale. Afferma che i docenti si ritengono "troppo speciali" per accontentarsi di una formazione nelle università esistenti e scrive - ignorando esempi clamorosi forniti da Roberto Morinini, maestro, Giuseppe Buffi, maestro, il comandante di corpo Franchini, maestro, i colonnelli Albrici e Monaco, maestri - che la mobilità professionale nei docenti è inesistente.
Già è sospetta l'affermazione di Dell'Ambrogio secondo la quale è più facile entrare e dialogare "in mondi potenzialmente altrettanto corporativi" come quello della polizia (di cui lui è stato capo) o quello della sanità (ove attualmente è dirigente), che non in quello in cui, nel corso di una eclettica carriera ha pure lavorato in una funzione d'alta responsabilità ed è popolato, a suo parere, esclusivamente di chi pretende di essere "uomo di scuola".
Un manager serio e professionale non basa l'analisi di un settore importante come quello dell'educazione, su fattori emozionali e basandosi su una propria esperienza negativa e magari inconcludente. Le ragioni di un'eventuale chiusura nei suoi confronti da parte di "uomini" e perché no, anche di "donne" di scuola, vanno ricercate con più rigore, in primo luogo mettendo in discussione e criticando con umiltà il proprio atteggiamento e il metodo usato.
Dopo, se ancora ciò che si vuol dire è pertinente, si prende la penna e si scrive. Perché proprio il tono e i contenuti dell'articolo di Dell'Ambrogio rievocano nel pubblico quel diffuso senso d'ostilità e di diffidenza indiscriminate verso la categoria dei docenti che sono i soggetti del mondo al quale lui rivolge aspre critiche, in gran parte infondate e che assolutamente non meritano. Il "dalli al maestro", perché pigro, opportunista ed ora anche chiuso e corporativista, assomiglia molto al "dalli allo straniero" Il primo "dalli" esclude sempre l'uso dell'intelligenza e la conoscenza profonda delle esigenze della scuola, il secondo tutti sanno dove e a cosa porta.
Il mondo della scuola si è chiuso a riccio anche per difendersi da questi atteggiamenti ostili e dal tentativo, tuttora in atto, di 'proletarizzare' i docenti, riducendoli allo stato di manovalanza da sottomettere, senza discutere, all'alta burocrazia di stato, della quale Dell'Ambrogio, fino a ieri, ha fatto parte. Difendersi non tanto per mantenere privilegi, ma per operare in condizioni decenti, che permettano un lavoro di qualità.
Nessuno può contestare che il "prodotto" della scuola pubblica - anche se definirlo tale, come amano fare gli efficientisti del momento è esecrabile - è oggi considerato generalmente da buono a ottimo. Ed è questo il fatto fondamentale e determinante sul quale puntare per vincere la battaglia in atto. Mettersi a criticare oggi chi questo prodotto lo confeziona e come lo fa è pura chiacchiera che confonde, crea scompiglio e distoglie l'attenzione dall'essenziale. E' una manovra diversiva che favorisce i fautori del finanziamento pubblico della scuola privata la quale nel Ticino, come in Italia, è quasi esclusivamente scuola cattolica e confessionale.
La favorisce poi con un articolo il cui titolo definisce la scuola pubblica come "scuola chiusa". Questa definizione fa sorridere, se non ridere, perchè invece chiusa è proprio la Chiesa che oggi pretende aiuti dallo Stato per la sopravvivenza delle sue scuole. Una Chiesa chiusa nei confronti della democrazia che dovrebbe designare le sue gerarchie gestionali, chiusa nella difesa di dogmi anacronistici, chiusa nei confronti della donna e della parità che dovrebbe effettivamente avere con l'uomo, chiusa nei confronti dell'indipendenza sessuale delle persone e, se si legge il teologo cattolico Hans Küng, la lista delle chiusure si allunga. E' la scuola di questa Chiesa che dovrebbe stabilire, secondo Dell'Ambrogio, un sistema di equa concorrenza con quella pubblica.
E' certo già sin d'ora che ridurre nella scuola privata i docenti allo stato di manovalanza 'proletaria' e sottomessa, eppoi proporli come modello per quella pubblica, sarà più facile che in quella dello Stato e dei comuni. E' qui che si vuole arrivare?

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